«L’anima, in effetti, s’immagina Dio e lo contempla, più che può, quando la fede la illumina»[1]. È questa la proposta di preghiera immaginativa che Cirillo di Gerusalemme (315-387) faceva ai suoi catecumeni 1.700 anni fa. A suo fondamento c’è la «luce della fede», immagine nata dalla Sacra Scrittura, in particolare là dove Gesù restituisce la vista ai ciechi. Costante nella tradizione teologica e mistica, l’immagine è stata riproposta dall’enciclica Lumen fidei di papa Francesco[2]. Secondo Cirillo, se questa luce fedele e fiduciosa abita l’anima, i discepoli di Cristo possono immaginare Dio, e quindi contemplarlo. Senza immaginazione o immagini, non c’è unione con Dio.
Tuttavia, bisogna constatare, in noi stessi e intorno a noi, una vera e propria colonizzazione della nostra immaginazione che provoca danni e smarrimento. Ondate di immagini si impongono a noi e oscurano la nostra visione di Dio, della creazione, degli altri e di noi stessi. Siamo invasi dalla pubblicità, dai social network e dai «canali di notizie continue», e perfino dalle fake news o dalle immagini generate dall’intelligenza artificiale. Spesso, purtroppo, queste immagini colonizzatrici sono tanto più «realistiche» quanto più «false». Basti pensare al successo, effimero e delirante, nella primavera del 2023, di un’immagine
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