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Questo volume di Marco Gallo, studioso della Chiesa contemporanea e da anni direttore della Cátedra Pontificia presso la Pontificia Universidad Católica di Buenos Aires, è un contributo utile alla memoria dell’eccidio compiuto dai generali argentini durante la dittatura dal 1976 al 1983: furono 7.300 le vittime, spesso giovani, donne e persone inermi. Il libro è frutto di una ricerca meticolosa di quanti tra loro hanno perso la vita per la testimonianza del Vangelo; è un aiuto per conoscere la santità attraverso la storia, come ha scritto papa Francesco nella Prefazione: «La storia antica del martirio dei cristiani non si è mai interrotta […]. La Chiesa oggi ha un gran bisogno di testimoni, dei santi di tutti i giorni, quelli della vita ordinaria e di quelli che hanno il coraggio di accettare la grazia di essere testimoni fino alla fine, fino alla morte».
Da diverso tempo si è cercato di ricostruire il clima sociale e politico dell’Argentina degli anni della dittatura, e Gallo con questo volume offre un contributo importante in tal senso, partendo da una prima lista di un centinaio di persone, raccolta da mons. Carmelo Giaquinta, allora arcivescovo di Resistencia, che la presentò all’allora cardinale Bergoglio. Questi a sua volta la consegnò a Gallo, perché raccogliesse informazioni più ampie sul contributo dei cristiani nell’opposizione alla dittatura nel Paese e al loro successivo massacro in quegli anni.
Questo volume vuole offrire uno spaccato su quanti, tra le innumerevoli vittime della dittatura argentina, sono stati uccisi a motivo della loro fede. Pur senza mettere in dubbio gli ideali di giustizia che ispirarono molti di coloro che poi vennero assassinati, l’A. fa notare che in alcuni casi è difficile stabilire se la loro fine sia stata causata dai propri ideali sociali e politici o dalla loro testimonianza del Vangelo. Può aiutare a comprendere la differenza tra martire per odium fidei e combattente per ideali politici quanto ha scritto Roberto Morozzo della Rocca sul vescovo Óscar Romero: «In nome della fede Romero parlava di riconciliazione, amava i poveri e chiedeva giustizia sociale. In nome della fede invitava alla conversione e indicava il peccato dei suoi contemporanei: quello era il kerygma, il cuore dell’annuncio evangelico».
Il martirio sviluppatosi in Argentina non nasce dalla premessa classica di non credenti che vogliono perseguitare i cristiani, ma si sviluppa in un mondo cristiano che ha perso le radici di misericordia e di perdono, tralasciando quella solidarietà verso i più poveri che trae una fonte indispensabile dal Vangelo. La situazione in Argentina, infatti, non era diversa da quella vissuta in altri Paesi dell’America Latina nell’ultimo quarto del Novecento: un’estrema polarizzazione, che aveva lasciato pochi spazi a un dibattito e confronto civile e democratico, che avrebbe consentito l’espressione di posizioni differenti, cosicché molte vite sarebbero state risparmiate.
Basti qui ricordare la figura del vescovo di La Rioja, mons. Enrique Angelelli, morto nel 1976, poco dopo la presa del potere da parte dei militari. Egli è stato vittima di un incidente d’auto provocato dai suoi carnefici, su mandato dei militari al potere. Angelelli fu vescovo tra i poveri, testimone del Concilio Vaticano II; la sua predicazione della parola di Dio si è rivelata un segno di contraddizione di fronte a una società in cui i ricchi avevano grandi privilegi e i poveri vivevano oppressi da un pesante sfruttamento sociale.
Il volume offre infine un prezioso elenco biografico di quegli uomini, donne e giovani «anonimi» la cui memoria si sarebbe persa. Dalle note sul loro comportamento si può comprendere come fossero persone semplici, normali, che volevano solo continuare a testimoniare il Vangelo nella vita di tutti i giorni, senza pensare che questo avrebbe avuto un carattere di eccezionalità e li avrebbe condotti alla morte.