Dal 30 novembre al 13 dicembre 2023 si è tenuta a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (Eau), la ventottesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, meglio conosciuta come Cop28. Nel suo discorso di chiusura, Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Onu per il cambiamento climatico, ha detto che, sebbene l’era dei combustibili fossili non si sia conclusa a Dubai, l’accordo che lì è stato raggiunto rappresenta l’inizio della sua fine, e spetta ora ai governi nazionali e alle aziende la missione urgente di trasformare questi impegni in risultati economici reali[1]. Il comunicato conclusivo ufficiale afferma che le cose vanno per il meglio: la causa dei nostri mali ambientali ha i giorni contati.
In questo articolo ci proponiamo di fare una riflessione sulla situazione climatica prima del vertice e sulle aspettative politiche che esso aveva suscitato. Quindi ripercorreremo l’agenda della Cop28 e gli accordi raggiunti. In conclusione, ci chiederemo se in effetti ci siano ragioni sufficienti per essere ottimisti e credere che l’annunciato «inizio della fine» dell’era dei combustibili fossili ci consenta di tirare il fiato, nonostante nella mente di tutti noi sia ancora vivo il ricordo della scorsa estate, quasi apocalittica.
Siamo già nell’era del disastro climatico?
A metà dell’estate scorsa, quando luglio era sulla buona strada per diventare il mese più caldo mai registrato nella storia, António Guterres, segretario generale dell’Onu, ha affermato che l’era del riscaldamento globale era finita e aveva lasciato il posto all’era dell’ebollizione globale: un evento senza precedenti, un fatto terrificante[2].
In effetti, gli scienziati del clima ritengono che lo scorso luglio sia stato probabilmente il mese più caldo degli ultimi 120.000 anni. Quest’estate il nostro Pianeta è avvampato. Le ondate di caldo torrido si sono prolungate, causando incendi distruttivi, siccità interminabili e tempeste devastanti. L’aumento delle temperature non è stato un fenomeno solo estivo: secondo l’agenzia europea Copernicus[3], il 2023 ha battuto tutti i record e va registrato come l’anno più caldo di sempre[4].
Dati della Nasa informano che in Canada, la scorsa estate, gli incendi hanno bruciato circa 18,4 milioni di ettari di terreno, un’area grande più o meno quanto il Nord Dakota (183.125 kmq)e più della Grecia (131.957 kmq). Fino ad allora la media annuale canadese degli incendi ammontava a 2,5 milioni di ettari[5]. Il fumo ha costretto milioni di canadesi e statunitensi a chiudersi in casa per evitare danni respiratori. Avranno forse sfruttato l’occasione per ascoltare e
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