Il 17 luglio scorso si è tenuto, presso il Palazzo Euskalduna di Bilbao, il Congresso annuale della Corporación Mondragón. Erano presenti 650 delegati in rappresentanza delle 92 cooperative autonome che la compongono. Vi lavorano più di 70.000 persone[1].
Questo gruppo cooperativo, presente nei cinque continenti, è strutturato attorno a quattro aree operative: Finanza, Industria, Distribuzione e Conoscenza[2]. Comprende un ente bancario, una compagnia assicurativa, un centro per la promozione di nuove attività, cinque centri tecnologici, sette unità di ricerca e sviluppo aziendali, un buon numero di imprese industriali e di distribuzione e una propria università[3]. Oggi è il principale gruppo imprenditoriale basco e il decimo in Spagna. Nel 2023 ha raggiunto un fatturato di 11 miliardi di euro e un utile di quasi 600 milioni.
Al di là del successo economico indiscutibile, il suo risultato più grande è il fatto che Mondragón è diventata, oggi, un riferimento mondiale per il lavoro cooperativo, perché incarna un modo umano ed egualitario di gestire l’impresa[4]. Migliaia di persone visitano ogni anno Mondragón (località che si trova nella provincia di Guipúzcoa, in Spagna) per studiarne il modello cooperativo autogestito di creazione e mantenimento di posti di lavoro, frutto di uno sviluppo continuo e coerente, che prosegue fin dalla sua creazione, avvenuta nel 1956. In esso, ogni lavoratore è interessato al destino della propria azienda, ha voce attiva nella sua gestione e riceve una quota dei profitti. Ognuna delle cooperative agisce in modo autonomo, ma è collegata alle altre. Quelle che hanno profitti contribuiscono con il 10% al fondo di aiuti per sostenere quelle in deficit. Questa solidarietà viene applicata anche nella ricollocazione dei soci di aziende con posti di lavoro in eccedenza[5].
L’elenco dei suoi 10 princìpi fondamentali parte dalla libera adesione e spazia dalla sovranità dei lavoratori e dall’organizzazione democratica – un membro, un voto – alla natura strumentale e subordinata del capitale, alla partecipazione alla gestione, alla remunerazione solidale, all’intercooperazione, al carattere universale, all’istruzione e alla «trasformazione sociale». Quest’ultima prevede che i profitti vengano reinvestiti per creare nuovi posti di lavoro – l’obiettivo è creare società ricche, non persone ricche –, per sostenere enti di beneficenza locali, progetti di sviluppo comunitario e per rafforzare l’economia dei Paesi baschi. In una delle prime stesure dei princìpi si afferma: «La prima forma di giustizia elementare che dobbiamo praticare è quella di considerarci esseri umani liberi»[6].
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