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Anselm Grün, monaco benedettino, è uno degli autori più apprezzati e letti nel panorama della spiritualità cristiana. In questo libro, suddiviso in sei parti, suggerisce 10 atteggiamenti per affrontare «la cultura della transitorietà» all’insegna di uno «spirito di abbandono» e promozione «della cultura della vita» (p. 20).
Il distacco, chiarisce l’A., segna l’inizio e la fine di ogni esistenza; costituisce al tempo stesso un enigma e una lineare libertà nel cuore di ogni persona. È un invito ad accogliere, assaporare e rielaborare i nuovi cambiamenti, perché la vita di ognuno è del tutto diversa da quella di un altro, e ogni esperienza vissuta ha caratteristiche e modalità differenti: dissimili sono le emozioni, perché diversi sono i cammini.
Il commiato è spesso accompagnato da sentimenti di malinconia e di incertezza, da vuoti incolmabili. È percepito come una chiusura, una condizione che pone dei limiti alle gioie che ci derivano dalle piccole e grandi realtà della vita. In verità, accoglierlo è un dono di libertà, riconoscere cioè il senso e la responsabilità di sé stessi, la promessa di un nuovo ad-venire: nuove prospettive, nuovi talenti, nuove relazioni, nuove patrie e nuovi scenari.
L’A. è un maestro che interroga radicalmente l’essere umano, ne chiarisce il volto e lo ripropone con molteplici concetti psicoanalitici, letterari e teologici.
Il primo capitolo – «Quando le situazioni cambiano» – mette in scena le aree coinvolte nell’atto del distacco e gli elementi che interagiscono per il cambiamento: saper gestire l’incertezza, rinunciare a dare tutto per scontato, a tenere tutto sotto controllo. Si tratta di rieducare lo stile di vita, praticare la speranza, vedere le opportunità positive, riscoprire l’interiorità, la riconoscenza, l’apertura mentale e la bellezza, trovare il giusto equilibrio tra serenità interiore e impegno esteriore. Il distacco educa alla gioia, sia nella presenza che nell’assenza di ciò che è caro; educa a dare e a ricevere nel segno della gratuità. Chi si preclude questa libertà rimane imprigionato in stereotipi e congetture predefinite, che condizionano, recludono e rendono schiavi.
Nel secondo capitolo vengono considerate le casistiche relative ai rapporti familiari: come vivere serenamente i distacchi attraverso le «cerimonie di saluto»; come affrontare il dolore generato dal senso di umiliazione, di impotenza, di autostima ferita; come dialogare con le proprie emozioni, «lasciandosi inondare dall’amore di Dio» (p. 116). Un nuovo inizio è possibile soltanto se si è disponibili a percorrere fino in fondo il dolore e a imparare a gestire le emozioni.
Il terzo capitolo riflette sulla legge che «tutto inizia e tutto finisce». Analizza i cambiamenti dovuti all’avanzare dell’età, a quanto si è realizzato nel corso dell’intera esistenza a livello materiale e relazionale e pone l’accento sulla necessità di lasciare andare.
Nel quarto capitolo l’A. elenca le difficoltà che si riscontrano quando le «vecchie linee guida non reggono più» e solo la fede conduce a una nuova ri-nascita e crescita spirituale.
Nel quinto capitolo si mette in risalto che la vecchiaia è liberata quando la ricerca della felicità e le energie continuano a volgere lo sguardo innanzi e la debolezza fisica viene assunta con la libertà di un atteggiamento interiore che rinvigorisce la persona.
Nel sesto capitolo l’A., dopo aver analizzato una serie di esperienze, invita a «lasciar sbiadire il passato, praticare la cultura del tempo, vivere in spirito di transitorietà con riconoscenza. Solo la vita non vissuta è impossibile da lasciare alle spalle» (p. 304), perché ogni attimo vissuto in pienezza, con spirito di gratitudine, non trattiene nulla per sé e sa di essere un dono.
Il libro si basa sulla considerazione di aspetti pratici piuttosto che su disquisizioni dottrinali; presenta uno stile immediato e un linguaggio semplice. Suggerisce con sapienza atteggiamenti per vivere, non solo in pienezza, ma anche con gratitudine, un’esistenza ricolma di luce.