I teologi del XX secolo provavano una particolare attrazione per il linguaggio «personale». La recente difesa della persistente rilevanza del teismo nel clima intellettuale contemporaneo, o «alla luce della scienza moderna», raramente spiega la relazione tra Dio e il mondo in termini, ad esempio, di sostanze interagenti, come sarebbe potuto accadere nel IV secolo[1].
Nell’ambito degli scritti patristici, il concetto di «persona» assunse un nuovo significato dopo essersi imposto inizialmente come risposta alla necessità del cristianesimo di comprendere e di comprendersi nel contesto del pensiero antico, scoprendo nella filosofia greca, con la sua terminologia e i suoi schemi, un mezzo efficace per esprimere la propria fede. Si devono inoltre considerare altri termini che hanno contribuito a comprendere la portata del concetto di «persona», perché nel corso delle dispute teologiche il suo significato più antico (prosopon, «volto») ha perso valore e si è identificato con il termine greco hypostasis, che è stato tradotto in latino con il vocabolo substantia, il cui significato è «fondamento», ossia ciò che è, ciò che si oppone direttamente alle apparenze, ciò che è «dietro».
La «persona» secondo i filosofi attuali
I filosofi contemporanei, sebbene abbiano approfondito i problemi relativi alla «persona», hanno fatto scarso uso dei concetti
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