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John William «Trane» Coltrane (Hamlet, 23 settembre 1926 – New York, 17 luglio 1967) è stato un saxofonista e compositore, che possiamo annoverare nella schiera dei grandi del jazz, ma anche, per molti aspetti, nella compagnia dei musicisti e degli artisti a tutto tondo. Come accade a molti esecutori di strumenti a fiato, egli iniziò a tredici anni in una banda di boy-scouts: a quel tempo suonava il clarinetto, mentre durante il liceo iniziò a suonare anche il saxofono contralto. Dopo il diploma della scuola superiore (1943), durante il servizio militare alle Hawaii, riprese il clarinetto nella banda militare della Marina, ma, dopo il congedo, tornò al sax sia nel registro di contralto sia in quello di tenore. Come lui stesso ebbe a dire e a scrivere più volte, «vissi molto tempo nell’oscurità, perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me», finché «con Miles Davis, nel 1955, presi coscienza di ciò che potevo fare di altro e di diverso»[1].
Prime esperienze
Prima di collaborare direttamente con Miles Davis (1926-91), Coltrane aveva suonato con vari gruppi, e soprattutto con l’orchestra di Dizzy Gillespie, con il quale aveva fatto la sua prima registrazione a Detroit il 1° marzo 1951. I primi anni di carriera erano stati ostacolati anche dall’abuso di sostanze stupefacenti, che, quasi sicuramente, contribuirono a minare prematuramente il suo fisico. Miles Davis lo aveva sentito in un confronto diretto con un grande saxofonista, Sonny Rollins, e non ne aveva ricavato una buona impressione; ma dopo poco tempo (1956), avendo bisogno di un’altra spalla, era rimasto colpito dai progressi evidenti di John, che imparava a memoria tutti i brani che eseguiva ed era sempre più veloce e sicuro nelle esecuzioni. I due però non si amavano molto e la loro collaborazione ebbe esiti di vario livello (pur sempre molto alto) e alcune pause. Davis era riservato, di pochissime parole, dava indicazioni essenziali agli strumentisti; Coltrane, in pratica, non era molto diverso, ma si chiedeva in continuazione il perché di quel passaggio, di quell’accordo, fino ad avere in mente un percorso abbastanza preciso di quello che andava a suonare. Prima di toccare l’apice della loro collaborazione in Kind of Blues (1959), Coltrane aveva effettuato 19 registrazioni come leader e si accingeva a registrare uno dei suoi primi capolavori, Giant Steps (1959)[2].
Miles Davis aveva frequentato dal 1945 la prestigiosa Juilliard School e aveva studiato il pianoforte con Thelonious Monk; aveva suonato, con Dizzy Gillespie, Charlie Parker (il suo idolo), Charles Mingus e tanti altri, divenendo il più rinomato autore ed esecutore di jazz. Nel dicembre del 1958 aveva inciso la colonna sonora di Ascensore per il patibolo, di Louis Malle, improvvisando la musica sullo scorrere della pellicola, già portata a termine.
«Kind of Blue»
Kind of Blue[3], a parte il valore della musica che, pur essendo innovativa, possiede qualità melodiche e perfino orecchiabili che ne fanno un disco propedeutico per avvicinare il jazz, ha fondato una maniera nuova di pensare, eseguire e incidere, che era in qualche modo già presente in Milestones (1958), dove Davis si ispira per la prima volta a scale modali e procede piuttosto per sovrapposizione di linee melodiche, non privilegiando il controllo degli accordi tradizionali. Per musica «modale» qui si intendono non tanto le scale musicali greche o gregoriane, ma una musica che non segue strettamente la progressione degli intervalli di quella europea e si interessa ai modi e ai ritmi africani o della tradizione d’Oriente, come i raga indiani.
Agli strumentisti che parteciparono alle due sessioni di registrazione, tenute rispettivamente il 2 marzo 1959 per la facciata A dell’lp («So What», «Freddie Freeloader», «Blue in Green»[4]) e il 22 aprile dello stesso anno per la facciata B («Flamenco Sketches», «All Blues»), Davis fornisce soltanto alcuni foglietti con indicazioni sommarie e poche parole sull’impostazione dei singoli brani, fidandosi della loro esperienza, della loro sensibilità musicale. Oltre al leader della formazione, il gruppo di musicisti comprende Julian «Cannonball» Adderly al sax contralto, John Coltrane al sax tenore, Bill Evans al piano (ad eccezione di «Freddie Freeloader» dove suona Winton Kelly), Paul Chambers al contrabbasso e Jimmy Cobb alla batteria. Tutti questi artisti, apparentemente non facili da amalgamare, offrirono un contributo eccezionale e variegato, ma un apporto decisivo venne dato dal pianoforte di Bill Evans, che si rivelò il sostegno ideale per i suoni rarefatti della tromba di Miles Davis, di volta in volta apparentemente leggero, svagato, divertente, melanconico, romantico e così via.
Ancora nel 2003 la rivista Rolling Stones collocava Kind of Blue al 12° posto nella classifica ideale dei migliori 500 album di ogni tempo e, se nella storia del jazz e della musica qualcuno lo pone un gradino al di sotto di Crisis (1969) di Ornette Coleman o di A Love supreme, merita il giudizio[5] di un giovane rapper, Q-Tip, che si fa portavoce di un sincero e appropriato luogo comune e cioè che il disco deve essere presente in ogni casa, come si dovrebbe fare con la Bibbia.
«A Love supreme»
John Coltrane collaborò ancora con Miles Davis, tra il 1960 e il 1961, per alcuni album sia in studio sia dal vivo; poi il rapporto si esaurì con apparente freddezza, sebbene John si trovasse in valigia un sax soprano in regalo, che proprio Miles gli aveva molto raccomandato di provare per un suono più bianco e altri effetti speciali.
Nei primi mesi del 1961, Coltrane firma la collaborazione con l’etichetta Impulse, che ben presto lo considera il suo fiore all’occhiello. Non possiamo citare tutti i titoli, ma segnaleremo alcuni album più importanti, come le collaborazioni con Duke Ellington (1963) e la voce di Johnny Hartman (1963), e soprattutto gli lp che possono apparire come preparatori a A Love supreme.
Iniziamo da Africa/Brass (1961), eseguito da una relativamente grande formazione di fiati, che già nel titolo segnala una delle fonti di ispirazione rappresentata dalla musica africana e contiene un’affascinante interpretazione del tema classico Greensleeves. Poi Live at the Village Vanguard (1962), il primo album progettato per essere registrato dal vivo e in cui la sperimentazione è presente con una consapevolezza ormai matura. Infine Ballads (1963), una raccolta delle più belle canzoni jazz, rivisitate con raffinatezza inimitabile e sostenute dal pianoforte di McCoy Tyner.
Finalmente si giunge a A Love supreme[6], che non rappresenta del tutto una sorpresa, anche per il suo contenuto religioso. Già nel precedente Crescent (1964) si può trovare in nuce, sotto forma di bozzetti, quanto si può ascoltare nell’album più famoso.
Pur sentendosi libero di mettere insieme, sia nei progetti dal vivo sia in quelli in studio, formazioni sempre diverse, dopo il distacco da Miles Davis, John Coltrane cercò di creare un gruppo di base, un quartetto, di cui fecero parte McCoy Tyner al piano, Jimmy Garrison al contrabbasso ed Elvin Jones alle percussioni.
Sebbene improntato alla spontaneità e all’improvvisazione, A Love supreme fu l’opera di Coltrane preparata più accuratamente[7]. È significativo, in questo senso, che esso può definirsi, più di Kind of Blue, un concept album, termine che poi sarà fatto sempre più proprio dai cantautori che ci tenevano, di volta in volta, a presentare un progetto che non fosse soltanto una scaletta di pure e semplici canzoni.
Dentro «A Love supreme»
Dal bianco e nero della copertina e dell’intero album, dalla foto pensierosa e intensa dell’autore, dalla premessa sull’importanza della fede nella sua vita e dal testo del conclusivo Salmo (sempre composto dall’interessato e che fa da supporto all’improvvisazione del quarto brano) ai titoli dei quattro movimenti — «Acknowledgement», «Resolution», «Pursuance», «Psalm» — quattro tappe di un cammino di fede, tutto ciò che si può imparare dagli scritti e dalle immagini allegate al disco concorre a preparare all’ascolto della musica, senza lasciare intendere che sia accattivante o di facile ascolto.
Come era d’abitudine — e sempre di più dopo l’esperienza con Miles Davis —, agli strumentisti vengono date le indicazioni più essenziali, affidando l’esecuzione alla perizia e alla sensibilità di ognuno. Gli esiti sono stupefacenti, anche se non è completamente vero che le incisioni pubblicate sono tutte quelle effettuate sulle prime tracce del nastro registrato[8]. Un contributo decisivo lo diede l’ingegnere del suono Rudy Van Gelder, il quale non solo sapeva collocare gli strumentisti in studio con intendimenti particolari, ma era diventato uno dei primi maestri della stereofonia.
Se, come abbiamo scritto, si trovava qualcosa di religioso in Kind of Blue (il blues affonda le sue radici negli spirituals), la religiosità di A Love supreme è esplicita. La presentazione dell’album, firmata dallo stesso Coltrane, afferma con semplicità che dobbiamo ringraziare il Signore, perché a lui tutto dobbiamo; e questo si rende ancora più chiaro con il testo della preghiera conclusiva, chiamata appropriatamente «Salmo».
Il Salmo è composto di brevi frasi ed espressioni di lode e ringraziamento ed è ispirato al versetto 4 del biblico Sal 19 (18): «Non c’è linguaggio, non ci sono parole, di cui non si oda la loro voce [che parla della gloria di Dio]»[9]. Prima di giungere al Salmo, che John Coltrane esegue come se il fraseggio del suo sax tenore pronunciasse, una dopo l’altra, le parole del testo, il primo brano «Acknowledgement» (Riconoscimento, Presa di coscienza), viene introdotto da un inusuale colpo di gong, cui segue una specie di squillo che pian piano conduce al motivo conduttore di A Love supreme, riproposto in un numero, che sembra infinito, di variazione e modulazioni armoniche, finché, a sorpresa, John lo canta più volte, imitando il suo strumento, quasi fosse un mantra, mentre gli altri esecutori creano atmosfere vagamente esotiche e suggestive.
Il secondo brano, «Resolution» (Determinazione), ha un suo tema ben definito e somiglia di più a un pezzo classico di jazz. Il terzo pezzo, «Pursuance» (Ricerca), come il successivo brano, «Psalm» (Salmo), punta molto sull’improvvisazione e, pur basandosi su un’alternanza inusuale di ritmi scanditi in tre o quattro parti e di armonie costruite su intervalli di terza e di quarta, appare di una «consequenzialità» disarmante. Protagonista assoluto di questo brano, oltre a Coltrane, naturalmente, è il batterista e percussionista Elvin Jones.
Nella prefazione dell’album, Coltrane ringrazia anche Archie Shepp (sax tenore) e Art Davis (contrabbasso), che in effetti parteciparono a una seconda seduta di registrazioni[10], ma che in seguito non si rivelò così determinante per il risultato complessivo di A Love supreme. La durata dei quattro brani era stata ipotizzata per stare comodamente nelle facciate A e B di un microsolco a 33 giri: di fatto, solo «Pursuance» supera i dieci minuti, mentre gli altri non raggiungono neanche gli otto.
«Ascension» ed «Expression»
Con la sorpresa di tutti, produttori compresi, il disco raggiunse i primi posti nelle classifiche delle vendite non soltanto nelle sezioni jazz (Rhythm and Blues), ma in quelle assolute, e in qualche mese superò le 50.000 copie e il conseguimento del cosiddetto «disco d’oro». Con Kind of Blue, come abbiamo già accennato, A Love supreme è tra i dischi migliori e più noti in assoluto ed è stato oggetto di ristampe ed edizioni molteplici. Solo due mesi dopo l’uscita del suo capolavoro, nel febbraio 1965, il nostro saxofonista incideva un’altra opera visionaria, ma dal carattere e dagli esiti completamente diversi: Ascension si può definire «quaranta minuti ininterrotti di feroce interazione di gruppo»[11], con una formazione estesa di ben undici musicisti.
Con questo contributo, Coltrane si lancia nell’esplorazione delle frontiere estreme della free improvvisation, non offrendo agli ascoltatori punti di riferimento, motivi o ritmi con i quali ogni tanto riascoltare qualcosa di già udito. Egli consegna agli strumentisti portati in studio ancor meno indicazioni del solito. Nel cd recente, che citiamo[12], sono presenti entrambe le versioni di Ascension, della durata di circa 40 minuti ciascuna, e sono intitolate come Edition I ed Edition II.
Guardando la musica tutt’attorno e tacendo delle esperienze del jazz o del rock, nell’ambito classico, verso la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta (e dopo), vengono in mente le improvvisazioni più radicali di John Cage (1912-92), nelle quali la musica doveva soltanto immaginarsi, e quelle di Karl Heinz Stockhausen (1928-2007), o anche quelle dei musicisti e compositori[13] aderenti all’associazione romana di Nuova Consonanza, tutte non indifferenti alle suggestioni del jazz.
Pur mantenendo questo spirito sperimentale, Coltrane non poteva puntare sempre a tali gradi di pura improvvisazione. Il quartetto base perse quasi subito McCoy Tyner ed Elvin Jones: il primo non riusciva a seguire Coltrane nelle sperimentazioni più estreme, l’altro trovava difficile suonare in coppia con altri batteristi quando John decise d’abitudine di raddoppiare tutte le parti: due sax, due pianoforti, due contrabbassi, due percussionisti.
Tra Ascension ed Expression[14], l’ultimo album pubblicato da John Coltrane e uscito postumo, si trovano altri sette album, tre dei quali pure pubblicati dopo la morte del loro autore. Expression venne realizzato in studio tra il febbraio e il marzo 1967 e contiene «To Be», che è l’unico brano in cui Coltrane suona il flauto per tutta la durata dell’esecuzione. Gli altri tre pezzi sono «Ogunde» e «Offering», oltre appunto ad «Expression», che dà il titolo alla pubblicazione.
I musicisti sono quelli dell’ultimo periodo di Coltrane, e cioè Alice (sua moglie, al piano), il fedele Jimmy Garrison (contrabasso), Pharoah Sanders (fiati, tamburello), Rushied Alì (percussioni). La musica è lievemente velata di malinconia. Meno sperimentale di Ascension, essa riconduce però più volte allo spirito di A Love supreme.
Dopo Coltrane
John Coltrane scomparve a soli 40 anni, stroncato da un cancro al fegato. Suonò quasi fino alla fine. I suoi funerali, nella chiesa luterana di St. Peter a New York, furono un’apoteosi, ma anche una forte testimonianza di religiosità. Invece del sermone, si lesse il testo del Salmo contenuto in A Love supreme. Dopo Coltrane, non può esserci musicista jazz o strumentista di sax che possa ignorarlo: oltre a un timbro e a un fraseggio particolare, egli era in grado di ottenere, in maniera efficace, note molto difficili da eseguire, ed emettere, dal suo strumento preferito, fino a tre suoni contemporaneamente. Ashley Kahn, l’autore della monografia su A Love supreme e su John Coltrane più volte citata, conta almeno ventuno titoli che si ispirano direttamente al nostro capolavoro[15], mentre è difficile fare un computo dei musicisti in evidente debito con lui[16], a cominciare dalla moglie Alice McLeod (1937-2007), che fu protagonista della scena musicale fino agli anni Ottanta[17], e al figlio Ravi.
Ci sembra opportuno concludere scrivendo di un’esperienza particolarmente significativa. Da più di 30 anni, Steven Feld, noto antropologo statunitense e cultore di jazz sperimentale, studia sul campo le connessioni tra paesaggi naturali e sonori e le pratiche creative più eterogenee. Dopo un’esperienza a Papua Nuova Guinea negli anni Settanta, ha visitato e soggiornato in altre aree culturali dove appariva feconda la connessione tra le culture antiche e quelle moderne, finché non è approdato in Ghana, da dove il percussionista Ghanaba alias Guy Warren era partito per approdare negli anni ’50 negli Stati Uniti, influenzando il jazz con i suoi ritmi e la sua cultura.
Così, nella capitale, Feld ha fondato, ufficialmente nel 2007, l’Accra Trane Station, evidente omaggio a John Coltrane a 40 anni dalla scomparsa, un laboratorio musicale che ridimensiona l’importanza esclusiva delle diverse etichette (etnica, classica, jazz) per una proposta unitaria e variegata che aiuti a capire sempre meglio quelle che sono le radici della musica, le nostre radici[18].
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[1] Cfr A. Kahn, A Love supreme. Storia del capolavoro di John Coltrane. Milano, il Saggiatore, 2004, 20.33-34. Cfr anche la prefazione al cd di A Love supreme.
[2] Insieme a My favorite things, Naima, Equinox, Cousin Mary, Central Park West, il brano si trova in The Best of John Coltrane, Atlantic 7567-81366 cd.
[3] I più interpretano il titolo come «Una maniera di blues», alcuni anche come «Una specie di blu».
[4] In un album recente (2008) della Columbia-Sony Music 88697 47627, i due cd contengono tutte le registrazioni effettuate nell’occasione delle sessioni per un totale di 21 brani. Il dvd contiene un documentario della registrazione e i commenti di chi vi ha partecipato e di esperti del jazz a vario titolo.
[5] Lo si può vedere e ascoltare nel documentario indicato nella nota precedente.
[6] L’edizione in cd del 2008 che segnaliamo ha varie sigle, una delle quali è Impulse!
[7] Cfr A Kahn, A Love supreme, cit., XIII s.
[8] Le due sedute di registrazione si tennero il 9 e il 10 dicembre 1964.
[9] La citazione è riportata nella traduzione italiana CEI precedente con un’aggiunta.
[10] Cfr A Kahn, A Love supreme, cit., 129 s.
[11] Cfr ivi, 195 s.
[12] Impulse! 0602517920248 cd.
[13] A queste esperienze partecipò Ennio Morricone alla tromba.
[14] Impulse! B0015826 cd.
[15] Cfr A. Kahn, A Love supreme, cit., 252
[16] O gruppi, perfino quelli rock: più evidenti gli omaggi da parte dei Pink Floyd, meno quelli da parte dei Led Zeppelin o dei Grateful Dead.
[17] Un suo bel disco è Universal Consciousness (1971) Impulse! AS 9210 cd.
[18] Cfr M. Corbella, «Una storia cosmopolita», in Amadeus, n. 280 (marzo 2013) 56 s.