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La sosta forzata imposta dal lockdown del Covid-19 ha mostrato tutte le difficoltà per le persone a praticare questo atteggiamento fondamentale della vita umana, pur apprezzandolo in linea teorica, come emerge dalle interviste fatte a giovani tra i 18 e i 25 anni. Per la maggior parte di essi fermarsi aiuta a «guardare al quotidiano in modo diverso, per rileggere il presente e guardare al futuro» (p. 13). Meno avvertito invece è l’aspetto della fraternità, cioè la sua ricaduta sulla qualità delle relazioni. Esse però sono indispensabili, perché il fermarsi non divenga fuga dalla realtà, dagli impegni o dagli aspetti di sé che non si accettano e che solo nella relazione possono trovare modalità mature di integrazione: «Fermarsi nel dolore altrui permette di condividerlo, di compatirlo; il dolore condiviso può essere dimezzato» (p. 47).
Il libro presenta anzitutto il significato umano di questa azione apparentemente inutile. Fermarsi consente di essere vivi e «fermi», cioè stabili, e profondi; aiuta a individuare ciò che è importante nella vita e promuove la creatività. Inoltre, permette di rileggere la propria storia, prendendo consapevolezza di incontri, esperienze e luoghi che hanno lasciato un segno; soprattutto, consente di valutarli e di investire sulla qualità, riconoscendone i possibili costi in termini di fatica e di rinunce.
Fermarsi è infine indispensabile per la relazione con Dio, tanto che egli ne fatto un preciso comandamento, una delle «Dieci Parole» (cfr Es 20, 1-17). Il tema del sabato non a caso attraversa tutti i libri della Bibbia, e ciascuno di essi ne esplicita il molteplice valore. Esso fa il suo ingresso fin dal primo capitolo della Genesi, mostrando il suo statuto peculiare; anche se la creazione è stata ultimata al sesto giorno, con il sabato essa viene «portata a compimento», cioè viene contemplata nella sua globalità, come fa l’artigiano nei confronti della sua opera: così se ne coglie il significato.
Inoltre, il sabato è un giorno «benedetto e consacrato»: due verbi che indicano la presenza di un ambiente in cui la vita possa crescere e diffondersi e dove è possibile incontrare il Creatore. Ciò significa che «il riposo sabbatico contiene in sé delle potenzialità in grado di creare un contesto in cui ridare vita e al proprio stare in comunità» (p. 94). Per questo il sabato dev’essere osservato «anche nel tempo dell’aratura e della mietitura» (Es 34,21); inoltre vale per tutti, stranieri, schiavi e animali (cfr Dt 5,12-14), e ricorda agli israeliti che anch’essi un tempo sono stati schiavi (cfr Dt 5,15). Non si tratta quindi di un semplice astenersi dal lavoro: il sabato è il fondamento delle relazioni e della comunità, promuove la libertà e la dignità dell’altro, e vuole indicare che neppure lo schiavo può essere identificato con il suo lavoro. Per un giorno tutte le disuguaglianze, origine delle problematiche di ogni tempo, vengono annullate. In tal modo anche il lavoro può trovare il suo autentico significato; in caso contrario, esso diviene alienante: «Come Dio ha liberato il suo popolo dall’oppressione di un lavoro imposto, così l’uomo deve imparare a liberarsi, almeno un giorno alla settimana, dalle moderne forme di schiavitù, comprese certe forme di lavoro» (p. 103).
Questi molteplici significati rischiano di essere oscurati dalla mera osservanza precettistica. Difatti, proprio attorno al sabato si concentra la maggior parte degli scontri tra Gesù e i suoi avversari: egli sceglie proprio quel giorno per operare miracoli, perché vuole restituirgli il suo autentico significato di liberazione.
Anche a livello ecclesiale, la disaffezione nei confronti della celebrazione eucaristica da parte dei credenti può indicare che essa tende a essere considerata al massimo un precetto da osservare, sganciato dalla vita, non il luogo di appartenenza a una comunità che fa festa con il Signore che l’ha liberata dalla morte, le ha comunicato la sua stessa vita e la invita a trasmetterla ai fratelli.
In linea con l’insegnamento autentico del sabato, ribadito più volte con estrema chiarezza da Gesù, la domenica può ritrovare il suo significato di celebrazione della vita se verrà riempita «di opere buone e gratuite […]. Aiutare i meno fortunati, fa parte della natura dell’uomo; è un desiderio innato che si radica nel bisogno di restituire alla collettività ciò che si è ricevuto nella vita» (p. 111).