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Questo libro del gesuita p. Vittorio Soana, frutto di 20 anni di pratica terapeutica, è un bell’esempio di incontro tra conoscenza di sé e conoscenza di Dio. Il metodo utilizzato, proprio dell’analisi transazionale, è incentrato su tre dimensioni: il sé (corpo-psiche-spirito), le relazioni (persona-comunità-ambiente) e i valori (libertà-verità-giustizia). L’ordine con cui esse vengono presentate indica anche i passi dell’accompagnamento, mostrati con la presentazione di alcuni casi. Ne ricordiamo in particolare due.
Paolo inizia il suo percorso terapeutico a causa dell’ansia, che gli impedisce di terminare gli studi di teologia, e quindi di diventare sacerdote. Nel corso dei colloqui, vengono evidenziate le tre dimensioni suddette. Il conflitto tra questi tre aspetti comincia a diminuire di fronte all’invito a darsi il permesso di sentire e lasciarsi amare, senza pretendere di eliminare la fragilità, il che mostra anche come la sua vocazione non sia una fuga dai problemi: «Nel momento in cui Paolo coglie la propria libertà di sentire e di esprimersi, può appurare la veridicità della sua scelta di fede» (p. 23). Un passo successivo è indagare la dimensione relazionale, risalendo alla sua storia personale, in particolare all’attaccamento mancato con le figure genitoriali, come se dovesse meritarsi l’affetto. Da qui il vivere le attività – studio, sport, pastorale – in modo competitivo, espresso dal copione di vita di essere riconosciuto; il lavoro su di sé gli mostra invece l’importanza di dedicarsi alle cose perché belle e interessanti in sé stesse: «La competizione è sana quando la persona è capace di superare la dualità: il mio valore, come quello degli altri, non ha nulla a che vedere con la vittoria o la perdita» (p. 53).
Quando la persona viene liberata da ciò che la condiziona nei primi due ambiti, emergono i conflitti dell’area propriamente spirituale: essi hanno a che fare con i pensieri. Riprendendo l’insegnamento dei Padri della Chiesa, è importante precisare «che i pensieri ci disturbino o no, fa parte delle cose che non dipendono da noi. Ma che rimangano o meno in noi, che suscitino passione o meno, fa parte di ciò che è in nostro potere» (p. 49). La loro importanza è mostrata dal fatto che essi possono causare le malattie dell’anima, in particolare l’acedia, l’avversione al bene, cercando compensazioni varie per sopperire al vuoto spirituale. Da qui, sulla scorta della proposta di Maria Teresa Romanini, il lavoro di un’ecologia integrale, volta alla ricostruzione dei vari aspetti della persona, a livello di consapevolezza sensoriale, psico-sociale, psico-esistenziale e spirituale. Un segno di questa integrazione è l’ingresso progressivo dell’ordine, si tratti della propria abitazione, della vita di preghiera, del senso di appartenenza.
Le tre dimensioni metodologiche consentono così di leggere il libro della propria vita, mettendolo in relazione con la storia biblica e i rispettivi snodi fondamentali, in particolare la lotta tra nostalgia della schiavitù e chiamata alla libertà. Individuare tali snodi consente di cogliere l’intreccio tra desiderio spirituale e ferite originarie.
Nella storia di Antonio questi snodi si sono incrociati nella sua esperienza di chierichetto, quando sperimentò un momento quasi mistico di comunione con Dio e con il mondo. Ma questa esperienza gli ricorda anche un tentativo di abuso da parte del sacrestano, che lo ha fatto sentire vulnerabile. I due aspetti non si escludono, ma lo portano a vivere il conflitto tra la comunione con Dio e il bisogno di ricevere attenzioni, tra anima e corpo, che nel tempo successivo lo portano a scelte contrastanti, come diventare prete e convivere con una donna. Nel corso dell’accompagnamento, è invitato a cominciare non dalla sua vocazione e nemmeno dai sensi di colpa, ma da un’impostazione di vita che cerca di unire in modo ingenuo questi due aspetti senza riuscirci. Ritornare sulla propria storia gli consente di dare un nome a ciò che gli è mancato, in particolare la presenza affettuosa e rassicurante di un padre: da qui un attaccamento mancato, che egli ha cercato di supplire in altro modo. Ma emerge anche altro: il desiderio di autonomia e di coerenza con la scelta intrapresa.
Per Paolo, la svolta è avvenuta quando ha iniziato a riconoscere cosa fosse importante per lui, cosa davvero egli desiderasse; per Antonio, quando ha riconosciuto la sua capacità di prendersi cura di sé nelle situazioni pericolose, di accogliere la sua fragilità, di saper perdonare ciò che non ha potuto avere. È il passaggio alla fase dei valori (debolezza, umiltà verità), che smaschera il copione e consente di accedere alla propria umanità.