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Il bel libro di Francesco Comina, giornalista e scrittore di Bolzano, ci mette di fronte a una questione di coscienza. In primo luogo, quella delle persone che l’A. ha voluto quasi rievocare dai cassetti dell’oblio, con una scelta narrativa dichiarata, a metà tra la raccolta epistolare e la fiction storica. In secondo luogo, la coscienza di chi legge, che viene sfidata a ridestarsi da un torpore mai abbastanza scosso in questi anni, soprattutto a certe latitudini, anche nella stessa Chiesa cattolica.
Ci furono persone che dissero «no» a Hitler? Comina ci ricorda che la risposta è «sì», e anche a prezzo della vita: la lama del titolo è quella della ghigliottina, che per quasi tutti è stata la soluzione finale. Tra queste persone si annoverano molti cattolici, uomini e donne «più forti dell’odio», che per fede hanno maturato, non senza paure e dubbi, il coraggio di rifiutare l’ubriacatura nazista. Spesso si tratta di testimoni minimi, dimenticati o comunque non celebrati al pari dei fratelli Scholl, e del resto del gruppo della Rosa Bianca. Influencer perdenti, a volte senza follower nemmeno tra i congiunti, che però ancora oggi ispirano qualcuno.
Il più noto è probabilmente Franz Jägerstätter, il contadino austriaco magnificamente raccontato dal lungometraggio di Terrence Malick, La vita nascosta. Jägerstätter fu l’unico abitante del piccolo villaggio di Sankt Radegund a votare contro l’Anschluss, nel 1938; scoppiata poi la Seconda guerra mondiale, costretto ad arruolarsi, si rifiutò consapevolmente di giurare fedeltà a Hitler e di combattere per il nazismo. Per questo sarà condannato a morte per tradimento.
Franz era uno di quei cristiani «che antepongono Dio allo stato, la verità alla patria, la giustizia ai propri interessi», di cui scriveva già nel 1924 il sacerdote tedesco Max J. Metzger, condannato più di 20 anni dopo per il suo attivismo pacifista e le sue critiche a Hitler, e ghigliottinato nell’aprile del 1944. Insieme alla storia di Jägerstätter e Metzger, Comina infila – in questo delicato e appassionato reliquiario di santi della porta accanto – quelle di Franz Reinisch, Josef Mayr-Nusser, Maria Angela Autsch, del giovanissimo Walter Klingenbeck, e poi quelle di Eva-Maria Buch, Maria Terwiel, Heinrich Dalla Rosa e la dimenticata storia delle 2.000 reclute delle SS del reggimento di Bressanone.
Una delle testimonianze-chiave è quella di una delle figlie di Jägerstätter, Maria, incontrata di persona dall’A. nel 2022 nei suoi pellegrinaggi a caccia di materiale e memorie. Maria gli racconta un aneddoto recente, esemplare e grottesco. Ricoverata in una clinica, nella stessa stanza di un’anziana signora, scambiandosi qualche informazione biografica essenziale, lei dice di essere originaria di Sankt Radegund. La sua interlocutrice risponde di getto: «Ah, del paese dove ha vissuto quel matto che è stato ucciso dai nazisti?».
Infine, un piccolo rilievo critico. Per sincero – e comprensibile – entusiasmo, forse l’autore eccede nella sovrainterpretazione della spiritualità di questi testimoni, cercando di descriverne la mistica, quando forse non era né per tutti così cosciente né strutturata: essa andrebbe «solo» faticosamente contemplata, nella pura ed essenziale estetica delle scelte fatte. Lasciando che riecheggino nel silenzio del cuore di ciascuno.