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Nel «Tempio del Dio della Città» di Shanghai, dal dicembre 2017, una targa di pietra onora la memoria del sacerdote gesuita francese Robert Jacquinot de Besange (1878-1946), l’uomo che nell’agosto 1937 salvò centinaia di migliaia di persone istituendo la Zona di sicurezza di Shanghai durante l’invasione della città da parte dell’esercito giapponese[1].
La Zona di sicurezza di Shanghai fu la prima a essere instaurata durante la guerra sino-giapponese e ispirò l’imprenditore tedesco John Rabe a ideare a sua volta un’area di protezione nel corso del massacro di Nanchino, per dare rifugio alla popolazione contro i militari nemici che assalivano la città. In seguito, p. Robert, mettendo a frutto la sua esperienza a Shanghai, istituì un’analoga Zona di sicurezza a Wuhan, nella provincia di Hubei, quando la città fu occupata dalle forze giapponesi nel 1938. Nonostante il suo contributo personale al soccorso dei profughi e la sua feconda azione presso le Nazioni Unite affinché il principio delle Zone di sicurezza trovasse applicazione internazionale, il nome di p. Robert resta ancora relativamente sconosciuto anche nella stessa Compagnia di Gesù e nella Chiesa cattolica.
I primi anni
Robert Charles émile Jacquinot de Besange nacque in una famiglia nobile a Santé, in Francia, il 15 marzo 1878. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1894 e svolse il periodo della formazione in Gran Bretagna e in Belgio. Nel 1913 fu inviato missionario a Shanghai, dove sarebbe rimasto per 26 anni. All’epoca in cui studiava la lingua mandarina alla St. Ignatius School, si scelse un nome secondo lo stile cinese: Rao Jiaju. Nel periodo iniziale della sua missione a Shanghai, p. Robert fu assegnato al servizio di una Congregazione portoghese nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, nel distretto di Hongkou. In seguito divenne cappellano cattolico del Consorzio internazionale mercantile nella Concessione pubblica di Shanghai[2], ed educatore scolastico dei figli degli stranieri che facevano riferimento alla Chiesa cattolica nella città. In quel ruolo godette di privilegi che gli diedero modo di visitare numerosi consolati e di incontrare le autorità della Concessione. Nel maggio 1914 rimase gravemente ferito al braccio destro mentre maneggiava dei fuochi d’artificio nella St. Ignatius School, e da allora divenne un «sacerdote con un braccio solo». Parlava correntemente francese, inglese, giapponese, latino e greco, e in modo eccellente il mandarino e lo shanghainese. La sua importante opera missionaria svolta nel distretto di Hongkou per più di un decennio gettò anche le basi del modello di soccorso ai rifugiati che egli avrebbe successivamente creato a Shanghai.
Nel 1914 p. Robert divenne supervisore alla St. Ignatius School, dove insegnava francese, latino e chimica. In seguito diventò docente di letteratura inglese presso l’Aurora University, gestita dai gesuiti. All’insegnamento e alla predicazione affiancava un preponderante impegno di aiuto ai bisognosi. Acquisì una grande fama per aver protetto le donne e i bambini del distretto di Zhabei durante la guerra civile nel 1927[3], e per aver convinto gli eserciti cinese e giapponese a soccorrere i civili durante la battaglia di Shanghai, il 28 gennaio 1931, nel corso di un breve cessate il fuoco. Ciò gli valse un’ottima reputazione tra le autorità cinesi e giapponesi. Nel 1932, dopo l’«incidente del 28 gennaio»[4], p. Robert negoziò una tregua di quattro ore fra la parte cinese e quella giapponese, riuscendo così a salvare circa 800 tra donne anziane e bambini che non erano ancora riusciti a fuggire dalla zona di guerra. Il sindaco di Shanghai, Wu Tiecheng, gli inviò una lettera ufficiale di apprezzamento. Quando, nel 1937, scoppiò l’«incidente del 13 agosto»[5], p. Robert ricopriva già diverse cariche strategiche: presiedeva l’Associazione shanghaiese umanitaria di volontari cinesi e stranieri (Shanghai Chinese and Foreign Volunteer Relief Association), era membro dell’Associazione internazionale di soccorso di Shanghai (Shanghai International Relief Association), vicedirettore dell’unità di soccorso e vicepresidente della Croce Rossa internazionale di Shanghai. I suoi negoziati, sia con la Cina sia con il Giappone, ebbero successo, e il 9 novembre 1937 fu ufficialmente istituita la Zona per i rifugiati del distretto meridionale.
Le sue opere per e con i rifugiati
Nel 1937, dopo lo scoppio della battaglia di Shanghai (detta anche «battaglia di Songhu») del 13 agosto, i bombardamenti giapponesi e la conseguente devastazione avevano provocato una crisi di rifugiati a Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e in altre aree circostanti la città. Il dramma dei rifugiati era accentuato dall’afflusso di espatriati europei, tra i quali, in particolare, gli ebrei in fuga dalla crescente minaccia nazista. In quei momenti a Shanghai c’erano più di un milione di rifugiati, che la rendevano la quinta città di profughi più grande del mondo. Questo grave problema sociale richiedeva una soluzione rapida ed efficace.
In origine, la Concessione pubblica di Shanghai era aperta a tutti i rifugiati. Ma l’enorme afflusso di profughi portò praticamente alla paralisi la sua capacità operativa. Il loro numero raggiunse il picco di 700.000, sovraccaricando le risorse pubbliche esistenti, che già dovevano prendersi cura di 1,21 milioni di persone[6]. A partire dal 13 agosto 1937, le decine di cancelli che mettevano in comunicazione la Concessione e il confine cinese furono presidiate dai militari, con il compito di controllare il numero e la frequenza di ingressi dei rifugiati. A settembre, ormai venivano richieste autorizzazioni per entrare e per uscire dalle Concessioni. La situazione costrinse molti rifugiati ad ammassarsi all’esterno, nelle vicinanze, soprattutto nell’area del distretto sud.
Il 2 novembre 1937, in quelle critiche circostanze, p. Robert propose a Yu Hongjun, sindaco di Shanghai, di istituire una Zona per la protezione dei rifugiati nel distretto meridionale. Sarebbe stata un’area smilitarizzata, sottratta agli attacchi bellici, e avrebbe tutelato i profughi. La proposta fu subito accolta da Yu Hongjun, il quale precisò che doveva essere garantita la sovranità della Cina. Il 4 novembre, il sindaco approvò l’istituzione della Zona di sicurezza del distretto meridionale, purché fossero garantiti questi quattro princìpi di sovranità territoriale cinese: 1) non ci sarebbero stati negoziati con i giapponesi; 2) la zona sarebbe stata un’area internazionale di soccorso per i rifugiati, non un’area di concessione mascherata, e nessun Paese straniero avrebbe potuto interferire in essa con la sovranità territoriale della Cina; 3) la sicurezza dell’area sarebbe stata garantita dalla polizia cinese, e non vi sarebbero penetrate truppe o guardie armate straniere; 4) i cinesi avrebbero accettato qualsiasi accordo che non violasse questi princìpi.
Il primo e il quarto principio vennero confermati nello scambio di lettere tra la Croce Rossa internazionale, la Cina e il Giappone; il secondo e il terzo erano legati alla sovranità nazionale, che dopo la caduta di Shanghai non sarebbe stata più possibile riaffermare.
A quel punto p. Robert andò a negoziare con la parte giapponese, affinché anch’essa acconsentisse a proteggere la Zona dei rifugiati. Il 5 dicembre, il console generale giapponese a Shanghai rispose: «Se l’area [Zona profughi] sarà riservata ai soli cittadini, concordiamo sulla sua istituzione, promettiamo di non attaccarla e di non svolgervi attività militari o atti di forza ostili». Tuttavia, come già avevano fatto i cinesi, anche i funzionari giapponesi pretendevano che «tutte le trasgressioni nella zona» andassero segnalate alle loro autorità.
C’erano due persone molto importanti e autorevoli che p. Robert aveva contattato dalla parte giapponese. La prima era il console generale giapponese a Shanghai, sul cui impegno il padre contava per creare quella Zona neutrale. L’altro interlocutore era Iwane Matsui, comandante della spedizione giapponese a Shanghai. In un fluente giapponese, p. Robert gli aveva detto: «Lei ha la responsabilità di proteggere i rifugiati di Shanghai». Messo sotto pressione, anche Matsui gli assicurò che il Giappone avrebbe accettato, almeno finché le truppe cinesi si fossero tenute fuori da quell’area.
Le astute negoziazioni di p. Robert ottennero il consenso delle autorità cinesi, di quelle giapponesi e delle altre tre parti straniere in causa nell’area della Concessione. E così l’8 novembre il governo municipale di Shanghai diffuse questo avviso: «La Croce Rossa cinese ha proposto al Comitato internazionale di Shanghai di istituire una zona per i rifugiati nella parte meridionale di Shanghai, che funga da rifugio temporaneo per i profughi in tempo di guerra […]. Il governo, al fine di soccorrere i profughi e desideroso di tutelare il principio umanitario, ha sottoposto [questo piano] all’approvazione del Comitato centrale. Se ne approva l’entrata in vigore a partire dalle ore 12 del 9 di questo mese».
La Zona smilitarizzata del distretto sud era compresa tra la Fangbang Road a sud, est e ovest, e a nord andava fino alla Republican Road. Copriva circa un terzo dell’antico municipio. Alle ore 16, il Comitato internazionale di soccorso di Shanghai issò le bandiere della Croce Rossa e le insegne del Comitato internazionale di soccorso, in inglese e in cinese, nella Zona dei rifugiati concordata. Nel pomeriggio del 9, si iniziarono a costruire fortificazioni agli incroci della Fangbang Road; in quelli lungo la Republican Road erano già presenti. Così l’area della Zona rifugiati del distretto meridionale era istituita ufficialmente.
Zona sicura di Rao Jiaju
Tuttavia la Cina e il Giappone restavano in disaccordo sulla natura e la gestione della Zona smilitarizzata. P. Robert comprese che le circostanze belliche avrebbero reso impossibile ai due Paesi sedersi a un tavolo di negoziati comune. L’unica via era quella di ottenere un accordo informale, a titolo personale, con entrambi i contendenti, minimizzando con prudenza le questioni delicate. Dopo minuziose trattative con le parti in causa, finalmente a p. Robert fu possibile istituire la prima Zona sicura per i rifugiati al mondo, che chiamò «Zona di Rao Jiaju». Quando l’esercito nazionalista cinese si ritirò dall’area, abbandonò le strutture militari che si trovavano al suo interno, e l’esercito giapponese non aprì il fuoco verso la Zona dei rifugiati, anche se l’avrebbe fatto dopo diversi giorni dall’occupazione del distretto meridionale. Il perimetro della Zona riservata ai profughi era inferiore a un chilometro quadrato, ma dopo una sola settimana dalla sua istituzione il numero degli occupanti era aumentato a più di 200.000 persone. L’esigenza di provvedere e garantire i bisogni quotidiani di un così grande numero di profughi divenne la sfida e la preoccupazione prioritaria di p. Robert.
Egli aveva deciso di regolare l’area dei rifugiati dividendola in nove sezioni. Gli occupanti di ciascuna avrebbero dovuto gestirsi da soli ed eleggere propri capi sezione. Poi p. Robert istituì un comitato di assistenza e controllo internazionale, con rappresentanti di vari Paesi. Questo comitato svolgeva funzioni di organo amministrativo dell’area dei rifugiati, e il suo compito principale era di proteggerla dalle minacce belliche, di garantire cibo e rifornimenti, di raccogliere fondi e svolgere altre funzioni pratiche. Grazie agli sforzi di p. Robert e dei suoi colleghi, la Zona dei rifugiati disponeva anche di istituzioni come la polizia, un parlamento, scuole, laboratori artigianali e persino un tribunale penale. Questo sistema di tutela dei rifugiati in tempo di guerra fu un’indubbia innovazione e consentì alla Zona di funzionare in modo efficiente e ordinato. La famosa «Area di protezione» di Nanchino sarebbe stata poi istituita sulla scorta di ciò che John Rabe aveva appreso osservando la Zona di sicurezza di Shanghai.
La vita quotidiana di p. Robert era intensa. Di solito al mattino saliva su un taxi e attraversava la Lupan Road verso l’Old North Gate o il Xinkai River. Qui oltrepassava il cancello della Concessione francese e si recava a lavorare nell’area dei rifugiati del distretto meridionale. Tornava al suo appartamento nella Concessione solo la sera, ma a volte andava a riposarsi nella chiesa cattolica di Yangjingbang. Doveva supervisionare personalmente tutti gli affari che si svolgevano nella Zona sicura. Visitava spesso l’area dei rifugiati anche per occuparsi in prima persona delle loro esigenze[7].
Per provvedere ai bisogni quotidiani dei rifugiati nel distretto dovette affrontare due problemi difficili: i fondi e le risorse materiali. Nella prima settimana del dicembre 1937 in cui la Croce Rossa di Shanghai lanciò una campagna di raccolta fondi, andò di persona a parlare all’American Women’s Club, in Jing’an Temple Road, per chiedere donazioni e altri generi di sostegno. Cercò inoltre di convincere tutte le parti coinvolte con l’area dei rifugiati a donare con generosità ai suoi occupanti. Il governo nazionale stanziò 700.000 yuan a titolo di soccorso per lo stato di calamità, e il ministro delle Finanze Kong Xiangxi promise 40.000 yuan specificamente destinati alla Zona rifugiati del distretto meridionale. I giapponesi offrirono a p. Robert 20.000 yen come segno del loro apprezzamento. Il 90% del ricavato dalla lotteria di beneficenza indetta dalla Concessione francese fu destinato alla Zona rifugiati di p. Robert. Ma quei contributi erano insufficienti per coprire le spese crescenti. Il religioso a quel punto si recò negli Stati Uniti per raccogliere fondi. Il presidente Franklin Roosevelt gli fece una donazione di 700.000 dollari. Con questi fondi, la Zona profughi poté essere gestita con successo per 32 mesi[8]. Ma dal momento che le spese erano enormi, il 2 maggio 1938 il missionario estese la raccolta fondi a tutto il mondo. Viaggiò prima in Giappone e poi, il 26 maggio, era di nuovo negli Stati Uniti a incontrare il presidente Roosevelt, che gli donò un ingente carico di grano. Quel frumento americano venne immediatamente spedito ai campi profughi, assicurando così la vita dei rifugiati. Anche la Croce Rossa americana gli donò un milione di dollari.
Il lavoro di p. Robert con i rifugiati gli valse elogi da molti personaggi importanti. Il 9 marzo 1938, il presidente Chiang Kai-shek gli inviò una lettera di ringraziamento e ammirazione, in cui scriveva: «I nostri fratelli […], non avendo né un tetto per ripararsi né un chicco di grano […], erano stati spinti dal freddo e dalla fame sulla soglia della morte […]; devono la loro vita agli sforzi umanitari, solleciti e preziosi della tua buona volontà. […] Erano più di 200.000».
Ma poi accadde qualcosa di ancora più importante. Nel corso della guerra, il modello Zona di protezione venne replicato a vari livelli a Wuhan, Hangzhou, Guangzhou e Fuzhou. Nell’ottobre 1938, prima della caduta di Wuhan, p. Robert diresse in prima persona l’istituzione della Zona rifugiati di Wuhan Hankow, che salvò 40.000 rifugiati cinesi. Il 19 ottobre 1938, il religioso era stato invitato dal governo nazionalista a recarsi a Chongqing per discutere le modalità di apertura di una Zona per i rifugiati. Il giorno dopo, la sua idea di istituirne una ricevette il sostegno del governo nazionalista cinese, e tutte le aree di concessione a Hankow vennero trasformate in Zone demilitarizzate. I giapponesi accettarono di non attaccarle, ma chiesero che tutte le proprietà e gli edifici nella Concessione giapponese, al di fuori di quell’area, non fossero distrutti o danneggiati dalla parte cinese. P. Robert affermò con gioia: «Il successo di questo piano eviterà inutili spargimenti di sangue e sofferenze a Hankow, e verrà assicurata la sicurezza delle proprietà e delle vite del popolo cinese».
Dopo l’occupazione del dicembre 1937, per costringere il governo cinese alla resa, i giapponesi attuarono un cruento massacro tra gli abitanti rimasti a Nanchino[9]. Dopo la caduta della città, alcuni settori politici, economici e militari del governo nazionale si trasferirono a Wuhan, che divenne un centro importante della resistenza. Nel giugno 1938 l’esercito giapponese iniziò ad assediare Anqing, e la situazione a Wuhan si fece precaria. Il governo nazionale procedette a organizzare l’evacuazione dei cittadini di Wuhan e il loro trasferimento a Chongqing, un luogo più sicuro. Per diversi motivi, tuttavia, alcuni cittadini non potevano essere evacuati. P. Robert, consapevole di quella terribile situazione, s’impegnò a stabilire una Zona profughi a Wuhan, modellata su quella del distretto sud di Shanghai, per evitare l’ulteriore massacro di persone innocenti. La mattina del 25 giugno venne ufficialmente istituita la Zona profughi. Era gestita da un comitato internazionale, presieduto dal vescovo americano Gilman (il presidente operativo era p. Robert).
La «Zona di Rao Jiaju» e i comunisti cinesi
Il Partito comunista cinese ha sempre svolto un ruolo chiave nelle aree dei rifugiati. Secondo statistiche non ufficiali, dal 1938 al 1941 il partito clandestino addestrò più di 390 membri nei rifugi per profughi e inviò più di 1.200 giovani quadri al quartier generale della Nuova Quarta Armata nell’Anhui meridionale; più di 2.000 membri vennero inviati alla periferia di Shanghai e nelle sue fabbriche, e più di 50 quadri del partito nella parte meridionale, settentrionale e centrale dello Jiangsu[10].
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P. Robert fece anche in modo che più di 50 giovani e promettenti reclute del primo Istituto internazionale (componente dell’Internazionale Comunista) della Zona sicura si unissero ai guerriglieri antigiapponesi a Pudong. Inviò tre gruppi di circa 200 persone ad aggregarsi alla Nuova Quarta Armata e inoltre raccomandò ad alcuni giovani progressisti di andare a Yan’an, la terra santa del Partito comunista cinese. Egli era a conoscenza delle attività del Partito all’interno dell’Istituto internazionale, ma non fece obiezioni se non per ciò che ostacolava il lavoro svolto per i rifugiati.
L’organizzazione clandestina comunista cinese prese parte al salvataggio dei rifugiati e li spinse a disertare per arruolarsi nella Nuova Quarta Armata. Il religioso collaborava in quanto responsabile del rilascio dei permessi che autorizzavano le barche dei rifugiati a oltrepassare il blocco giapponese per raggiungere basi antigiapponesi nella regione. Tra le centinaia di migliaia di rifugiati presenti nell’area sicura, molti giovani che lasciarono la Zona divennero dirigenti del Partito comunista. Per esempio, Cao Diqiu fu sindaco di Shanghai; Chen Guodong divenne segretario del comitato municipale di Shanghai; Liu Shuzhou e Yang Di ricoprirono le cariche di vicesindaco e vicesegretario del comitato municipale di Shanghai; Han Nianlong divenne viceministro del ministero degli Affari esteri; Peng Baishan ricoprì la funzione di viceministro del Dipartimento cultura della commissione per gli Affari militari della Cina Orientale, e di ministro del Dipartimento propaganda del Comitato municipale di Shanghai del Partito comunista cinese; infine, il famoso economista Wu Dakun entrò a far parte del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo.
Fondazione della Società internazionale di soccorso di Shanghai
Immediatamente dopo lo scoppio della guerra di Songhu, le organizzazioni di beneficenza che operavano a Shanghai s’impegnarono in diverse attività di soccorso. Allo stesso tempo, sorsero molte nuove organizzazioni e istituzioni per l’accoglienza e il soccorso dei rifugiati. Presero forma tre grandi sistemi assistenziali rivolti ai rifugiati: il Comitato municipale di soccorso di Shanghai (Shanghai Municipal Relief Committee), la Società di soccorso congiunta delle organizzazioni di beneficenza di Shanghai (Shanghai Charitable Organizations Joint Relief Society) e il Comitato internazionale per i rifugiati di Shanghai (Shanghai International Refugee Committee).
In particolare, il Comitato internazionale per i rifugiati fu istituito il 13 agosto 1937 da p. Robert e da Song Hanzhang, presidente della Banca di Cina e dell’Associazione shanghaiese umanitaria di volontari cinesi e occidentali. Esso aveva sede presso la Young Men’s Christian Association (Ymca) cinese in quella che è oggi la South Xizang Road, ed era composto da rappresentanti di varie organizzazioni di beneficenza e consolati a Shanghai. Il rappresentante straniero della Società internazionale di soccorso di Shanghai era il console generale norvegese Orr, capo del corpo consolare a Shanghai; quello cinese era Qu Yingguang; e la Società di soccorso disponeva di un gruppo operativo (di cui era personalmente responsabile p. Robert), di un gruppo addetto alle questioni economiche e di un terzo gruppo che si occupava degli affari generali.
L’istituzione della Società di soccorso portò all’allestimento di tre ricoveri per rifugiati nel campus dell’Università Aurora, su Lupan Road (l’attuale South Chongqing Road), che ospitavano più di 6.000 persone. Il 7 settembre 1937 vennero aggiunti un quarto e un quinto ricovero, rispettivamente riservati ai rifugiati dell’area di Yangshupu e a quelli di Dachang, Jiangwan, Nanxiang e Zhenru. Successivamente ne venne allestito un sesto a Qianzhuang Hall.
Gli ultimi anni di p. Robert
Il 16 giugno 1940 p. Robert rientrò dalla Cina e proseguì in Europa la sua opera umanitaria. Il suo ritorno fu una questione controversa[11]. Il governo nazionalista gli aveva chiesto di restare e di continuare il suo lavoro di servizio ai rifugiati. P. Robert stesso desiderava rimanere. Tuttavia le autorità ecclesiastiche francesi e lo stesso Ordine dei gesuiti erano di diversa opinione: pensavano che egli si fosse troppo impegnato nelle questioni politiche e militari, settori che andavano ben oltre lo scopo della sua vocazione sacerdotale e religiosa.
Sebbene p. Robert avesse cercato di mantenersi neutrale e fosse effettivamente riuscito a istituire la Zona di sicurezza, questo non aveva dissipato le preoccupazioni che erano sorte tra le autorità della Chiesa e nella Compagnia di Gesù. Dopo il suo rientro, egli si dedicò ad applicare l’esperienza di Shanghai alla periferia di Parigi, dove protesse un gran numero di rifugiati, e successivamente in Germania e in Italia. Alla XVI Conferenza internazionale della Croce Rossa, nel 1938, venne adottata la Safe Zone Resolution, improntata alla Zona sicura di Shanghai concepita dal religioso[12]. Assegnato all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) come ispettore, p. Robert continuò a viaggiare instancabilmente da un Paese all’altro dell’Europa per proseguire il suo lavoro di soccorso ai rifugiati. In particolare operò in Polonia e poi in Germania dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Nella costituzione apostolica Exsul familia (1952),dedicata al tema della migrazione, papa Pio XII auspicava che la Chiesa cattolica potesse svolgere un ruolo importante nell’alleviare le sofferenze delle persone colpite dalla guerra e nel fornire loro sollievo spirituale e materiale[13]. La Santa Sede inviava propri delegati per contribuire al coordinamento delle attività di soccorso all’estero. A p. Robert fu assegnato un simile incarico di rappresentanza diplomatica, e ciò gli permise di tornare nelle zone di soccorso dei rifugiati. Le sue prime mete furono la Gran Bretagna e l’Irlanda, con la missione di conoscere lo stato attuale delle opere di beneficenza della Chiesa cattolica in quei luoghi e di reperire collaboratori in grado di assicurare che i sussidi raccolti arrivassero a Parigi senza problemi. Con lo stesso obiettivo egli intraprese poi viaggi negli Stati Uniti e in Canada. Nel dicembre 1945 p. Robert venne nominato capo rappresentante della Santa Sede a Berlino, con la responsabilità del soccorso ai profughi e agli sfollati. Il suo obiettivo era offrire un aiuto spirituale e materiale ai rifugiati nei campi di Berlino e altrove, e di favorire il ricongiungimento di quanti avevano perso i loro cari.
In quelle circostanze il religioso s’impegnò fino allo stremo, nonostante la sua salute si fosse indebolita. Non solo aiutò lo sfollamento di donne e bambini, ma provvide anche a segnalare e a documentare la difficile situazione in cui si trovavano i tedeschi rimpatriati dalla Polonia, dalla Repubblica Ceca, dall’Ungheria e da altri Paesi[14].
Nel settembre 1946, per l’eccesso di lavoro e dopo una caduta accidentale, p. Robert fu ricoverato in ospedale e fu costretto a mettere da parte la sua amata opera di soccorso. I medici gli diagnosticarono una leucemia in fase avanzata. Il 10 settembre 1946 morì serenamente a Berlino, ma ciò non mise fine alla sua eredità.
Il 12 agosto 1949, rappresentanti di 63 Paesi elaborarono la IV Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili nei conflitti, che divenne una parte importante del diritto internazionale umanitario. La Convenzione, composta di 159 articoli e tre allegati, mira a proteggere la sicurezza dei civili in tempo di guerra. Infatti, né la IV Convenzione dell’Aia del 1907 né la Convenzione di Ginevra del 1927 contenevano disposizioni in questo senso, sebbene nel 1929 un medico francese avesse suggerito l’istituzione di Zone sicure per civili e soldati feriti. Ma l’iniziativa di p. Robert a Shanghai, che aveva portato alla prima Zona sicura al mondo per i rifugiati in tempo di guerra, era stata sollecitamente notata, discussa e promossa a livello internazionale, portando all’adozione della risoluzione sulla Zona di sicurezza da parte del Comitato internazionale della Croce Rossa, che fu infine incorporata nella IV Convenzione di Ginevra.
Conclusione
P. Robert ha fatto delle attività di soccorso ai rifugiati in tempo di guerra la missione della sua vita. Trascendendo la nazionalità, la razza, la religione, il genere e l’affiliazione a un partito, i suoi gesti umanitari hanno servito l’umanità nel suo insieme. Una volta disse di voler fare del suo meglio per le persone sventurate. Con saggezza e tenacia, ha creato il «modello Shanghai», la «Zona sicura di Rao Jiaju», che è diventata un fulgido esempio nella storia del soccorso civile in tempo di guerra. Questo «modello Shanghai», esteso a Nanchino, Hankow, Guangzhou, Francia e Germania, ha ispirato le conclusioni della IV Convenzione di Ginevra, e con ciò ha sancito un progresso della civiltà umana.
Sebbene fosse francese, p. Robert considerava la Cina la sua seconda patria, e dopo la morte desiderava essere seppellito in terra cinese. Durante i suoi ultimi anni in Cina, cambiò il suo nome da «Rao Jiaju» a «Rao Jiahua» («Hua» significa Cina), con un gesto che mostra il suo profondo affetto per questo Paese. P. Robert ha dedicato la vita al soccorso dei civili in tempo di guerra, consapevole che il problema dei rifugiati riguardava l’intera umanità e che l’impegno ad aiutare i profughi era la questione umanitaria più importante del mondo contemporaneo.
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[1]. X. Yl, «Priest honored for saving thousands from invaders», in China Daily (https://tinyurl.com/y3jarrnv), 15 dicembre 2017. Per le notizie sulla persona e l’opera di p. Jacquinot riportate in questo articolo, facciamo riferimento principalmente a Z. Su, Rao Jiaju and the citizens in Shanghai’s wartime, Guangxi, Guangxi Normal University Press, 2005; M. R. Ristaino, The Jacquinot Safe Zone: Wartime Refugees in Shanghai, Stanford, Stanford University Press, 2008.
[2]. La Concessione pubblica di Shanghai nacque dalla fusione, avvenuta nel 1863, delle enclavi britanniche e americane a Shanghai, in seguito alla stipula di trattati bilaterali, secondo cui al loro interno i cittadini usufruivano della extraterritorialità e della giurisdizione consolare. Quei trattati furono abrogati nel 1943.
[3]. Si trattava di una campagna militare – detta «Spedizione del Nord» – lanciata nel 1926 dall’Esercito rivoluzionario nazionale del Kuomintang, noto anche come Partito nazionalista cinese, contro il governo Beiyang e altri signori della guerra regionali.
[4]. L’incidente del 28 gennaio, detto anche «incidente di Shanghai», fu un conflitto tra la Repubblica di Cina e l’Impero del Giappone. Ebbe luogo nella Concessione internazionale di Shanghai, che era sotto il controllo internazionale.
[5]. Il 9 agosto 1937 il tenente Isao Ōyama, appartenente alle forze speciali di sbarco della Marina giapponese, alla guida di un’automobile raggiunse ad alta velocità il cancello dell’aeroporto di Hongqiao. Quando venne fermato da una guardia cinese, cercò di oltrepassare il cancello. Il soldato gli intimò ancora di fermarsi, e a quel punto Ōyama sparò, uccidendolo. Altre guardie cinesi risposero al fuoco e Ōyama rimase ucciso nella sparatoria. L’intrusione nell’aeroporto di Hongqiao violava i termini del trattato tra Cina e Giappone stabiliti dopo la tregua firmata nel 1932. Il Giappone pretese il ritiro delle truppe cinesi da Shanghai, ma il rappresentante cinese Yu Hong-Jun respinse la richiesta, affermando che era stato proprio il Giappone a violare i termini del cessate il fuoco. Il 13 agosto, il «Corpo cinese di preservazione della pace» di Shanghai ingaggiò scontri a fuoco con le truppe giapponesi nei distretti di Zhabei, Wusong e Jiangwan.
[6]. Cfr Z. Su – H. Wang, Shanghai’s Rabe: Rao Jiaju, Beijing, People’s Publication, 2017.
[7]. Cfr H. Wang, Rao Jiaju: Father of Refugee, 2022 (m.xinminweekly.com.cn/content/6066.html).
[8]. Ivi.
[9]. Cfr Y. Jiang, «The Rape of Nanking Massacre in the Chinese Perspective: A reflection of human dignity», in J. J. Michalczyk, Genocide and Film Book, Boston, Peter Lang, 2013.
[10]. Per quanto riguarda i rapporti con i comunisti, cfr G. Pan, French priest builds «Rao Jia Ju safe zone» to help 300,000 Chinese refugees, 2002 (www.pacilution.com/ShowArticle.asp?ArticleID=12069).
[11]. Sul rientro di p. Jacquinot in Europa, oltre all’opera di M. R. Ristaino, The Jacquinot Safe Zone, cit., cfr Y. Shen, «Who Is Jacquinot?», in China Review International 19 (2012/3) 361-366.
[12]. Cfr D. Kang, Rao Jiaju: the international friend who built the first safe zone for refugees in Shanghai, 2015 (cul.sina.cn/sh/2015-07-17/detail-ifxfccux2751488.d.html?from=wap).
[13]. Cfr Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB), Strangers No Longer: Together on the Journey of Hope, 2003 (https://tinyurl.com/3avsdzj2).
[14]. Cfr D. Gong, Shanghai should not forget! A Thousand Miles to look for Rao Jiaju, 2017 (www.jfdaily.com/wx/detail.do?id=74210).