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Nell’attuale Messale Romano (2020), al 1° gennaio molto opportunamente è posta la solennità di Maria Santissima, madre di Dio: infatti, dopo il Natale del Signore è giusto celebrare la maternità divina di Maria. Non sempre però è stato così. Precedentemente, quel giorno era semplicemente l’Ottava del Natale, con il Vangelo che ricordava la circoncisione del Signore e l’imposizione del nome di Gesù. Inoltre, dal 1968 la Chiesa cattolica celebra il 1° gennaio come Giornata mondiale per la pace. Se poi aggiungiamo che quello è anche il primo giorno dell’anno civile, ci troviamo di fronte a un accavallarsi di temi non sempre armonizzabili, e ciò vale soprattutto per chi deve fare l’omelia della Messa. Ma com’è effettivamente la storia liturgica del 1° gennaio nel rito romano? A questa domanda è data un’esauriente risposta in questa accurata e documentata ricerca di Giovanni Di Napoli, docente di Liturgia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione San Luigi, di Napoli.
Con parole essenziali veniamo a sapere che quella solennità, «pur riallacciandosi alla tradizione romana più antica, si rivela come una vera e propria creazione della riforma liturgica postconciliare, frutto genuino del Concilio Vaticano II» (p. 157). Così, nella parte eucologica compare non solo il titolo di «Madre di Dio» (Dei Genetrix), traduzione del greco Theotokos, ma anche il nuovo titolo di «Madre della Chiesa» (Mater Ecclesiae), voluto da Paolo VI. Nella strutturazione attuale del Lezionario e del Messale Romano rimane comunque difficile unificare i vari elementi. Se al 1° gennaio «i temi del Capodanno e della pace non possono essere lasciati fuori», tuttavia essi «non possono essere oggetto, in senso stretto, di celebrazione liturgica […]. In occasione del Capodanno si ringrazia […], si implora la pace […], ma deve anche essere chiaro che essi possono starci solo in maniera subordinata rispetto all’oggetto della solennità», cioè la maternità divina di Maria (p. 234).
Occorre quindi fare attenzione a che la centralità mariana della festa non rimanga oscurata dal tema della pace, che non è presente nei testi della Messa (tranne un accenno nella 1a lettura), ma che è comunque lasciato alla discrezione del celebrante. Molto utile per la preparazione dell’omelia è l’analisi dei testi sia del Lezionario (cfr pp. 101-129), sia del Messale Romano (cfr pp. 131-167) e, per completare, vengono esaminati anche quelli della Liturgia delle Ore (cfr pp. 169-210). Con molta franchezza, l’A. non manca poi di manifestare un certo suo «disagio» di fronte a una «reale disarticolazione degli elementi» che caratterizzano tale solennità (p. 233). In questo senso, si permette anche di dare suggerimenti concreti per un eventuale miglioramento, sia nella formulazione dei testi eucologici sia nella scelta delle letture bibliche.
In appendice è riportato un singolare documento, l’«Appello di 6 eminenti biblisti rivolto a Benedetto XVI nel 2010 per ristabilire la Festa della Circoncisione». Il testo è biblicamente fondato ed è interessante dal punto di vista della «ebraicità» di Gesù, ma altra cosa è l’opportunità di introdurre quella festa nella liturgia. È comunque curioso constatare come nel Messale di Pio V il 1° gennaio sia intitolato In Circumcisione Domini et Octava Nativitatis, titolo che giustamente, dice l’A., è stato tolto nell’attuale riforma, ma che è rimasto ad esempio nel Rito Ambrosiano, che recita al 1° gennaio: «Ottava di Natale nella Circoncisione del Signore». In effetti, nella liturgia milanese la divina maternità di Maria era già stata celebrata la VI domenica di Avvento.
In conclusione, all’A. pare di poter dire che «la rivisitazione storica della celebrazione del 1° gennaio abbia dato la possibilità di abbracciare con luce più approfondita anche le ragioni stesse della presenza di Maria nel culto cristiano» (p. 228). Per questo l’analisi accurata dei testi proposta da Di Napoli costituisce anche una solida base teologica. Da essa si ricava come la presenza della Vergine Maria nella liturgia sia sempre in dipendenza da Cristo, ragion per cui occorre vigilare perché questa solennità non diventi una «festa di idea» (p. 229), ma risulti un vero prolungamento del mistero salvifico del Natale.