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ABSTRACT – Tre minuti di pellicola nera accompagnati, come brusio di fondo, da suoni striduli che si perdono in lontananza. È un’immagine del caos primordiale che si contrappone, prima ancora che il film abbia inizio, a un’altra immagine, sintetica e grandiosa, che rappresenta l’ordine della creazione. La Terra, la Luna e il Sole perfettamente allineati, in asse con l’obiettivo della macchina da presa, mentre dalla colonna sonora si sprigionano, incalzati dal ritmo delle percussioni, gli accordi trionfali che aprono il poema sinfonico Also sprach Zarathustra di Richard Strauss, per ribadire la differenza che c’è tra il caos e il cosmo, tra ciò che è e ciò che non è. Inizia così il film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, coronato da uno straordinario successo al suo primo apparire cinquant’anni fa, e che ancora oggi conserva intatto il suo fascino.
Una pellicola la cui forza consiste nelle immagini incredibilmente esplicite e nelle azioni compiute a vista, mentre i dialoghi sono ridotti allo stretto indispensabile. Con quello che fa vedere, e ancora di più, con quello che, pur sottacendolo, lascia capire, il film ha coinvolto emotivamente una gran massa di spettatori di ieri e di oggi.
Se il contenuto di fondo del film fosse stato espresso con parole, probabilmente molti spettatori non interessati all’argomento – l’origine della specie umana, la conquista dello spazio, la meta futura dell’umanità – sarebbero rimasti indifferenti.
Ancora oggi permangono nella mente dello spettatore interrogativi sulla corretta interpretazione dei segni che s’intrecciano nel corso del film e si presentano talvolta come veri e propri simboli. Uno dei fattori che determinano il fascino che questa pellicola ancora conserva intatto.
Rispondendo nel 1968 alle domande di un intervistatore, Kubrick ha detto di essere stato spinto a fare questo film da un’idea coltivata a lungo nella mente: «Molti scienziati e astronomi credono che l’Universo intero sia abitato dall’intelligenza. […] La loro teoria è che la formazione planetaria non è avvenuta in modo accidentale, ma in modo coerente, e che la vita ne è una conseguenza inevitabile […]. L’immaginazione si scatena liberamente quando si considera quel che potrebbe essere l’evoluzione ultima dell’intelligenza […] In una tappa finale, si giungerà a delle entità che avranno una conoscenza totale e potranno diventare degli esseri di energia pura, in qualche modo degli spiriti. Avranno probabilmente un potere quasi divino: comunicazione telepatica con tutto l’Universo, controllo completo di tutte le materie, capacità di fare cose che noi crediamo possibili solo a Dio».