|
In questo libro gli autori cercano di raccogliere un insegnamento sapienziale dalla pandemia, per un possibile nuovo inizio del vivere comune.
Gli avvenimenti trascorsi hanno rimesso radicalmente in discussione alcuni presupposti sinora ritenuti ovvi. Anzitutto la fiducia totale nella scienza e nella tecnica. Una certa celebrazione mitologica di esse ha dato l’illusione di essere ormai in grado di padroneggiare il mondo.
La catastrofe che si è abbattuta improvvisa ha invece mostrato che non si può impunemente fare violenza alla natura e che il caos è sempre in agguato. Come ricordava Edward Lorenz in una celebre conferenza, «il battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas» (p. 9). E difatti una invisibile particella ha sconvolto il mondo intero. Ma, a differenza della farfalla, in questo caso si tratta di una catastrofe annunciata. Il libro mostra l’apparire puntuale di una serie di epidemie nel corso dell’ultimo secolo.
La minaccia di una catastrofe globale non si è manifestata solo nella narrazione virale. Due altre narrazioni l’hanno preceduta: il terrorismo islamico (11 settembre 2001) e la grande crisi finanziaria del 2008. Esse hanno contestato profondamente alcuni dogmi del liberismo, come la marginalità della religione e la crescita inarrestabile del benessere. Gli avvenimenti di questo ventennio ripropongono invece in forma nuova le intuizioni formulate da Ulrich Beck nel suo libro La società del rischio.
La recente crisi, che ricorda per molti versi quanto accaduto un secolo fa (a cominciare dall’epidemia dell’influenza spagnola e la successiva crisi economica e politica), mette di fronte a un bivio: «lasciarsi trascinare da un’emergenza all’altra verso una riedizione degli anni Venti – un decennio di disordine istituzionale e di malessere sociale –, oppure reagire e decidersi, rischiando di aprire un ciclo nuovo» (p. 37).
La seconda parte del libro presenta alcuni elementi di questo nuovo corso, che possono diventare realtà solo raccogliendo le lezioni della crisi recente. Anzitutto, che la capacità di affrontare situazioni stressanti – nota in psicologia con il termine «resilienza» – presuppone e non nega la fragilità: «Il resiliente non è il sopravvissuto. È chi ha guardato in faccia la morte, e […] riesce a cambiare forma. Chi, dopo aver visto la morte da vicino, diventa capace di ospitare più vita» (p. 43).
Questa ospitalità si esprime a vari livelli: in primo luogo, nella famiglia, come capacità di elaborare e trasmettere un patrimonio di vita e investire sul futuro. A livello sociale, l’ospitalità si mostra nella presa di coscienza della solidarietà che ci caratterizza, smentendo l’individualismo che ha finora dominato l’immaginario occidentale. Il Covid-19 ci ricorda che siamo tutti sulla stessa barca e che ciascuno di noi può essere per l’altro motivo di salvezza o di morte.
Purtroppo però l’individualismo è ben lungi dall’essere sconfitto: anche nella situazione attuale ci sono «i sommersi e i salvati» (Primo Levi). Alcuni ricchi – come i gestori delle grandi piattaforme digitali – sono diventati ancora più ricchi, e l’accresciuto potere a loro disposizione mette seriamente a rischio la democrazia, paventando l’incubo di una «società della sorveglianza» (p. 107).
Da qui la necessità politica dell’ospitalità, perché le leggi del mercato sono incapaci di proteggere i più deboli: «È allo Stato – e non certo al mercato – che si è guardato per tutelarsi dal disastro del blocco del sistema. Le discussioni hanno riguardato la correttezza (formale e sostanziale) e la tempestività delle decisioni, non l’opportunità dell’intervento» (p. 65).
Ciò richiede una concezione sapienziale della politica, attenta alla solidarietà come condizione indispensabile per la costruzione della «casa comune» (papa Francesco); una politica capace di trasmettere speranza a chi vi abita, senza nascondere la fragilità, ma piuttosto lasciandosi ispirare da essa per costruire ponti di incontro tra generazioni, gruppi e culture differenti.
CHIARA GIACCARDI – MAURO MAGATTI
Nella fine È l’inizio. In che mondo vivremo
Bologna, il Mulino, 2020, 200, € 15,00.