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Venuto meno l’entusiasmo iniziale, la guerra ha costituito, per la grande maggioranza degli individui che vi hanno combattuto, un’esperienza devastante, capace di segnare la loro esistenza in maniera indelebile. Le sconvolgenti atrocità alle quali assistettero ne hanno ostacolato a lungo, per un verso, il ritorno alla vita di tutti i giorni, suscitando in alcuni, per l’altro verso, la necessità di raccontare e mettere per iscritto quanto avevano visto.
Nemmeno il Primo conflitto mondiale ha rappresentato, sotto questo aspetto, un’eccezione alla regola, dal momento che ha sollecitato l’elaborazione di una narrativa autobiografica di dimensioni sterminate, alla quale hanno fornito il proprio contributo autori quali Gadda, Remarque, Jünger, Hemingway, Barbusse, Cobb, Lussu, Köppen e Dos Passos.
John Dos Passos (1896-1970), il giovane statunitense che, una volta conseguita la laurea a Harvard nel 1916, si era trasferito in Spagna per studiarvi architettura e, nell’Europa martoriata dalla cosiddetta «Grande Guerra», aveva deciso di prestare servizio nel corpo sanitario americano, era stato certamente spettatore di orrende stragi e indicibili sofferenze, le cui tracce sono presenti in tante sue opere, a cominciare da questo primo romanzo, ripubblicato da Marietti 1820, con una suggestiva nota di lettura dell’inviato di guerra Domenico Quirico.
La trama del romanzo si svolge sul fronte francese del 1917. Va osservato, anzitutto, come l’autore abbia raccontato i vari episodi che contribuiscono a comporre l’insieme della narrazione in modo incisivo e in tutta la loro crudezza.
Colpisce al riguardo la sua capacità nel rendere gli odori, i rumori e le luci tanto del fronte quanto delle retrovie: ecco allora il frastuono assordante dei bombardamenti, il crepitio delle mitragliatrici, lo schianto lacerante delle granate. E, in lontananza, il costante riverbero dei cannoni. La guerra viene raccontata in modo estremamente realistico: non tarderà quindi a rivelarsi l’assurda cronaca di un massacro, un insensato mosaico le cui tessere sono costituite in primo luogo dal dolore, dalla morte e dalla distruzione.
Inoltre, va notato come questo possa essere considerato un romanzo di formazione, un’opera letteraria che descrive un itinerario interiore attraverso il quale un’intera generazione arriva a guardare ben presto, con lucidità e disincanto, l’esperienza bellica, a riesaminare l’oceano di menzogne volte a giustificare il conflitto e a riflettere sugli enormi interessi che l’hanno reso possibile. Una valutazione che, malgrado il trascorrere degli anni, sembra proprio non aver perso nulla della sua fondatezza e attualità.
Osserva al riguardo Quirico: «Leggere Iniziazione di un uomo è un antidoto formidabile contro la oscena mentalità che, anche oggi, continua ad attribuire alla guerra un’attrazione più o meno fatale. La bugia di un pessimo cinema e di una sciancata letteratura che vuole farci credere che la guerra possa offrirci, seppure a caro prezzo, quello che in fondo desideriamo, un senso, una ragione di vivere» (pp. 186 s).
Occorre infine sottolineare come in questo romanzo di esordio la qualità della prosa di Dos Passos si riveli già decisamente elevata: grazie alla concisione dei dialoghi, alla scorrevolezza dei periodi, alla ricchezza del lessico e al plurilinguismo, il testo fluisce con un ritmo rapido e costante, capace di avvincere il lettore.
JOHN DOS PASSOS
Iniziazione di un uomo
Bologna, Marietti 1820, 2020, 192, € 14,50.