RECENSIONE

EDITH STEIN

Una rosa d’inverno

Edith Stein

Simone Loria

Quaderno 4079

pag. 508 - 509

Anno 2020

Volume II

6 Giugno 2020
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Questo volume di Joshua Sinclair, regista e produttore, costituisce la sceneggiatura di un film da lui scritto e diretto, che racconta l’itinerario culturale e umano di Edith Stein, assassinata ad Auschwitz dai nazisti e canonizzata da san Giovanni Paolo II nel 1998. Francesco Alfieri, docente di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ne ha curato la traduzione e scritto l’introduzione.

Qui il lettore – diversamente dal film di Márta Mészáros La settima stanza (1994), nel quale prevale l’aspetto simbolico – può confrontarsi con una sceneggiatura basata sugli scritti stessi di Edith Stein, con un’attenzione filologica ai testi e con l’intento di offrire una descrizione fedele del personaggio.

Un primo elemento caratteristico dell’opera è che viene dato risalto all’umanità della filosofa e mistica tedesca; la sua santità emerge proprio a partire dai dissidi interiori e dai travagli emozionali e affettivi che hanno segnato la sua vita: fin da ragazza, quando ha manifestato il suo carattere volitivo e la fierezza del suo essere ebrea e prussiana; poi nella sua giovinezza, quando ha vissuto il suo travaglio affettivo per il filosofo Hans Lipps; e infine quando ha fatto la scelta per il Carmelo.

Un secondo elemento significativo è la testimonianza di suor Maria Amata Neyer, fondatrice dell’attuale «Archivio Edith Stein» di Colonia, che sottolinea come gli scritti teoretici della filosofa tedesca siano stati poco studiati rispetto a quelli spirituali e pedagogici. La sua testimonianza porta anche a chiarire i rapporti tra Edith Stein e Martin Heidegger. La Stein ha avuto grande stima per Heidegger, tanto da mettersi in dialogo filosofico con lui negli anni 1935-1937 e dedicargli una delle due Appendici (Martin Heidegger. Existenzphilosophie) della sua opera filosofica più importante: Endliches und ewiges Sein. Versuch eines Aufstiegs zum Sinn des Seins. Le bozze per la stampa erano pronte nel 1938, ma l’opera fu pubblicata solo nel 1950, privata però delle due Appendici, che compariranno in seguito, nel 2006, nella Edith Stein Gesamtausgabe. Anche se non è noto il motivo che spinse nel 1950 l’editore a omettere l’ Appendice, si deve in ogni caso riconoscere che Edith Stein non avrebbe mai pensato di mettersi in dialogo filosofico con Martin Heidegger se lo avesse ritenuto colluso con il nazismo e con Hitler (cfr p. 16).

E parimenti dobbiamo considerare come appartenenti al «regno della fantasia» (p. 25) le polemiche innescatesi in Germania a partire dal 2014 con la pubblicazione dei Quaderni di lavoro (Schwarze Hefte) di Heidegger a opera di un curatore non attento alla filologia dei testi, dai quali invece non emerge alcuna traccia di antisemitismo nel loro autore. La Stein dimostra così di voler rimanere fuori dalle «logiche che si innescarono su Heidegger e che oggi sappiamo appartenere a una cultura pericolosamente ideologica, che tenta in vario modo di neutralizzare il pensiero del filosofo tedesco» (p. 18).

JOSHUA SINCLAIR
Edith Stein. Una rosa d’inverno
a cura di FRANCESCO ALFIERI
Brescia, Morcelliana, 2019, 272, € 18,00.

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