
A cinque secoli dalla morte, ricordiamo Luca Signorelli, uno dei protagonisti del Rinascimento, vissuto tra il 1450 e il 1523. Nato a Cortona, al confine fra Toscana e Umbria, era allievo di Piero della Francesca e lo ha saputo imitare nella pittura così bene che – a detta di Vasari – non si poteva distinguere l’allievo dal maestro[1]. Giovanni Santi, il padre di Raffaello, nella Cronaca Rimata, intorno al 1485, ricorda Signorelli tra i più importanti pittori italiani, e lo definisce «’l Cortonese Luca d’ingegno et spirto pellegrino»[2], per indicarne la genialità e la novità delle invenzioni pittoriche. Certo la qualifica di «pellegrino» potrebbe riferirsi a lui perché andava «pellegrinando» spiritualmente nel mondo dell’arte. Ma a quel tempo il termine indicava qualcosa di raro, di singolare, di nuovo[3]. In breve tempo l’artista diventa noto ovunque, tanto che nel 1499, quando gli viene affidato il completamento degli affreschi della Cappella Nova o di San Brizio nel Duomo di Orvieto, è definito famosissimus pictor in tota Italia[4].
La formazione pittorica
Alla scuola di Piero della Francesca, Signorelli s’impadronisce della pittura ad olio e delle nozioni prospettiche fondamentali per la tecnica dello scorcio, in modo da movimentare
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