
L’affermazione di san Paolo sulla comunità di Corinto: «È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3,3), ci ricorda la preoccupazione che Socrate manifestava nel dialogo platonico Fedro, quando affermava che, se il discorso vuole essere efficace e capace di trasformare l’uomo, deve venire dall’anima di chi parla e raggiungere l’anima di chi ascolta[1].
Se prestiamo attenzione al testo di Paolo, vediamo che il discorso ha, in primo luogo, la forma di una «lettera»: oltre ad avere un autore – Cristo, che è fuori dal tempo e dallo spazio – e un redattore – lo stesso Paolo, mediante il suo ministero nel tempo e nello spazio –, ha un destinatario concreto («voi siete»). Esso è poi parola di Cristo che lo Spirito del Dio vivente, agendo sui destinatari tramite il ministero del redattore, incide nei loro cuori. Ed è parola viva, che al tempo stesso è capace di dare vita, in quanto «ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; perché
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