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La mindfulness, letteralmente «pienezza (fulness) mentale (mind)», è un fenomeno sempre più noto, che coinvolge ambiti e discipline più diversi: meditazione, psicoterapia, medicina, scienze cognitive, filosofia, spiritualità. Il termine è stato impiegato per la prima volta da Jon Kabat-Zinn in una pubblicazione del 1990, divenuta subito bestseller. Con mindfulness egli traduce la «presenza mentale» della meditazione buddista e la applica alla gestione dell’ansia e dello stress, il che rende la sua proposta particolarmente appetibile per l’Occidente.
La mindfulness ottiene ben presto grande successo, ma prende da subito le distanze dalla spiritualità buddista e dal significato stesso che essa attribuisce a tale termine per il buddismo. La consapevolezza è infatti solo l’ultima tappa di un percorso etico-sociale che comprende cinque passi: «1) proteggere la vita, diminuire la violenza di individuo, famiglia, società; 2) praticare la giustizia sociale, la generosità, non rubare né sfruttare; 3) praticare un comportamento sessuale responsabile […]; 4) praticare un ascolto profondo e un eloquio amorevole per ripristinare la comunicazione e la riconciliazione […]; 5) praticare l’attenzione per non assumere tossine e veleni del corpo e della mente» (p. 113).
Un altro aspetto problematico, e nello stesso tempo alla base dell’entusiastica diffusione di questa proposta, è l’estrema varietà delle sue applicazioni, al punto che la mindfulness viene considerata la chiave di accesso per ogni possibile attività mentale, «da “come far fronte al cancro” a “come imparare a suonare l’armonica” […], la riduzione dello stress, la meditazione, la psicoterapia, prestare e focalizzare l’attenzione, rimanere vigili, controllare i pensieri e le emozioni, addestrare il cervello, trattare malattie somatiche, essere gentili e compassionevoli, essere concentrati sul momento presente e realizzare la felicità personale» (pp. 134 s).
Tale varietà, prolifica anche sul piano occupazionale (training aziendali, contratti con compagnie aeree per la fornitura di audio durante i voli, addestramenti militari), fa della mindfulness un appetitoso business: negli Usa essa ha reso 260 milioni di dollari dal 2012; una tra le sue app più scaricate ha avuto, nel 2017, sottoscrizioni per più di 36,7 milioni di dollari. Da qui anche la grande preoccupazione per il proliferare di proposte estremamente variegate e la necessità di opportune agenzie di certificazione. Ma, soprattutto, una proposta nata come spirituale può essere considerata una redditizia professione, al punto da fruttare, nel solo 2017, quattro miliardi di dollari, vedere la nascita di 2.450 centri di meditazione negli Usa e 1.000 apps a pagamento? La mindfulness, cercando di unire due mondi tra loro antitetici, «si è progressivamente allontanata dagli aspetti che caratterizzano profondamente il Buddhismo, come l’altruismo e il superamento dell’attaccamento al sé, che sono stati parallelamente sostituiti da una mentalità orientata al mercato e al consumismo» (p. 139).
Da qui provengono ulteriori domande circa lo statuto epistemologico della mindfulness, e soprattutto sulla possibilità di testarne l’efficacia. Domande alle quali è molto difficile rispondere, perché tale verifica richiede procedure impossibili da applicare a essa, come il doppio cieco e il confronto incrociato con la somministrazione di un placebo; questa impossibilità la esclude dall’ambito delle scienze esatte, nonostante essa venga da anni applicata alle scienze cognitive e alle neuroscienze.
Rimane il campo della psicoterapia, oggetto dell’ultimo capitolo del libro. L’autore, riportando un’indagine compiuta su almeno 500 proposte terapeutiche, nota come a una tale varietà possa essere applicata la sentenza dell’uccello Dodo di Alice nel paese delle meraviglie, che alla fine della gara sentenzia: «“Tutti hanno vinto e tutti devono ricevere un premio”. Il Dodo Bird Verdict, il verdetto dell’uccello Dodo, è il termine oggi impiegato per riferirsi alla nozione che tutte le psicoterapie causano effetti equivalenti» (p. 203). Senza conoscerne il motivo.
A ciò si aggiunge la questione del curriculum richiesto per diventare operatore mindfulness, e il valore della certificazione di chi è ritenuto idoneo. La lunga indagine lascia alla fine irrisolto il quesito iniziale: «percepire lo iato che si è approfondito tra le origini spirituali della meditazione buddista e il mondo obiettivo e materialistico della medicina basata sulle prove di efficacia» (p. 212). Solo gli anni a venire potranno mostrare quale veste assumerà in Occidente il buddismo mindfulness.
TULLIO GIRALDI
Mindfulness e psicoterapia
Bologna, il Mulino, 2020, 248, € 20,00.