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Questo volume arriva a tempo giusto. Nel 2021 l’Italia, la Chiesa e il mondo civile celebreranno il settimo centenario della morte di Dante (1321) e già si vanno preparando nuove edizioni delle sue opere, saggi critici, articoli, e libri di carattere divulgativo, convegni e altro genere di commemorazioni pubbliche. Il volume, nato come tesi per il dottorato di ricerca in Filologia, è forse cronologicamente il primo dei saggi che, in occasione del centenario, illustreranno la relazione di Dante con la Chiesa e la sua dottrina. L’autore è docente di ruolo nella scuola primaria.
Il libro chiarisce esaurientemente la consapevolezza del valore dell’opera dantesca, particolarmente della Divina Commedia, nel magistero degli ultimi 10 Papi. Forse, quando l’autore studiò la materia come lavoro accademico, sarà stata più attenta a concentrare e quasi asciugare la vastità delle fonti, componendo un testo più ridotto e sintetico. Il volume, invece, certamente per far vedere al lettore con quale abbondanza i Papi abbiano fatto riferimento a Dante, è carico di citazioni dantesche tratte dai testi, maggiori e minori, del magistero pontificio. Questo, se dimostra la cura con cui l’autore ha lavorato, conferisce spesso al suo libro l’aspetto di antologia, dove a testi importanti sono affiancati anche testi ripetitivi e superflui, senza però che scada mai la limpidezza del dettato.
Lo scopo prefissosi dall’autore – quello di provare, come recita il sottotitolo, la ricezione di Dante nel recente magistero della Chiesa (onore concesso, in misura molto minore, soltanto a Manzoni) – è stato pienamente raggiunto.
Di particolare interesse sono le pagine che riguardano il pontificato di Leone XIII, nelle quali si avvertono sia l’amore personale del Papa per la Divina Commedia, sia la sua intenzione di portare e proporre il Poeta all’interno del progetto leoniano di restaurazione del pensiero cattolico fondato sul tomismo, sottraendo per questa via Dante alle farneticazioni di certe interpretazioni liberal-massoniche.
Altresì interessanti sono le pagine dedicate a Benedetto XV, che onorò singolarmente Dante con l’enciclica In Praeclara summorum, del 1921. Il documento celebra il sesto centenario della morte del Poeta, la sua elevazione a luogo teologico e la sua perfetta ortodossia cattolica ed ecclesiale, nonostante le invettive scagliate contro alcuni Papi del suo tempo per motivi essenzialmente politici.
Quasi certamente, fra i collaboratori dei quali Benedetto XV si servì per l’estensione dell’enciclica, ci fu p. Giovanni Busnelli (1866-1944), redattore della nostra rivista e dantista di fama nazionale (cfr D. Mondrone, «Gesuiti studiosi di Dante», in Civ. Catt. 1965 II 535-547; III 119-132). Benedetto XV condivideva la tesi di p. Busnelli, che collegava intimamente con il tomismo il poema e l’opera del grande fiorentino.
Ma è stato san Paolo VI il Papa che al culto personale della poesia di Dante ha unito il riconoscimento ufficiale esplicito del suo valore dottrinale per la Chiesa intera e per l’umanesimo cristiano. A lui si deve la lettera apostolica Altissimi cantus del 1965, pubblicata il giorno precedente la chiusura del Concilio Vaticano II. L’autore ha dato ampio spazio al dotto Pontefice, che ha definitivamente fatto di Dante l’artista che ancora parla alla Chiesa della modernità.
VALENTINA MERLA
Papi che leggono Dante. La ricezione dantesca nel magistero pontificio da Leone XIII a Benedetto XVI
Bari, Stilo, 2018, 504, € 35,00.