
Il Cinquecento segna l’inizio dell’Età moderna. Nel passaggio tra Medioevo e mondo moderno si fanno strada, quasi contemporaneamente, una serie di fatti assolutamente nuovi rispetto al passato: l’invenzione della stampa, le scoperte geografiche, la polvere da sparo, un modo nuovo di segnare il tempo (gli orologi), di viverlo, e il rapporto con il denaro («il tempo è denaro!»), lo sviluppo delle banche, le assicurazioni, ma soprattutto una nuova consapevolezza dell’identità dell’uomo e della sua dignità. Alcuni fatti particolari, proprio agli inizi del secolo, lo documentano: la Dieta di Worms del 1521 e il modo in cui Carlo V progetta l’unità dell’Impero, cioè dell’Europa; la Riforma e Ignazio di Loyola; il periplo del mondo a opera di Magellano; l’affiorare di nuovi rapporti tra i cittadini e il principe, tra i fedeli e la Chiesa.
Carlo V e Lutero alla Dieta di Worms
Il 17 e 18 aprile 1521 – 500 anni fa – , alla Dieta di Worms si incontrarono Carlo V e Martin Lutero: l’imperatore, braccio secolare della Chiesa, lo aveva convocato per interrogarlo e, nel caso, eseguire la scomunica della Chiesa. Alla presenza dei prìncipi fu chiesto a Lutero di riconoscere i libri stampati a suo nome e di disconoscerli. Lutero li riconobbe, ma si rifiutò di ritrattarli, perché alcuni si fondavano sulla Sacra Scrittura e altri riguardavano gli abusi di Roma che colpivano il mondo cristiano. Perciò, egli non poteva ritrattare nulla se non gli veniva mostrato con la parola di Dio in che cosa avesse sbagliato: in tal caso «sarebbe stato prontissimo a ritrattare qualunque errore»[1].
Il portavoce di Carlo V gli rimproverava la presunzione di reclamare solo per sé la verità e, come tutti gli eretici, di rifugiarsi nella Scrittura, interpretata a proprio arbitrio: egli ripeteva gli errori già condannati dai Concili. Lo esortava a non anteporre il proprio giudizio a quello di tanti dottori che si sono spesi per lo studio della Bibbia. Infine concludeva: «Non porre in dubbio la santissima fede ortodossa che Cristo istituì, che gli apostoli predicarono in tutto il mondo, che è confermata dal rosso sangue dei martiri. […] Rispondi dunque senza ambiguità: vuoi ritrattare gli errori contenuti nei tuoi libri, sì o no?»[2].
Sapendo di rischiare di finire sul rogo, Lutero disse: «Se non sarò convinto mediante le testimonianze delle Scritture, […] la mia coscienza è prigioniera della parola di Dio. Perciò non voglio e non posso ritrattare»[3].
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