
Celebrato soprattutto come teorico del liberalismo economico, Adam Smith (1723-90) ha in realtà offerto contributi importanti anche in sede filosofica, soprattutto per la morale[1]. È ritenuto il padre della moderna economia politica, teorizzando la libera concorrenza come condizione necessaria per la qualità e ricchezza di una nazione. Una convinzione che trova le sue radici nella sua vicenda biografica. Frequentando l’università di Oxford, Smith rimase deluso dalla bassa qualità della proposta accademica, a differenza delle università scozzesi da lui frequentate negli anni precedenti. Per lui la ragione si trovava nel fatto che i professori delle università inglesi venivano pagati indipendentemente dalla qualità della loro offerta didattica, senza tener conto della capacità di appassionare gli studenti.
La sua biografia rivela anche un percorso formativo estremamente ricco e variegato: egli inizia la sua avventura intellettuale come professore di retorica e filosofia morale, studia l’astronomia, l’origine del linguaggio e solo in seguito si dedica all’economia. Un percorso mostrato anche dalla data di pubblicazione delle uniche due opere apparse mentre era in vita: Teoria dei sentimenti morali (1759) precedette di quasi vent’anni, ed ebbe un successo altrettanto rilevante – sei edizioni al momento della morte di Smith – dell’opera che lo ha reso famoso,
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