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Pietro Siculo, di origini siciliane, come dice il suo nome, fu un monaco bizantino del IX secolo, probabilmente igumeno. A lui sono attribuite alcune opere volte a confutare l’eresia detta dei «pauliciani». Questo strano nome deriva probabilmente dalla preferenza di questi eretici per le lettere di Paolo. Essi avevano fondato un movimento separatista, installatosi al limes tra l’impero d’Oriente e il Califfato abbaside (una zona ora tra la Turchia e l’Armenia), dove confluivano gruppi religiosi cristiani minoritari ed eterodossi, anche influenzati dal vicino islam.
Di quest’opera antieretica di Pietro Siculo ci sono rimaste una Storia e forse una Epitome, oltre a tre omelie, che sono qui presentate per la prima volta in edizione critica, con traduzione italiana. La serie completa di omelie ne comportava in realtà sei, ma solo tre si sono conservate. Esse sono di carattere dottrinale, e perciò ci informano solo sugli errori dei pauliciani, non sulla loro storia, che rimane assai complessa.
Poiché però gli errori professati dai pauliciani continuano a essere diffusi anche ai nostri giorni, pensiamo che sia bene elencarli. Essi sono: 1) rifiuto della Trinità e ammissione di due princìpi: uno rappresentato dal Dio malvagio, creatore di questo mondo, e l’altro dal Dio buono, signore del secolo futuro. Questa dottrina, caratterizzata dall’A. come manichea, in realtà pare più vicina a Marcione (II secolo), di cui adotta anche il canone biblico. 2) Rifiuto del culto di Maria e della sua perpetua verginità. 3) Rifiuto dell’Eucaristia come presenza reale e non solo simbolica. 4) Inammissibilità del culto della croce. 5) Rifiuto totale dell’Antico Testamento, mentre il Nuovo è ammesso, ma ad esclusione dell’Apocalisse di Giovanni e delle due lettere di Pietro. 6) Rifiuto del sacerdozio.
Le tre omelie rimaste intendono confutare l’eresia dei due princìpi (Omelia I), difendere il vero ruolo della Vergine Maria, la Theotokos (Omelia II), e spiegare il vero senso dell’Eucaristia (Omelia III). Siccome i pauliciani fondavano le loro dottrine appellandosi al loro canone neotestamentario, Pietro Siculo nella sua confutazione si mantiene sullo stesso terreno scritturistico, indicando quali sono i criteri per una retta interpretazione. Essi vanno cercati nel consenso dei teologi approvati e soprattutto nella dottrina dei Concili ecumenici (I,3,3). Solo così i testi biblici appaiono nella loro verità e ragionevolezza, mentre senza questi criteri si hanno interpretazioni assurde (I,14,1).
Riguardo alla Vergine Maria, i pauliciani riprendevano la concezione gnostica, secondo la quale il Signore avrebbe avuto «un corpo dal cielo in apparenza e in illusione, passando attraverso la Madre di Dio come un canale e non ricevendo da lei la carne» (II,3,1).
Quanto all’Eucaristia, l’A. espone in modo mirabile quella che è la dottrina ortodossa sui «tremendi e divini misteri» (III,1,1): «Da una parte visibilmente offerto è il pane, dall’altra invisibilmente discende il tutto Santo Spirito, santifica le offerte e le rende non più antitìpi, ma proprio il tutto santo corpo e il prezioso sangue del Signore e Dio nostro, per mezzo del quale anche noi peccatori veniamo santificati partecipandone in remissione dei peccati» (III,2,2). Le tre omelie terminano riportando le testimonianze scritturistiche su ognuno degli argomenti trattati.
Nell’Appendice viene discusso il caso del battesimo, che i pauliciani interpretavano in senso allegorico-spirituale, senza però disdegnare, in alcune circostanze, il battesimo d’acqua, inteso come rito terapeutico, soprattutto per i bambini.