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L’Europa è in declino? Il sogno europeo è ancora in grado di affascinare i cittadini dell’Unione europea? Il periodo iniziato nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino è terminato davvero il 24 febbraio del 2022? A queste e ad altre domande cerca di rispondere in questo volume lo storico inglese Timothy Garton Ash, che ci guida attraverso un ben delimitato itinerario spazio-temporale (1945-2022) e le tante homelands dalle quali è costituito il nostro Continente.
Ma qual è il significato dell’aggettivo «personale»? Scrive l’A.: «Mi sono basato su diari, appunti, fotografie, ricordi, letture, visioni e ascolti dell’ultimo mezzo secolo, ma anche sulla memoria altrui» (p. 16). Egli non intende dunque riferirsi semplicemente alla «sua» storia, ma anche a quella vissuta da altri individui, che viene in seguito riassunta nei loro racconti.
Lo storico ripercorre inoltre i luoghi e gli eventi che, dopo aver segnato il passato, continuano a influenzare le nostre vite: prende in esame i trionfi festeggiati e le tragedie consumatesi negli ultimi decenni, per giungere a elaborare un’analisi che si muove in maniera convincente tra analisi politica, reportage e memoria intima.
Da quest’ultima prende le mosse l’A., che parte dai ricordi paterni per tornare al giorno dello sbarco in Normandia e iniziare il suo viaggio: un cammino animato dalla passione per la libertà e l’Europa, ma caratterizzato dal tono pacato, del tutto privo di retorica, e che tale resta anche nella versione italiana, grazie all’attenta traduzione di Francesco Zago.
Fondamentale – a suo parere – è stare laddove si fa la storia. Non sembra di conseguenza un caso che in questo libro egli rievochi i tanti avvenimenti vissuti e gli incontri fatti nel corso della propria, intensa esistenza. Lo studioso ci descrive così il periodo in cui si è trovato sotto la sorveglianza della Stasi (la polizia segreta della Germania orientale), le fasi cruciali dell’insurrezione pacifica nella Polonia degli anni Ottanta, i momenti nei quali ha parlato con gli adolescenti marocchini intenzionati a entrare in Spagna attraverso l’enclave di Ceuta e le circostanze che lo hanno portato a colloquiare con i principali esponenti della scena politica europea, da Tony Blair ad Angela Merkel, da Margaret Thatcher a Willy Brandt, da François Mitterrand a Václav Havel, fino a Lech Wałęsa e Helmut Kohl.
Va inoltre notato come l’A. rifletta su un tema di capitale importanza: il modo in cui l’Europa si è lasciata alle spalle i rovinosi conflitti bellici e le immani distruzioni, mostrando poi la capacità di costruire, sulle macerie del Muro di Berlino, un futuro di pace e di democrazia, nell’ambito del quale hanno saputo coesistere e arricchirsi reciprocamente le varie patrie e identità del Continente, che rappresentano, in fin dei conti, l’elemento peculiare dell’idea di Europa. Un futuro, scrive Garton Ash, che occorre difendere e rendere sempre più condiviso, affinché venga ritenuto patrimonio comune e fatto sempre più proprio da ognuno di noi.
Assai interessante, infine, è l’interpretazione dell’A. della storia del continente europeo, che egli pone all’interno di due archi temporali sovrapposti: l’epoca postbellica e il postmuro. Un periodo, quest’ultimo, non certo caratterizzato da una pace ininterrotta – considerate le atrocità e le aggressioni perpetrate su vari fronti dopo il 1989 –, ma che forse molti europei sono inclini a considerare una «pace trentennale». Si è trattato, in ogni caso, di un lungo lasso di tempo la cui conclusione è stata sancita dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia: una svolta epocale e, nel contempo, una guerra di ricolonizzazione, a causa della quale abbiamo visto nuovamente orrori che si sperava appartenessero ormai al passato.