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Questo libro – tradotto dall’inglese da Tiziana Losa, e prefato elegantemente nonché autobiograficamente dal XIV Dalai Lama – è una presentazione globale di Tsongkhapa (1357-1419), la figura più influente della storia buddhista tibetana, grande studioso e yogī, maestro meticoloso dell’analisi filosofico-critica per il conseguimento dell’illuminazione – nel solco di Nāgārjuna, Āryadeva e Candrakīrti – e fondatore della scuola Geluk (letteralmente: «la tradizione del monastero Ganden», fondato da Tsongkhapa nel 1409) del buddhismo tibetano. L’A. è monaco, professore presso la Scuola di studi religiosi della McGill University di Montreal e principale interprete in inglese del Dalai Lama.
Tsongkhapa, nella sua vita, integrò intelletto e spirito: l’indagine razionale sostenne la visione spirituale dell’illuminazione. La sua interpretazione della filosofia della vacuità di Nāgārjuna portò a una scuola di pensiero Madhyamaka, nuova in Tibet. I suoi scritti sono raccolti in 18 volumi. Celebre è il Grande trattato sugli stadi del sentiero dell’illuminazione (in tibetano, Lamrim chemno) del 1402, un’opera monumentale. Il gesuita Ippolito Desideri (1684-1733), riconoscendo che la cultura intellettuale tibetana era dialettica, la tradusse in italiano: era il primo importante testo tibetano a essere tradotto in una lingua europea. L’intento del gesuita era di studiarla per confutarla. Di fatto, la Chiesa cattolica proibì – nel 1732 – la pubblicazione di qualsiasi scritto della missione in Tibet dei gesuiti, e quindi la confutazione di Desideri – quattro opere scritte in tibetano – non ebbe alcun risultato.
Un’altra opera di sintesi di Tsongkhapa fu il Grande trattato sugli stadi del sentiero del Tantra del 1405. Con queste due opere sintetiche, Tsongkhapa realizzò la relazione tra il sentiero Mahāyāna e quello «esoterico» del Vajrayāna.
Thupten Jinpa illustra doviziosamente le tappe evolutive della vita di Tsongkhapa, attraverso cui la sua produzione speculativa si realizza. Il motore di quest’ultima è la domanda sulla corretta comprensione della vacuità, secondo il Trattato sulla Via di Mezzo di Nāgārjuna, l’Entrare nella Via di Mezzo di Candrakīrti e le Quattrocento stanze di Āryadeva, la cui meditazione è incomparabile, caratterizzata usualmente da tre qualità: beatitudine, chiarezza e aconcettualità. La risposta si formula progressivamente in virtù del colloquio – anche epistolare – con l’insegnante personale Rendawa Shönnu Lodrö (1349-1412). La relazione si evolve, lungo tutta la vita, in un rapporto tra colleghi, e soprattutto dell’assistenza evocante del guru misterioso Mañjuśrī, divinità di meditazione che comunica, prima attraverso un medium, e poi attraverso apparizioni dirette, fino alla morte. Tsongkhapa persevera instancabilmente – al fine di conseguire la risposta – nella pratica della dottrina del Buddha, attraverso la combinazione di apprendimento, riflessione critica e meditazione.
Nel 1397 sperimenta una svolta: dopo un sogno profetico riguardante Nāgārjuna e leggendo l’esposizione di Buddhapālita sul Trattato sulla Via di Mezzo di Nāgārjuna, riceve improvvisamente la chiarezza sulla demarcazione tra ciò che è negato nella vacuità e ciò che è lasciato intatto: l’assenza totale dell’oggettivazione non implica il nichilismo né lo scetticismo, ossia il significato della vacuità è l’«origine dipendente», secondo la celeberrima formula del Sūtra del cuore: «La forma è la vacuità, la vacuità è la forma; la vacuità non è altro che la forma; la forma non è altro che la vacuità». Il graal di Tsongkhapa è la non-dualità tra soggetto e oggetto, oltre la coscienza ordinaria; quindi l’unione inseparabile di beatitudine e vacuità; da qui, lo stato mentale beato, ossia non-duale e libero dal pensiero concettuale. La saggezza della vacuità rimane al centro del viaggio verso l’illuminazione sui due sentieri del Mahāyāna e del Tantra.
Chissà se la confutazione abortita di Desideri possa far luogo a una comprensione comparativa tra l’esperienza meditativa di Tsongkhapa e quella trascendentale emergente tra i gesuiti dalla seconda metà del Novecento! Questo libro chiaro ed eloquente aiuterebbe anche a questo confronto.