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Il problema del «fare storia» e il problema delle premesse metodologiche e teoretiche che sempre sono presenti nel soggetto che vuole interrogare il passato attraverso i documenti che esso ci ha tramandato sono il fondamento di questo volume.
Giuseppe Fornasari è stato docente di Storia medievale e di materie a essa affini all’Università di Trieste per più di cinquant’anni e ha svolto un’assidua attività di ricerca in Germania, presso i Monumenta Germaniae Historica di Monaco di Baviera, di cui è stato nominato Membro corrispondente nel 2006.
Tuttavia questo libro non è un’introduzione alla storia medievale, ma alla storia – o meglio, all’operazione storica – nel suo complesso. Un’introduzione non sistematica, ma scritta sempre all’insegna del dubbio metodico e della consapevolezza della fragilità – e quindi anche della fragilità conoscitiva – dell’essere umano.
Nel volume sono presenti grandi maestri della storiografia, e anche dell’epistemologia della storia, che hanno certamente influenzato l’A. nel suo pensiero e nella sua scrittura. In particolare, Henri-Irénée Marrou e Marc Bloch, due studiosi molto diversi, ma ricchi di suggestioni e di prospettive per una conoscenza del passato che sia consapevole di tutta la complessità dell’operazione storica; sant’Agostino, senza il quale tutta la storia e la storiografia occidentali sarebbero incomprensibili; Michel de Montaigne, con i suoi Essais; Blaise Pascal, con le sue Pensées (e qui va osservato che il pensiero del filosofo francese occupa un ruolo preponderante nell’ermeneutica storiografica dell’A.); e Martin Heidegger, che con il suo Sein und Zeit ha segnato il pensiero del nostro tempo.
A essi si aggiungono, in maniera spesso imprevedibile, alcune voci poetiche o di autori teatrali, che pure possono esercitare un’influenza di non poca importanza anche a livello di ricostruzione storiografica: Bertolt Brecht, Eugène Ionesco, Eugenio Montale, Wisława Szymborska e altri.
Talvolta si ha l’impressione che l’A. scivoli verso una forma di scetticismo totale sulla possibilità di conoscere il passato (e anche il presente). Ma è un’impressione fallace. Fornasari vuol suggerire che il «mestiere dello storico» ha certo le sue regole rigide, elaborate nel Seicento dai Padri Bollandisti e dai Padri Maurini, e rivisitate poi nel Settecento dal pensiero illuministico, ma queste regole rigide non bastano. Citiamo dalla quarta di copertina: «Allora, il passato è conoscibile? Sì, forse in qualche piccolo frammento, con enormi difficoltà e sempre con un po’ di pietas. Anche il passato di ieri sera, su cui non abbiamo fonti certe, è ricostruibile con disagio e titubanza. Ma sicuramente una cosa conta. La ricerca, non i risultati. La ricerca di tutta una vita. La ricerca – accanto alla carità per gli altri – è l’essenza del vivere. Come dire – e qui per noi è ancora grande maestro Pascal – che per fare storia e per vivere non è sufficiente l’esprit de géometrie. Ci vuole l’esprit de finesse».