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Nell’esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini Benedetto XVI ha introdotto per la prima volta in un testo magisteriale la nozione di «sacramentalità della Parola», invitando i teologi ad approfondirne le implicanze e le potenzialità. A 10 anni da quel documento, un saggio scritto da Andrea Bozzolo, teologo sistematico specializzato in sacramentaria, e Marco Pavan, biblista, presenta una ricerca interdisciplinare dedicata al chiarimento teorico della nozione e all’elaborazione della sua portata teologica. L’interesse del tema emerge soprattutto dal suo porsi alla confluenza di diversi percorsi teologici del nostro tempo.
Un primo filone proviene ovviamente dal rinnovamento della comprensione della rivelazione, nel suo compiersi con «eventi e parole intimamente connessi» (Dei Verbum, n. 2). La correlazione intrinseca tra il valore comunicativo della parola e l’efficacia operativa del gesto impone il superamento di ogni residuo intellettualistico nel modo di intendere la parola di Dio e l’acquisizione del suo carattere performativo.
A questo si collega – ed è il secondo filone – l’esigenza di escludere ogni dicotomia tra annuncio e celebrazione. L’elemento non va dato per scontato, se si pensa che fino al Concilio Vaticano II la prima parte della celebrazione eucaristica veniva abitualmente definita «Messa didattica», espressione che lasciava chiaramente intendere che la proclamazione della Parola in ambito liturgico era intesa meramente come momento «previo» al sacramento vero e proprio. Quindi, la proclamazione della Scrittura non entrava in alcun modo nella costituzione ontologica del segno efficace della grazia.
Il terzo motivo di interesse della questione è quello ecumenico. La resistenza della teologia moderna a integrare la Parola nel sacramento proveniva (anche) dalla contrapposizione alla concezione di Lutero, che invece faceva del culto essenzialmente un atto di predicazione.
Per arricchire infine il quadro degli elementi in gioco occorre riferirsi al dibattito recente delle scienze linguistiche e dell’ermeneutica filosofica sulla natura del linguaggio come sistema e come evento, come parola scritta e come atto di lettura.
Gli autori guidano il lettore nella trama complessa di questi temi, offrendo una limpida proposta interpretativa. Il volume è articolato in quattro sezioni. La prima ricostruisce il percorso che ha condotto il magistero recente a formulare il tema della sacramentalità della Parola, seguendo le tappe principali della sua acquisizione. La ricognizione si apre poi ad alcuni momenti salienti della tradizione – Origene, Agostino e Tommaso d’Aquino –, incluso il passaggio decisivo della vicenda luterana. La seconda sezione s’interroga sulla possibilità di un discorso «biblico» sulla «sacramentalità della Parola» alla luce di alcuni passi scelti dell’Antico e del Nuovo Testamento. La terza sezione esamina criticamente le proposte teoriche più rilevanti che nel corso del Novecento hanno offerto un’elaborazione coerente di questo tema (Rahner, Jüngel e Chauvet). L’ultima sezione è dedicata a una ripresa delle questioni bibliche e teologiche implicate nel tema.
La tesi conclusiva del volume, condivisa dai due autori, consiste nella «gravitazione della Parola in direzione del Corpo». Biblicamente, la sacramentalità della Parola si afferma in ragione del suo «compimento» cristologico, mentre liturgicamente si afferma in ragione della «celebrazione» quale vertice della comunicazione umana e divina. La sacramentalità della Parola mostra che «il dirsi di Dio è veramente compreso solo nel contesto del Suo darsi», ossia che la Parola è veramente compresa e realizza la sua profonda efficacia quando è pronunciata dal suo Referente, il Signore risorto nel suo comunicarsi nuziale alla sua Chiesa.
ANDREA BOZZOLO – MARCO PAVAN
La sacramentalità della Parola
Brescia, Queriniana, 2020,336, € 22,00.