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Questo libro, destinato non solo agli studenti universitari, ha in sé tutti gli elementi per una didattica della storia medievale; favorisce un approccio fecondo ai secoli X-XIII. Tredici voci – tredici saggi, tredici capitoli con note bibliografiche essenziali – sono il riflesso degli studi compiuti nel corso di decenni da Nicolangelo D’Acunto, docente nell’Università Cattolica di Milano e Brescia. Pagine dense di contenuti e di spunti critici, tutte dettate da fine spirito pedagogico. Pagine di storia e di storia della storiografia, un discorso di apertura a un mondo ricco di fermenti, da esplorare con l’animo sgombro da pregiudizi.
Il primo capitolo tratta del rapporto tra uomo e natura, che «forse più di ogni aspetto della vita medievale ha contribuito a consolidare la leggenda dei secoli bui» (p. 11). L’ultimo capitolo fa riferimento ai tanti studiosi che «hanno sentito vivissima l’esigenza di verificare se, ed eventualmente in quale misura, pure nel Medioevo fosse possibile rinvenire i tratti di quel risveglio della civiltà che, a partire dall’Ottocento, era stato individuato come il tratto distintivo appunto del Rinascimento quale inizio della modernità» (p. 163). D’Acunto accompagna il lettore nella complessità di stili, di lotte, di slanci spirituali e di aneliti di cui si sostanzia la società – e la cultura – medievale; lo educa a ragionare, approfondire, cogliere il senso di eventi, a soffermarsi per riflettere su uomini e contesti.
Quando si parla di Chiesa e di Stato, di Regno e di Impero, di gerarchia, di ordines, di riforma papale, si parla di elementi specifici del mondo medievale. Se questi elementi vengono ignorati, si può comprendere ben poco del Medioevo. L’A. narra, discute, conversa con storici noti. Significativo è il capitolo «Rivoluzione», in cui egli fa notare che Jach Goldstone, scrivendo di rivoluzioni, parla del mondo antico e di quello rinascimentale, ma salta il Medioevo: «Occorre verificare – dice l’A. – l’assunto di Goldstone ed eventualmente capire se esso poggi su di una idea di rivoluzione troppo profilata sulle esigenze della storia contemporanea e/o alla luce di una conoscenza della storia medievale un po’ approssimativa o comunque meritevole di qualche supplemento di indagine, specialmente con riguardo ad alcuni momenti dell’età di mezzo nei quali invece una carica rivoluzionaria sia stata in qualche misura riconosciuta in sede storiografica» (p. 151).
D’Acunto sviluppa un discorso su istituzioni, filosofie, teologie, teorie politiche, personaggi, e anche sulla libertà. Ricorda che il filosofo e storico francese Étienne Gilson vedeva nell’epistolario di Eloisa e di Abelardo la «dimostrazione che nel XII secolo alcune personalità eccezionali erano dotate di una tale indipendenza di spirito e di un livello così alto di autoconsapevolezza da far crollare di colpo le frontiere tra medioevo e rinascimento» (p. 93).
Sillabario medievale non è solo uno strumento valido per studiare un complesso periodo della storia dell’Occidente, della Chiesa e della società, ma è un lavoro – degno di ogni apprezzamento – che rivela lo spirito del sapere storico autentico.