RECENSIONE

CONFESSIONE SULLA CENA DI CRISTO

Quaderno 4072

pag. 402 - 403

Anno 2020

Volume I

15 Febbraio 2020
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La Confessione sulla Cena di Cristo (1528), l’ultimo grande trattato di Lutero sull’Eucaristia, ora pubblicato per la prima volta in italiano, fa il punto sulla controversia sorta tra i riformatori. Il sacramento dell’altare è l’argomento che ha occupato di più Lutero nel corso della sua vita: su di esso egli ha scritto sia contro i cattolici, sia contro i «fanatici» dell’ala radicale della Riforma (gli Schwärmer).

Il motivo del dissenso è l’interpretazione della natura della presenza di Cristo nel pane e nel vino: come vanno intese le parole dell’istituzione della Santa Cena: «Hoc est corpus meum»? Lutero critica la posizione di Zwingli e di Ecolampadio, che interpretano l’est come significat: il pane sarebbe segno di una realtà diversa, che è il corpo di Cristo. Inoltre, l’interpretazione tropologica di Ecolampadio è insostenibile, perché non si può applicare un senso retorico quando quello letterale è chiaro. Infatti, «in tutte le lingue, quando si usa la parola “è” in un discorso, si parla dell’essenza della cosa in questione e non del suo significato» (p. 164). Per Lutero, si tratta dunque della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino: «Affermo e confesso il sacramento dell’altare, nel quale il vero corpo nel pane è mangiato con la bocca e il vero sangue è bevuto nel vino» (p. 263).

Il contrasto con i riformatori svizzeri fu drammatico, tanto che il colloquio di Marburg sancì la spaccatura, divenuta poi definitiva con la Confessio augustana: erano d’accordo su tutto, eccetto che sulla presenza reale di Cristo nel pane e nel vino. Lutero era particolarmente addolorato, perché la controversia con gli svizzeri era frutto della «sua» Riforma; lo preoccupavano anche le sorti dell’università di Wittenberg, le malattie che lo affliggevano e la peste che imperversava.

Nell’introduzione, Antonio Sabetta nota acutamente che l’inconciliabilità tra i riformatori non riguardava solo la Cena del Signore, ma il mistero dell’incarnazione, cioè «la questione fondamentale della presenza di Dio nel Cristo incarnato. La rivelazione di Dio in Gesù Cristo e la presenza del corpo e sangue di Cristo nella cena erano indissolubilmente connessi, dal momento che entrambi hanno a che fare con il paradosso della presenza di Dio nella carne o, nei termini dei concetti cristologici tradizionali, con l’unità delle nature divina e umana» (p. 42). Questa è appunto la novità della Confessione, dove la cristologia è fondamento per comprendere il mistero del sacramento. Non a caso, nella seconda parte del testo Lutero sviluppa l’esegesi dei passi del Nuovo Testamento sull’Eucaristia e trova in 1 Cor 10,16 la conferma della propria posizione (cfr pp. 251-254).

Ma la parte più interessante e significativa dell’opera è forse l’ultima, dove Lutero confessa «la [sua] fede punto per punto davanti a Dio e al mondo intero» (p. 258): è quasi un testamento spirituale e la sintesi della sua teologia. Tale Confessio, in cui egli collega i dogmi della Chiesa antica con l’interpretazione soteriologica, è stata determinante per il futuro della fede evangelica.

L’introduzione di Sabetta traccia la storia del problema eucaristico, che per Lutero è «il tesoro più eccelso». La postfazione di Giuseppe Lorizio ne approfondisce la teologia e la spiritualità. Occorre notare che, mentre di solito sembra che Lutero neghi il carattere sacrificale della Messa, qui, attraverso una serie di rinvii biblici, egli afferma che la Messa è un sacrificio, «non perché essa lo sia in sé, ma perché noi ci sacrifichiamo con Cristo» (p. 277).

MARTIN LUTERO
Confessione sulla Cena di Cristo
a cura di ANTONIO SABETTA
Roma, Studium, 2019, 304, € 28,50.

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