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Le cose che non ci diciamo (fino in fondo) di Giovanni Luchetti

Le cose che non ci diciamo (fino in fondo)

Quaderno 4097 - pag. 511 - 513

8 Marzo 2021


Dire la «verità», ponendola al centro e non ai margini della riflessione pubblica, è di per sé una delle qualità principali di questo saggio di Ferruccio De Bortoli.

Noi non diciamo le cose fino in fondo, perché è più facile cedere a narrazioni di comodo e rappresentare una realtà che purtroppo è soltanto immaginaria. Una delle cose che non vengono dette è che l’Italia vive da anni al di sopra delle sue possibilità. «Continuiamo, dunque, a pensare che si possa spendere all’infinito. Senza mai pagarne il conto. Che facendo più deficit si torni a crescere. Che si possa vivere di sussidi. Trasferire il reddito anziché crearlo. E sia sufficiente per riprendere un cammino di sviluppo stimolare la domanda ma non rinnovare l’offerta. Dunque, si ostacola la riorganizzazione delle aziende (che avviene anche licenziando, perché no?). La produttività è un concetto oscuro (scambiata per il cottimo)» (p. 11).

A proposito di produttività, le risorse del programma Recovery and Resilience Facility, di cui siamo in attesa, pari a circa 209 miliardi di euro, più gli altri strumenti messi a disposizione dall’Unione Europea e dalla sua Banca centrale, forniscono all’Italia un’occasione storica per diventare più moderna, competitiva e, soprattutto, equa. Se sapremo spenderli bene, per investimenti nella digitalizzazione, nelle infrastrutture e, in particolare, nel capitale umano, sfuggiremo al declino. Se accontenteremo tutte le corporazioni italiane, ci condanneremo a essere ancora di più un Paese povero e marginale.

E qui si manifesta il tema di fondo del saggio: la trascuratezza del capitale umano. Infatti, non viene portato avanti in Italia un dibattito approfondito su come farlo crescere. Sembra quasi che per noi non sia una necessità vitale e una visione strategica: «C’è qualcosa di patologico nel vuoto del dibattito su istruzione, formazione, capitale umano, nella colpevole distrazione collettiva. In questo modo dimostriamo che la cura del capitale umano non è ritenuta essenziale. […] E non è solo colpa del governo […], della classe dirigente pubblica come di quella privata. È il riflesso suicida di una società anziana concentrata su sé stessa, sulla conservazione del proprio potere, del proprio benessere, del tutto ingiusta nei confronti delle giovani generazioni (che appunto se ne vanno)» (p. 89).

Nel gran proliferare di iniziative indirizzate alla cura del capitale umano al tempo del Covid-19, sta iniziando finalmente a emergere uno sguardo nuovo: come affrontare il «dopo». Lo stiamo sentendo ripetere spesso: dopo la pandemia il mondo non sarà più lo stesso, anche il mondo delle imprese. L’auspicio è che questo cambiamento non sia solo l’esito di una crisi non prevista e severamente disruptive, ma possa essere anche occasione di ripensamento per la cura della casa comune.

«Uno dei momenti più drammatici e significativi del 2020 è stata la preghiera di papa Francesco sul sagrato della basilica di san Pietro, spettralmente vuoto, il 27 marzo. È “il tempo di scegliere – disse in quell’occasione l’ex vescovo di Buenos Aires – che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”. La cura della casa comune è al centro dell’enciclica Laudato si’ e anche della più recente Fratelli tutti. Nei mesi della quarantena gli italiani nel complesso hanno dimostrato di saperla curare la casa comune, di avere a cuore la salute pubblica. Ora si tratta di non disperdere quell’immenso capitale sociale ritornando a coltivare i difetti di sempre. E dimenticare così le virtù sprigionate dall’emergenza» (p. 140).

FERRUCCIO DE BORTOLI
Le cose che non ci diciamo (fino in fondo)
Milano, Garzanti, 2020, 160, € 16,00.


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Autore

Ferruccio De Bortoli

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