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Lo scorso 27 dicembre 2023 è stato il 350° anniversario della prima delle apparizioni del Signore Gesù a santa Margherita Maria Alacoque nel monastero della Visitazione di Paray-le-Monial[1]. Queste apparizioni durarono 17 anni, e hanno plasmato notevolmente la fede vissuta di tutto il popolo cristiano, particolarmente nella devozione al Sacro Cuore di Gesù, che, sebbene implicita nelle Scritture stesse e sviluppata già nel Medioevo, trovò nel messaggio affidato alla Santa un grandissimo impulso, che la traghettò nel mondo moderno.
Desideriamo portare qui uno sguardo sui fatti accaduti, per coglierne ancora quel dinamismo primigenio che può anche oggi aiutarci a vivere con maggiore generosità e «affetto» (nel senso ignaziano del termine), il nostro voler «lodare, servire e riverire Dio nostro Signore»[2]. Dobbiamo necessariamente sottolineare alcuni aspetti, trascurandone altri che meriterebbero maggiore attenzione, e quindi limitandoci a una veloce disamina dei fatti. Le rivelazioni alle quali qui accenniamo sono solo alcune, che scegliamo per la loro particolare rilevanza, senza nessuna pretesa di esaustività.
La prima rivelazione e l’inizio delle esperienze mistiche
La prima rivelazione, avvenuta appunto il 27 dicembre 1673, memoria liturgica di san Giovanni evangelista, vede la Santa immersa nella medesima esperienza del discepolo prediletto, mentre viene invitata a porre il capo sul petto, cioè sul cuore, del Salvatore[3]. Lei afferma: «Mi abbandonai al suo divino Spirito e […] mi fece riposare a lungo sul suo divin Petto e mi scoprì le meraviglie del suo amore e i segreti inesplicabili del suo Sacro Cuore, che mi aveva tenuti nascosti fino a quel momento, nel quale me lo aprì per la prima volta»[4]. È nello Spirito che il Risorto si rivela a noi, e questo segna un esodo, un primo momento, che è il rinascere dall’alto nello Spirito; segna il passaggio dalla legge all’amore, il passaggio, per Margherita Maria come per ognuno di noi, da una vita di generosa osservanza all’adozione a figli. Insomma, è l’esperienza della Pasqua.
Per la Santa, questo è l’inizio di una nuova missione: «Il mio Cuore divino è così appassionato d’amore per gli uomini, e per te in modo speciale, che, non potendo più contenere in sé le fiamme della sua carità ardente, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza necessarie per ritrarli dal precipizio della perdizione. Per portare a compimento questo mio grande disegno ho scelto te, abisso d’indegnità e di ignoranza, affinché appaia chiaro che tutto si compie per mezzo mio»[5].
Il carisma, il dono di grazia, cioè la mistica, è sempre in vista dell’edificazione di tutta la Chiesa, e il Signore, parlando a Margherita Maria, desidera parlare a tutti: sceglie ciò che nel mondo è debole, ciò che è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a lui, come insegna san Paolo. Come vedremo, tra le grazie apportate dalla testimonianza di Margherita Maria ci sono in particolare l’immagine stessa del Cuore del Salvatore, l’Ora santa e la Comunione riparatrice nei primi venerdì del mese, che hanno segnato, e segnano tuttora, la vita spirituale di milioni di cristiani. Questi hanno trovato in esse una sorgente inesauribile di sostegno e forza nella loro vita.
La seconda rivelazione
Nel 1674, come apprendiamo da una lettera a p. Jean Croiset, il Signore si rivelò di nuovo alla Santa. In tale apparizione le manifestò il suo desiderio di servirsi dell’immagine del suo Cuore di carne per stabilire il suo Regno in coloro che avrebbero voluto abbracciare tale devozione: «Questo divin Cuore mi fu presentato come in un trono di fiamme, più sfolgorante di un sole e trasparente come un cristallo, con la piaga adorabile; esso era circondato da una corona di spine che significavano le punture che gli recavano i nostri peccati e sormontato da una croce, che significava come dai primi istanti della sua incarnazione, cioè dal momento in cui questo Sacro Cuore fu formato, la croce vi fu piantata, ed esso fu riempito fin da quei primi istanti di tutte le amarezze che dovevano causargli le umiliazioni, la povertà, i dolori e disprezzi che la sua sacra Umanità doveva soffrire lungo tutto il corso della sua vita e della sua santa passione. E mi fece vedere come l’ardente desiderio di essere amato dagli uomini e di ritirarli dalla via della perdizione […] gli aveva fatto concepire questo desiderio di manifestare il suo Cuore agli uomini […] che bisognava onorare sotto la figura di questo Cuore di carne […] e dovunque questa santa immagine sarà esposta per esservi onorata, egli vi espanderà le sue grazie e le sue benedizioni»[6].
Il teologo gesuita Charles-André Bernard (1923-2001) ha mostrato come la mistica e la Scrittura si rinviino reciprocamente[7], e in particolare come le visioni di cui parliamo siano strettamente corrispondenti al roveto ardente e alle immagini dell’Apocalisse: lo Spirito ricorda a noi quello che Gesù ha detto e, più in profondità, ciò che lui è, parlando a noi come un tempo, muovendo l’intelletto e l’affetto per mezzo di immagini. Il simbolo, che fa pensare, è infatti più ricco del semplice linguaggio descrittivo, e la metafora è propria del linguaggio del sacro, come della poesia. Di fatto, molti hanno sottolineato come nel secolo nel quale il razionalismo comincia a imporsi come narrazione unica del vero, e l’io pensante more geometrico come unica fonte del sapere, siamo riportati al «cuore», e non alla «mente», al simbolo, e non alla definizione.
Del resto, il continuo riferimento ai tesori d’amore e di misericordia, al desiderio stesso del Signore di ricevere compassione e amore dagli uomini, riassunti dall’immagine del suo Cuore, è stato, per così dire, un antidoto al giansenismo, cioè alla lettura unilaterale e deformata del pensiero di Agostino avviata da Giansenio, vescovo di Ypres, nel Belgio. Questa lettura conduceva a una spiritualità e a una conseguente prassi ecclesiale rigide e senz’anima. La Chiesa in quel momento sembrava aver dimenticato addirittura che Dio è amore, e questa forse è la peggiore di tutte le eresie della storia. Così, a quel tempo, accostarsi all’Eucaristia nei nove primi venerdì del mese appariva un’enormità, tanto da poter essere sentito quasi come un abuso: come può l’uomo, indegno peccatore, accostarsi a Gesù? E così i gesuiti, collegati da sempre a tale devozione, e i «cordicoli» loro alleati vennero accusati di lassismo: dove andremo a finire, se si parla troppo di misericordia? Com’è evidente, questi non sono problemi completamente superati neppure oggi.
Da santa Margherita Maria ebbero dunque impulso le numerosissime raffigurazioni del Sacro Cuore: da quella iniziale, da lei stessa disegnata ed esposta alle sue consorelle, fino alla nota rappresentazione di Pompeo Girolamo Batoni, illustre pittore settecentesco, ora esposta nella chiesa del Gesù di Roma, e riprodotta in innumerevoli immaginette a uso privato dei fedeli: di qui anche l’uso di portarne addosso una, in scapolari o piccoli scudi – le cosiddette «salvaguardie» –, quasi a tutela della propria persona dai pericoli dell’anima e del corpo. Davvero il Signore si è servito di questa donna per portare il suo messaggio di amore a molti: questo è lo spirito di profezia[8].
La terza rivelazione
Il 2 luglio 1674 il Signore si rivelò ancora alla Santa e, lamentandosi che il suo immenso amore era ignorato e non corrisposto dalla maggior parte degli uomini, le disse: «Questo mi fa soffrire più di tutto ciò che ho patito nella mia Passione, mentre, se in cambio mi rendessero almeno un po’ di amore, stimerei poco ciò che ho fatto per loro e vorrei, se fosse possibile, fare ancora di più. Invece non ho dagli uomini che freddezze e ripulse alle infinite premure che mi prendo per far loro del bene»[9]. A partire da qui comincia a delinearsi la particolare missione alla quale la Santa era chiamata, e con lei innumerevoli cristiani: la spiritualità riparatrice, volta cioè a offrire amore, lode e riparazione all’amore di Cristo, non solo a favore di tutti gli uomini, ma anche al loro posto, nel mistero inesauribile della comunione dei santi.
Ecco quanto, secondo la sua testimonianza, il Signore stesso le disse: «Ti comunicherai il primo venerdì di ogni mese; e tutte le notti che vanno dal giovedì al venerdì ti farò partecipe di quella mortale tristezza che ho provato nell’Orto degli Ulivi. Sarà un’amarezza che ti porterà, senza che tu possa comprenderlo, ad una specie di agonia più dura della stessa morte, per tenermi compagnia in quell’umile preghiera che allora, in mezzo alle mie angosce, presenterai al Padre, ti alzerai tra le undici e mezzanotte per prostrarti con la faccia a terra, insieme a me, per un’ora. E questo sia per placare la divina collera, col chiedere misericordia per i peccatori, sia per addolcire in qualche modo l’amarezza che provai per l’abbandono dei miei Apostoli»[10].
È a partire da questa terza rivelazione che si sono diffuse, tra il popolo cristiano, due forme qualificate di vivere la spiritualità del Cuore di Cristo: la Comunione riparatrice del primo venerdì di ogni mese, e la cosiddetta «Ora santa». La Chiesa è poi intervenuta, specificando che quanto era stato esplicitamente chiesto da Gesù a santa Margherita Maria non doveva essere sentito come necessario per tutti: in tal modo, il pio esercizio dell’Ora santa, come momento nel quale il fedele vive in sé stesso le parole di Gesù «Vegliate e pregate per non entrare in tentazione» (Mc 14,38) può essere compiuto dal pomeriggio del giovedì fino al venerdì mattina, e non sono richieste forme esterne particolari o luoghi determinati. Anzi, quel che la Chiesa richiede è semplicemente un’ora intera e continua di orazione mentale o semplicemente vocale, privatamente o in comune, che abbia per oggetto la Passione del Signore, in presenza o meno del Santissimo Sacramento, al fine di implorare misericordia per i peccatori e per consolare Gesù dell’abbandono che ricevette e che continua a ricevere, perché la sua Passione continuerà fino alla fine del mondo, in particolare nei suoi poveri: «L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati» (Sal 69,21).
È evidente che una preghiera simile è sempre molto gradita a Dio, in qualunque ora o giorno venga fatta. Ma è pur vero che il giovedì notte ha un significato del tutto particolare: è il ricordo di «quel» giovedì notte, di quell’ora nella quale sembrò vittorioso il potere delle tenebre. La notte non è solo il buio esteriore, ma anche quello interiore. Così siamo portati a imparare a illuminare la notte con la preghiera: la nostra notte personale, quella del mondo, e forse anche la notte della Chiesa. Del resto, è a mezzanotte che arriva lo Sposo e gli corriamo incontro (cfr Mt 25,6): il cuore di Cristo, sul quale il discepolo prediletto poggia il capo, è il cuore o petto dello Sposo, al quale la sposa dice, nell’intimità dell’amore: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore» (Ct 8,6).
I podcast de “La Civiltà Cattolica” | ARTE, TRA PASSATO E PRESENTE
Le opere d’arte possono rappresentare ancora uno stimolo per una riflessione sulle tematiche di oggi? Un viaggio in 10 episodi tra le opere di alcuni dei più grandi artisti della storia passata e contemporanea.
Di nuovo, vediamo come il Signore si sia servito concretamente di questa donna, suscitando in lei lo spirito profetico, che è la testimonianza di Gesù Cristo, per spingere innumerevoli uomini e donne a una via di più profonda conoscenza intima di Gesù nella sua Passione, fin quasi a portarla in sé stessi, per il bene del suo Corpo mistico che è la Chiesa. Per incidens, osserviamo come tutto questo sia molto paolino e, per di più, pienamente conforme alla spiritualità ignaziana: non a caso i gesuiti saranno incaricati di diffondere tale spiritualità fra tutto il popolo cristiano.
La «grande promessa»
In una lettera scritta dalla Santa alla sua superiora, la Madre de Saumaise, viene specificato che, in una nuova rivelazione, il Signore aveva fatto alcune particolari promesse a coloro che si fossero accostati all’Eucaristia nel primo venerdì di nove mesi consecutivi. In particolare: «Io ti prometto, nell’eccesso della misericordia del mio Cuore, che il mio amore onnipotente accorderà a tutti coloro che si comunicheranno nei nove primi venerdì del mese di seguito, la grazia della perseveranza finale. Essi non moriranno in mia disgrazia, né senza ricevere i sacramenti, se necessario, ed il mio divin Cuore sarà per loro asilo sicuro in quell’ora estrema»[11]. È interessante osservare che queste parole sono state riprese da papa Benedetto XV nella Bolla di canonizzazione della Santa, caso davvero insolito: molti ritengono che ciò significhi confermare, col carisma dell’autorità pontificia, l’attendibilità di tale promessa, definita appunto «grande» per antonomasia, dato il suo formidabile oggetto, la stessa salvezza dell’anima.
Mantenere un proposito sincero di accostarsi debitamente all’Eucaristia per nove mesi di seguito costituisce un cammino di fede non indifferente e impedisce psicologicamente la connivenza con il peccato. Inoltre, l’esperienza conferma che questo si trasforma facilmente anche in una più frequente celebrazione del sacramento della penitenza e tenderà a prolungarsi in tempi di adorazione più ampi, e quindi in una più profonda unione con il Signore, che manifesterà certamente i suoi frutti in una vita cristiana più intensa e fervorosa. Quei «nove» venerdì possono infatti ricordare i nove mesi della gestazione, come se l’anima venisse in qualche modo rigenerata dallo Spirito, come per nove mesi lo è stata nella carne. Sarebbe un errore pastorale indebolire o estinguere tale pratica fra il popolo cristiano, non promuovendola o, peggio ancora, denigrandola.
A noi può sembrare cosa da poco quanto viene qui richiesto, ma, come abbiamo già osservato, in quei tempi la gente non si accostava più ai sacramenti, tanto venivano sottolineate la gravità del peccato, la necessità di una penitenza adeguata e le disposizioni interiori richieste per ricevere degnamente la Comunione. Ci si può dimenticare di Gesù e del suo amore anche per motivi apparentemente buoni, semplicemente dimenticandosi che, se grande è il nostro peccato, è più grande l’amore di Dio, e che, se è vero che dobbiamo fare penitenza, vera e perfetta penitenza per i nostri peccati è la stessa Passione di Gesù, che lui ha sopportato per noi. Del resto, Gesù ama e accoglie i peccatori, come il Vangelo mostra abbondantemente, e quindi accoglie anche le nostre disposizioni, per quanto povere e imperfette esse siano. Sta di fatto che intere generazioni di cristiani hanno compiuto questa pratica e vi hanno trovato aiuto e conforto. Anche questa è la fede vissuta del popolo cristiano, la «teologia del popolo», alla quale papa Francesco richiama.
La quarta rivelazione
Lasciamo ancora la parola alla testimone diretta: «Una volta, mentre ero davanti al santissimo sacramento (era un giorno dell’ottava del Corpus Domini), ricevetti dal mio Dio grazie straordinarie del suo amore; mi sentii spinta dal desiderio di ricambiarlo e di rendergli amore per amore. Egli mi rivolse queste parole: Tu non puoi mostrarmi amore più grande che facendo ciò che tante volte ti ho domandato. Allora, scoprendo il suo divin Cuore mi disse: ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. In segno di riconoscenza, però, non ricevo dalla maggior parte di essi che ingratitudini per le tante irriverenze, i loro sacrilegi e freddezze e disprezzi che essi mi usano in questo sacramento d’amore. Ma ciò che più mi amareggia è che ci siano anche dei cuori a me consacrati che mi trattano così. Per questo ti chiedo che il primo venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini sia dedicato ad una festa particolare per onorare il mio Cuore, ricevendo in quel giorno la santa comunione e facendo un’ammenda d’onore per riparare tutti gli oltraggi ricevuti durante il periodo in cui è stato esposto sugli altari. Io ti prometto che il mio Cuore si dilaterà per effondere con abbondanza le ricchezze del suo divino amore su coloro che gli renderanno questo onore e procureranno che gli sia reso da altri»[12].
È precisamente a partire da qui che nacque l’attuale solennità liturgica del Sacratissimo Cuore di Gesù, fissata da papa Pio IX nel 1856 ed estesa alla Chiesa universale; in precedenza, papa Clemente XIII aveva accordato tale privilegio solamente all’arciconfraternita romana del Sacro Cuore e al regno di Polonia. Come già per la solennità del Corpus Domini, fissata come tale da papa Urbano IV nel 1264 su richiesta di Giuliana di Liegi, anche qui una donna, la Santa visitandina, è all’origine di uno dei movimenti spirituali più fecondi per l’intera cristianità: davvero la mistica guida la Chiesa tutta intera.
Per quanto riguarda il concetto di «onorevole ammenda», esso ci rinvia al diritto feudale dell’Ancien Régime: con essa il colpevole di lesa maestà si accusava pubblicamente di aver leso l’onore e la dignità del proprio signore, ne chiedeva pubblicamente perdono a Dio, alla società e agli uomini; e questa rappresentava pertanto «la pratica con cui la sovrana giustizia consentiva al colpevole, al posto della punizione, la pubblica confessione e ritrattazione del reato che l’aveva offesa»[13]. Le confessioni pubbliche del peccato di Israele nei profeti biblici ne possono rappresentare un antecedente, senza peraltro ricercare tra esse alcun collegamento, se non per l’omogeneità di materia e la medesima dimensione antropologica.
In ogni caso, la grazia presuppone sempre la natura: il Signore parla a ciascuno con il linguaggio, e dunque con la cultura, del suo tempo, in parte ancora mediante la sensibilità personale – e quindi irripetibile – del singolo, e ancora con un significato comune ed estendibile a tutti. Per questo non tutto quello che i santi hanno fatto o sentito può essere esteso a tutti, potendo riguardare solamente loro in quanto tali, oppure le categorie culturali del loro tempo, che possono differire da altri tempi e luoghi. Da qui tuttavia trarrà ispirazione un aspetto molto profondo della spiritualità del Cuore di Cristo, che non possiamo ignorare: la riparazione dei peccati propri e del mondo intero.
Conclusione
Dall’esperienza mistica di santa Margherita Maria Alacoque, come dai suoi scritti, sorsero altre modalità di vivere la spiritualità del Cuore di Cristo, come la consacrazione a lui, personale, familiare e comunitaria[14], e l’offerta della giornata, delle nostre preghiere, azioni, gioie e sofferenze, e infine delle singole ore a lui, affinché le riempia e le santifichi, perché ogni cristiano possa dire, con Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo aspetto venne favorito specialmente dall’Apostolato della Preghiera, opera che si sviluppò nell’Ottocento in seno alla Compagnia di Gesù per mezzo di p. Francesco Saverio Gautrelet, e successivamente di p. Henri Ramière, e che oggi prende il nome di Rete Mondiale di Preghiera del Papa: è un’associazione pubblica di fedeli, e anche oggi sviluppa in modo capillare la devozione al Cuore di Gesù. Essa possiede la qualifica di opera pontificia, e in questo senso la sua importanza è accresciuta da tale qualifica, mentre, secondo gli Statuti, il direttore potrebbe anche non essere un gesuita. In particolare, la Rete Mondiale sviluppa un’intuizione relativamente recente: la preghiera secondo le intenzioni del Papa, alla quale Francesco ha dato particolare rilievo attraverso i videomessaggi mensili in cui le presenta.
Gesuiti e visitandine sono costituiti da Cristo stesso in questo carisma: secondo le parole ricevute dalla Santa[15], ai padri della Compagnia di Gesù il Signore avrebbe fatto dono delle grazie necessarie per promuovere tale spiritualità, e avrebbe effuso benedizioni abbondanti su ogni loro lavoro in questo senso. È da augurarsi che, oggi come ieri, il Signore, con il suo Spirito, continui a suscitare uomini e donne appassionati del suo Cuore, che trovino in esso una sorgente sempre viva di vita spirituale e apostolica. È vero che, dopo il Concilio Vaticano II, nella grande riflessione ecclesiale che ne scaturì e nelle non poche incertezze e scossoni che hanno accompagnato la nostra vita più recente si ha l’impressione che non occupi più quel posto così centrale che aveva fino agli anni Cinquanta, nonostante il fatto che i Papi si siano sempre prefissi di svilupparla in molti modi, e gli stessi Prepositi generali della Compagnia di Gesù più recenti – il p. Peter Hans Kolvenbach, il p. Adolfo Nicolás e il p. Arturo Sosa (quest’ultimo proprio promuovendo la Rete Mondiale di Preghiera del Papa) – abbiano rinnovato i loro sforzi. Forse un motivo sta nel fatto che questa spiritualità fu malauguratamente presentata come legata a rivelazioni private, che hanno una «nota» o qualificazione teologica molto bassa, e in effetti si sono compiuti molti sforzi per riannodarla alla Scrittura come fonte originaria[16] e alla dimensione simbolico-antropologica[17]. Ancora più dannosa si è rivelata la dimensione politica di tale spiritualità, ben presente anche nella storiografia laica, fatta propria dai movimenti antimodernisti e reazionari dell’Ottocento.
Ma siamo convinti che essa possa costituire ancora oggi una fonte inesauribile di ispirazione e di grazia per tutti, laici e chierici, e una spinta al rinnovamento interiore della Chiesa, consapevoli che anche su questo punto «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,29).
Ci piace concludere con le parole di p. Pedro Arrupe: «Voglio dire alla Compagnia qualcosa che ritengo di non dover tacere. Fin dal mio noviziato, sono sempre stato convinto che quella che chiamiamo devozione al Sacro Cuore racchiuda un’espressione simbolica del nucleo più profondo dello spirito ignaziano, e una straordinaria efficacia – ultra quam speraverint – tanto per la perfezione propria come per la fecondità apostolica. La stessa convinzione conservo ancora. […] In questa devozione trovo una delle sorgenti più intime della mia vita interiore»[18].
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[1]. Con l’occasione si è aperto uno speciale Anno giubilare, che si concluderà il 27 giugno 2025, solennità del Sacro Cuore.
[2]. Ignazio di Loyola, s., Esercizi spirituali, n. 23.
[3]. Rinviamo a un’opera fondamentale sull’argomento: D. Di Maso, Sacro Cuore di Gesù. Origine e sviluppo storico del culto e della devozione, Roma, Gangemi, 2023.Da essa attingiamo tutte le informazioni qui riportate.
[4]. Ivi, 148, nota 363.
[5]. Ivi, 149.
[6]. Ivi, 160.
[7]. Cfr Ch.-A. Bernard, La spiritualità del cuore di Cristo, Cinisello Balsamo (Mi), San Paolo, 2015. Questo autore ha il merito di averci dischiuso la profondità della dimensione simbolica di questa spiritualità, che non è una semplice devozione, e delle sue riflessioni sul rapporto tra la mistica e la Scrittura. La spiritualità ha infatti per oggetto l’intero mistero cristiano, nella sua triplice dimensione: intellettuale (o teologia), pratica (o diaconia) e cultica (o liturgia). Le «devozioni» corrispondono invece, almeno nel linguaggio corrente, a pie pratiche, che si possono o meno fare. In tal senso si parla di spiritualità mariana, o eucaristica, o, appunto, del Sacro Cuore, intendendo che a partire da questo aspetto, come da una prospettiva o da un angolo visuale, si contempla e abbraccia tutta la fede. La spiritualità è quindi come un paio d’occhiali attraverso i quali comprendiamo, celebriamo e viviamo tutta la realtà.
[8] . Cfr Ap 19,16: «La testimonianza di Gesù è lo spirito di profezia», nel suo duplice aspetto di genitivo soggettivo – cioè la testimonianza che Gesù rende a sé stesso – e di genitivo oggettivo – cioè la testimonianza che il fedele rende a Gesù.
[9] . D. Di Maso, Sacro Cuore di Gesù…, cit., 162.
[10]. Ivi, 163.
[11]. Ivi, 713.
[12]. Ivi, 165.
[13]. D. Menozzi, Sacro Cuore. Un culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della società, Roma, Viella, 2002, 24.
[14]. Vorremmo ricordare esplicitamente la consacrazione della Compagnia al Cuore di Gesù, proposta da p. Arrupe nel 1972, e anche oggi vivamente raccomandata. Personalmente egli fu un grandissimo appassionato del Cuore di Cristo, come risulta dai suoi scritti, ma la sua prudenza, la sua fiducia verso gli altri, le difficoltà dei tempi gli suggerirono un modo di procedere discreto e modesto, anche nel promuovere all’interno della Compagnia tale spiritualità.
[15]. Cfr D. Di Maso, Sacro Cuore di Gesù…, cit., 176; 179 s.
[16]. Ci permettiamo di rinviare al nostro scritto La spiritualità del Cuore di Cristo. Una proposta, Todi (Pg), Tau, 2021.
[17]. Si veda, su questo punto, l’intera opera del p. Charles-André Bernard, già citata.
[18]. P. Arrupe, In Lui solo la speranza, Milano, Àncora, 1983, 180.