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La prima citazione di poeti che troviamo nell’esortazione apostolica di papa Francesco Querida Amazonia (QA) fa riferimento a questi «alberi vivi che non vogliono morire»: sono alcuni versi della poesia Timareo (1950), inserita nel libro di Ana Varela Tafur Lo que no veo en visiones. La citazione è contenuta nel primo dei quattro sogni del Papa – «Un sogno sociale» – ed esprime il grido verso il cielo dei popoli indigeni, rivieraschi e di origine africana, che furono espulsi dalla loro terra o assediati dagli interessi dei colonizzatori: «“Molti sono gli alberi / dove abitò la tortura / e vasti i boschi / comprati tra mille uccisioni” (Ana Varela Tafur, Lo que no veo en visiones, Iquitos-Perù, Tierra Nueva, 2010, 8)» (QA 9).
È significativo che l’esortazione apostolica abbia scelto questa poesia, che si apre e si conclude con la denuncia della «non registrazione» della vita e della cultura di molti popoli da parte della storia ufficiale. Di ciò che la storia non registra è invece la poetessa a dare una documentazione minuziosa.
Per chi intende approfondire i poeti citati dal Papa, l’incontro con la poesia di Varela Tafur è un evento che costituisce una «porta d’ingresso», perché attraverso un’opera concreta ci è reso possibile entrare nel cuore di un popolo, ossia nella sua cultura. Così afferma l’autrice nel prologo all’edizione bilingue: «Le registrazioni orali e scritte costituiscono un universo personale e collettivo». Alle voci umane del libro fanno eco le voci non umane dell’Amazzonia, «capaci di creare linguaggio dove la natura parla rivelando codici». Queste voci creatrici di linguaggio «sperano di essere riconosciute con lo stesso valore di altre lingue del Pianeta».
Per registrare queste voci, l’autrice ha attraversato l’Amazzonia, da un popolo all’altro, e oggi può rallegrarsi perché «dopo 20 anni dalla sua pubblicazione a Iquitos, le voci di questo corpo letterario arrivano sui mari e sulle coste d’Italia». Ogni cultura ama comunicare se stessa, e il fatto che raggiunga altre sponde costituisce un motivo di gioia e di reciproco arricchimento.
Queste voci hanno attratto anche Maurizio Mazzurco, risvegliando in lui il desiderio di farle ascoltare in italiano. Il sogno si è tradotto così in questa edizione accurata, di cui l’Ambasciata del Perù si è fatta promotrice. Ed è interessante anche ascoltare il traduttore, Claudio Fiorentini, il quale ci fa «sentire» quasi fisicamente che «la poesia di Varela Tafur ha un respiro magmatico e argilloso: è fango che si incolla sulla pelle, sudore che cola sulla schiena, pantano che ti pasticcia i piedi, e sangue, sangue, sangue della memoria delle stragi. A tratti è difficile scorporare le singole poesie dall’insieme, una scultura di parole, una storia che restituisce dignità agli antenati: a donne e uomini minimi, persone morte per l’avidità del commerciante o perché trascinati dalla corrente del Rio e ora cullati dalla grande Madre, quell’acqua invadente e spietata che tra piene e magre canta i suoi quotidiani ritmi».
L’Amazzonia è una zona del Pianeta che genera tanta vita, e non trasmette solo aria, ma anche il desiderio di parlare un linguaggio che ha la sonorità dei suoi suoni. Essa crea poesia, e l’autrice, con il suo orecchio attento, ha il privilegio di «registrare, archiviare e condividere» le voci che dialogano in questi linguaggi.
Concludiamo con la sintesi di Fiorentini: «Questo libro è una silloge da leggere come un romanzo, diviso in due parti e chiuso con una splendida ode. Le due parti, denominate archivi, cantano alla terra attraverso i suoi sentieri e alla imponente presenza dell’acqua attraverso piene, magre e piogge. La conclusione parla direttamente alla grande Madre, l’Amazzonia, vista come un essere spirituale e spietato che impone, attraverso la sua frattura, il pianto del Rio e dei suoi affluenti, non più grido della terra, ma ritmo della vita. Ne deriva un testo fisico e grandioso».
ANA VARELA TAFUR
Voci dalla riva – Voces desde la orilla
a cura di MAURIZIO MAZZURCO
Roma, Edizioni Progetto Cultura, 2021, 114, € 12,00.