Il presidente siriano Bashar al Assad, dopo 12 anni di isolamento dalla scena politica internazionale, è stato riammesso, con qualche perplessità, tra i 22 Paesi della Lega araba. Essa, come molte organizzazioni internazionali di questo tipo – tra le quali anche l’Onu –, ha un grande valore simbolico e morale: esserne esclusi rappresenta una condanna. La riammissione di Assad nella Lega coincide con la sua riabilitazione politica, almeno per gran parte dei Paesi arabi, che in tal modo ne riconoscono (implicitamente) anche la vittoria nella lunga e sanguinosa guerra civile che ha devastato il Paese a partire dal 2011 e che in realtà non è ancora conclusa.
È noto che Assad, per mantenersi al potere, in questi anni ha usato metodi brutali. Più di 300.000 cittadini siriani sono morti a causa di attacchi con missili e armi chimiche (come denunciato da inchieste delle Nazioni Unite). Inoltre, l’apparato di sicurezza siriano in questi anni ha catturato decine di migliaia di dissidenti politici, che non erano terroristi. Tutto questo è stato portato avanti metodicamente con l’aiuto degli alleati iraniani e, a partire dal 2015, dei russi, che in Siria hanno sperimentato i metodi di guerra più distruttivi[1].
Il ritorno in scena del Presidente, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, mette in crisi l’intero sistema dei diritti e delle sanzioni che l’Occidente ha costruito dalla Seconda guerra mondiale fino alla recente incriminazione di Putin per la deportazione dei minorenni ucraini. Questa riabilitazione di Assad da parte dei Paesi arabi, e non soltanto, pone dei problemi di ordine politico, giuridico e morale sulla reale efficacia, nel lungo periodo, del sistema sanzionatorio finora adottato dalla comunità internazionale nei confronti dei dittatori che commettono crimini gravi contro il loro popolo[2].
In realtà, di una possibile riabilitazione di Assad e del suo regime si parlava già da tempo in diversi Paesi arabi. A febbraio e marzo 2023 ci sono state le visite del presidente siriano a Moscate, in Oman, e ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti; nello stesso periodo il ministro degli Esteri egiziano è andato a Damasco. Il 14 aprile a Riad, in Arabia Saudita, si è tenuto un incontro in cui i rappresentanti di nove Paesi della regione hanno discusso il ritorno di Damasco nella Lega araba dopo tanti anni di esclusione[3]. Il 7 maggio l’organismo ha accettato di riammettere la Siria e di invitare il presidente Assad già
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