«Avete idea di quanti libri sulle donne sono scritti nel corso di un anno? Avete idea di quanti di questi sono scritti da uomini?»[1]. Così si interroga stupita Virginia Woolf, trovandosi davanti a un’assoluta maggioranza di autori uomini, mentre, per preparare una conferenza su donne e letteratura, consulta lo schedario della biblioteca del British Museum. Queste stesse domande suonano come monito nell’affrontare il tema della «maternità surrogata», che coinvolge in prima persona il mondo femminile. Un argomento a cui bene si addice altresì quanto la scrittrice argutamente aggiunge di seguito: «Il sesso e la sua natura possono benissimo attrarre dottori e biologi, ma la cosa sorprendente e difficile da spiegare è il fatto che questo sesso – ossia la donna – attrae anche gradevoli saggisti, romanzieri dal tocco delicato, giovani uomini che hanno conseguito una laurea magistrale, uomini che non hanno conseguito alcun grado accademico, uomini che apparentemente non hanno alcuna qualifica salvo il fatto di non essere donne». Un profilo, quest’ultimo, che si attaglia anche ai poco dopo menzionati «innumerevoli maestri, innumerevoli uomini di chiesa, che salivano sulle loro tribune e sui loro pulpiti e pontificavano con loquacità […] su quest’unico argomento».
Ascoltiamo in questo richiamo non tanto un invito a lasciar cadere l’argomento, quanto piuttosto ad affrontarlo con la consapevolezza che ogni discorso – in particolare nell’ambito della sessualità, della corporeità e della generazione – è sempre segnato da premesse mai del tutto chiarificabili. Questo atteggiamento permetterà di entrare in modo più avvertito in un dibattito che tutti ci riguarda. Anche papa Francesco è intervenuto sul tema, ritenendo «deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio»[2], e invocando una proibizione universale. Ha ricordato che «un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto»[3]. Questa posizione è stata ribadita recentemente dalla Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la dottrina della fede[4].
Iniziamo quindi il nostro percorso descrivendo le pratiche utilizzate e le loro implicazioni, per poi identificare quei riferimenti antropologici e criteri etici che ci permettono di comprendere meglio le parole del Papa e giungere a una valutazione di queste procedure, in cui si intersecano peraltro molteplici dimensioni: economiche, sociali, giuridiche e culturali.
Forme nuove di un fenomeno antico
L’espressione «maternità surrogata» traduce letteralmente l’espressione inglese surrogate motherhood, che designa una pratica in cui una donna (madre surrogata o gestante) porta avanti la
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