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La rivoluzione digitale pone questioni vecchie e nuove, che possono essere riassunte con la parola «formazione». Il libro propone un approccio capace di unire passato e futuro, mostrato anche dal profilo dei due autori: un direttore di scuole di formazione digitale (Davide Dattoli) e un camaldolese, archivista e docente universitario (Claudio Ubaldo Cortoni). Gli spunti offerti sono molto ricchi e scritti in maniera chiara e affabile, attingendo ad aneddoti che mostrano la dimensione complessa e paradossale della formazione.
I capitoli del libro ne evidenziano alcune caratteristiche fondamentali, che si ripropongono costantemente. Una di esse è la precarietà. La pretesa di una conoscenza definitiva è una contraddizione in termini, perché riguarda la vita, e la vita è sempre mutevole. La storia mostra che quando ci si culla in una situazione di comfort e stabilità, inizia il declino, perché non si nota che lo scenario cambia: così è stato per la Repubblica di Venezia dopo la scoperta dell’America; così è stato per l’Olivetti dopo l’avvento dei computer, o per Blockbuster con i dvd. Non si può mai pretendere di aver raggiunto l’obiettivo. Lo ha ben capito Jeff Bezos, il fondatore di Amazon: «Il day 2 è la stasi. Seguita dall’irrilevanza. Seguita da un inesorabile, doloroso declino. Seguito dalla morte. Ecco perché per noi sarà sempre il Day 1» (p. 123).
Il caso di Olivetti mostra un’altra regola fondamentale: egli era un genio che avvertì l’importanza dell’informatica, ma non trovò chi volesse collaborare con lui. Un ambiente stimolante e il confronto mantengono al passo con i tempi, e consentono di dare il meglio perché, come nel gioco del calcio, è la squadra e non il singolo a vincere. Ciò richiede alcune abilità di base, come la flessibilità e la messa in conto dell’errore. Solo chi sbaglia impara, ma a patto che non consideri l’errore un impedimento, bensì la modalità con la quale ci si perfeziona.
La storia delle scoperte lo ricorda in continuazione, e questo è ancora più evidente ai giorni nostri: sembra che il 90% delle startup progettate fallisca, e il 70% del rimanente scompaia nel giro di 5 anni. Ma chi ha passione per ciò che fa non abbandona l’impresa; al contrario, cerca di scoprire, alla luce delle risposte ottenute, come essa potrebbe essere migliorata.
Lo hanno capito le grandi aziende: Google ha dato vita a un motore di ricerca che si è affermato in tutto il mondo, insieme ai suoi derivati (YouTube, Gmail), ma ha anche visto il fallimento di un numero notevole di prodotti, con costi rilevanti in termini di denaro, tempo ed energie. Li ha saputi però valorizzare, creando addirittura un sito che li ricomprende, «un modo per ricordare che senza quei tentativi non si sarebbe arrivati ai progetti riusciti» (p. 146). Nel percorso formativo, innovazione e fallimento procedono insieme.
Stare al passo con i tempi significa anche mettere in conto qualità e complessità crescenti. E quindi selezione. Molte aziende assumono un numero molto limitato di persone, sempre più specializzate e appassionate al proprio lavoro, e affidano i compiti di routine alla robotica. Questo comporterà in futuro una maniera molto diversa di concepire il lavoro, che non sarà più considerato un noioso obbligo necessario per vivere, ma l’espressione della creatività, delle capacità e del gusto di realizzare il frutto di ricerche e collaborazioni comuni. Questo però pone il grave problema di una crescente disparità economica, di standard di vita, insieme all’inevitabile dilagare della disoccupazione. Potrà infatti accedere alla migliore formazione chi ha le risorse per farlo, siano esse economiche e soprattutto intellettuali, per occupare posti sempre più limitati: Bending Spoons riceve ogni anno 60.000 richieste per poche decine di posti di lavoro. Sembra ripresentarsi lo scenario del capitalismo delineato nel XIX secolo da Marx ed Engels.
Di fronte a questo grave dilemma, gli autori auspicano che la grande ricchezza prodotta non resti concentrata nelle mani di pochi, ma venga ridistribuita a beneficio di tutti. Tuttavia, senza la presenza di istituzioni libere dalla pressione delle grandi multinazionali, lo spettro inquietante del nuovo proletariato delineato da Marx tornerà ad aggirarsi, questa volta per il mondo intero.