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Joaquín Navarro-Valls è stato «il portavoce» della Santa Sede per 22 anni, 21 dei quali trascorsi al servizio di Giovanni Paolo II. Navarro è mancato nel 2017. Nel corso della sua direzione della Sala Stampa aveva raccolto molte note personali. Pur avendo in un primo tempo pensato di ordinarle in vista di una pubblicazione, vi aveva rinunciato e le aveva affidate ai responsabili della Facoltà di Comunicazione istituzionale dell’Università della Santa Croce, membri dell’Opus Dei come lui, che hanno condotto in porto il grosso volume che abbiamo fra le mani, il cui originale in spagnolo è stato pubblicato da Editorial Planeta.
Per capire il valore di questo contributo, bisogna coglierne la natura, messa in evidenza dal titolo I miei anni con Giovanni Paolo II. Nel pontificato di Giovanni Paolo II – fra i più lunghi della storia – vi è stato un certo numero di persone che lo hanno accompagnato e conosciuto più da vicino, godendone la fiducia e svolgendo ruoli di grande responsabilità. Fra queste vi è certamente il «Dottor Navarro», già medico e autorevole giornalista, scelto per tempo con felice intuito dal Papa per impostare con nuovo stile la comunicazione al mondo dei media e all’opinione pubblica mondiale dei programmi, progetti e iniziative di un pontificato molto dinamico e di orizzonti larghissimi. Questa comunicazione prende forma e si sviluppa grazie al dialogo frequente e personale fra il Papa e il suo «portavoce».
Il libro parla soprattutto di questo rapporto. Innumerevoli sono le note riferite a pranzi e cene di lavoro con il Papa: è caratteristico di Wojtyła dedicare sistematicamente il tempo dei pasti a incontri e conversazioni «di lavoro» con collaboratori e ospiti. Inoltre, dei 50 brevi capitoli, ben 12 parlano distesamente delle vacanze estive in montagna e delle conversazioni fra il Papa e Navarro in quel clima informale e sereno. La confidenza cresce. Si vede che il portavoce non è solo affascinato dalla personalità umana e dalla ricchezza culturale e spirituale del Papa e dal suo carisma di governo, ma che si stabilisce con lui un legame di affetto sincero, che si approfondirà nei tempi della fragilità fisica del Papa: «Quando me ne vado, dopo avergli baciato la mano, gli do un bacio sulla guancia» (p. 342). Come stupirsi che in un famoso briefing con i giornalisti, mentre il Papa è morente, Navarro non riesca a trattenere la commozione? Dalle memorie traspare anche bene che Navarro è un uomo di fede, e ciò gli permette di entrare in sintonia profonda con il pensiero e i criteri del Papa.
Anche se è chiaro che il volume non va inteso in alcun modo come una nuova narrazione del pontificato di Giovanni Paolo II o una sua biografia, c’è ugualmente molto da imparare. Riportiamo solo due esempi. Navarro parla più volte del morbo di Parkinson di cui soffre il Papa e della sua prima diagnosi sicura a opera di uno specialista spagnolo. Anche sul tema di una possibile rinuncia al pontificato, con l’accentuarsi dell’infermità, vi sono molte annotazioni, più di quanto ci saremmo aspettati. Quanto ai contenuti delle conversazioni, illuminanti sono molte pagine sulla situazione dei Paesi dell’Europa orientale e sui rapporti con la Russia, o sulle posizioni del Papa e i suoi sforzi per la pace in tempi di guerra.
Sul versante del servizio svolto da Navarro per la comunicazione durante il pontificato, il volume non è un trattato sistematico, ma una miniera di esperienze e riflessioni preziose. Vediamo in opera una comunicazione proattiva e non solo di risposta a domande e problemi, ricca di iniziative e mosse strategicamente efficaci, coraggiosa nelle prese di posizione e nel superare i passaggi difficili, orientata a una trasparenza crescente, appoggiata a una rete di rapporti personali ben coltivati con persone capaci di influire sull’opinione pubblica. Vediamo che in alcune occasioni l’esperienza e le capacità di Navarro lo fanno passare dal ruolo di comunicatore a quello di diplomatico, come nella preparazione del viaggio del Papa a Cuba o nelle grandi Conferenze delle Nazioni Unite: al Cairo sulla popolazione, a Pechino sulla donna e a Istanbul sull’ambiente.
La lettura dell’intero volume dà l’impressione di percorrere una parabola in cui l’esperienza di Navarro accompagna quella del Papa nel passare dal tempo dell’energia a quello della maggiore fragilità, e ciò anche nel campo dell’attività comunicativa. Nel riconoscere difficoltà e qualche errore, il portavoce è sincero, possiamo dire umile. Molto efficaci sono le parole conclusive: «Con Giovanni Paolo II si era stabilita una collaborazione basata sulla fiducia, informale, rapida, che oltrepassava la lentezza cronica della Curia. Con il papa tutto era più facile, anche nelle occasioni in cui, per la natura degli argomenti, le cose erano di per sé difficili. L’accesso diretto e continuo alla sua persona mi consentiva di avere il polso della situazione e, pertanto, di poter adattare quello che si comunicava nella sala stampa alla vera realtà di ciò che accadeva. Ammetto che questa non è la normalità. Sono stato un privilegiato. Ma soprattutto sono stato un privilegiato perché ho potuto vedere da vicino un uomo santo» (p. 494).
Facciamo una facile profezia: la figura di Navarro come «portavoce» rimarrà «unica», per la sua importanza e durata, nel contesto di un pontificato «unico» per la sua incisività storica e per la sua lunghezza.