|
Noto per essere ritenuto uno dei padri fondatori del diritto internazionale moderno e per l’apostrofe vergata nel De iure belli (Silete theologi in munere alieno!), Alberico Gentili (1552-1608), esule in Inghilterra nel 1580 per la sua adesione alle dottrine riformate, e regius professor di Civil Law a Oxford dal 1587, oltre a una cospicua produzione a stampa, ha lasciato anche alcuni inediti, oggi conservati nella Bodleian Library di Oxford. Fra essi spicca questo testo, al quale, soprattutto a partire dal secolo scorso, è stata dedicata particolare attenzione da parte della storiografia.
Le ricerche compiute negli ultimi anni, soprattutto dal prof. Giovanni Minnucci, professore di Storia del Diritto Medievale e Moderno presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali dell’Università di Siena, hanno dimostrato che, pur essendo stato originariamente redatto fra il 1580 e il 1585, il testo era stato rivisto, corretto e integrato dallo stesso Gentili almeno fino al 1591.
Per tentare di comprendere l’entità e la natura sostanziale di tali modifiche e annotazioni, e le ragioni per le quali l’A. non giunse mai alla determinazione di completare e pubblicare il lavoro, occorreva tornare a studiare la fonte manoscritta e predisporne l’edizione critica: lavoro che è stato svolto dal curatore con l’acribia e la pazienza di un certosino. Inoltre, per tentare di inquadrare storicamente la stesura del De papatu, era necessario approfondire la vicenda inglese del giurista italiano, gettando lo sguardo sulle sue relazioni umane e professionali, senza però dimenticare l’avversione di alcuni ambienti d’Oltremanica, nel periodo in cui stava scrivendo e aggiornando la sua opera anti-romana.
Composta di 24 Assertiones, attraverso le quali l’A. intese dimostrare che l’anticristo era da identificare nel papato romano, l’opera tratta alcuni temi di natura teologica e giuridica. Solo per fare alcuni esempi, si possono ricordare il culto delle immagini, i Sacramenti, il libero arbitrio, i miracoli, la giustificazione ex sola fide e le bonae operae, il potere temporale del Papa e il primato romano: tutte questioni esaminate da Gentili alla luce delle dottrine riformate e in contrasto con quelle della Chiesa di Roma.
Il testo è corredato di un numero notevole di citazioni, tratte dalla Sacra Scrittura, dalle opere dei Padri della Chiesa, da quelle teologiche, storiche, filosofiche, letterarie e giuridiche, segnalate dal curatore, a piè di pagina, in un apposito apparato critico. In un secondo apparato, sempre a piè di pagina, vengono edite anche le numerose additiones che il Gentili vergò nei margini e, talvolta, nelle interlinee del testo. Segue un’ Appendice, nella quale si legge il testo, criticamente edito, degli appunti di lavoro che l’A. annotò nel frontespizio e nei fogli iniziali e alla fine del manoscritto, inizialmente destinati a restare bianchi.
Per una migliore comprensione dell’opera, il curatore, negli ampi Prolegomena che precedono l’edizione, si è soffermato sulle presumibili ragioni sottese alla decisione assunta dal Gentili di voler trattare delle fonti complessivamente utilizzate e sulle probabili motivazioni della sua mancata pubblicazione.
Né potevano essere ignorate, infine, le idee che, in relazione ai rapporti fra diritto e teologia e fra coloro che quelle discipline professavano, l’A. aveva espresso negli anni ai quali va fatta risalire la conclusione della prima redazione dell’opera, e a quelli immediatamente seguenti, allorquando decideva di aggiornarla e modificarla. In quel periodo, infatti, si concretizzarono i prodromi di un vero e proprio scontro teorico, di natura politico-dottrinale, con i puritani inglesi e, in particolare, con il teologo puritano John Rainolds, circa le competenze dei teologi e dei giuristi. Queste vicende, già note alla storiografia, dovevano essere nuovamente contestualizzate.
Giunto a uno stadio avanzato di elaborazione, il De papatu consente non soltanto di apprezzare la vasta cultura e la poliedrica attività scientifica del giurista e pensatore italiano, ma anche di conoscere i forti dissensi che caratterizzarono la vicenda politica e religiosa europea in uno dei momenti più complessi e difficili della sua storia millenaria.
ALBERICI GENTILIS
De papatu romano antichristo. Recognovit e codice autographo bodleiano D’Orville 607
a cura di GIOVANNI MINNUCCI
Milano, Monduzzi, 2018, CLXII-352, € 62,00.