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Alberto Asor Rosa si è spento, all’età di 89 anni, il 21 dicembre 2022. La notizia è stata ripresa e commentata ampiamente dalla stampa nazionale, come era inevitabile, data la statura e il prestigio di questo intellettuale, che ha attraversato con spirito critico sempre vivo le vicende politiche e letterarie italiane degli ultimi sessant’anni, spesso suscitando egli stesso polemiche e aspri dibattiti.
Difficile contenerlo in una sola etichetta o definizione, vista la poliedricità delle sue esperienze: fu critico letterario, storico della letteratura, narratore, politico e docente all’università «La Sapienza» di Roma, dove fu direttore del Dipartimento di Studi filologici, linguistici e letterari fino al 1996.
La vita e l’opera
Autore prolifico, nel 2020 l’editore Mondadori raccolse i suoi scritti, confezionando un esemplare della collana I Meridiani, dal titolo Scritture critiche e d’invenzione.
Grande polemista e ideologo marxista, teorico del rapporto stretto tra politica e letteratura, fin dai tempi dell’università dimostrò grande coinvolgimento nella vita politica, avvicinando prima il gruppo social-comunista «Rinascita», e poi tesserandosi nella Federazione giovanile del Partito comunista.
Il legame strutturale con questo partito si interruppe nel 1956, quando Asor Rosa prese le distanze da esso a seguito dell’invasione dell’Ungheria da parte dell’Urss. In quell’occasione, egli fu tra i firmatari del cosiddetto «Manifesto dei 101».
Il legame con il partito riprese quando nel 1979 Asor Rosa accettò la candidatura al parlamento che il Pci gli offrì, e così al suo già ampio curriculum vitae aggiunse la qualifica di deputato. L’esperienza fu per altro unica e breve, perché si interruppe nel 1980.
Asor Rosa fu poi direttore della rivista del Partito comunista Rinascita fra il 1990-1991, quando se ne distaccò, non condividendo la linea politica dell’allora segretario Achille Occhetto.
L’opera più nota è quella…