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Confessione sulla Cena di Cristo di Giancarlo Pani

Confessione sulla Cena di Cristo

Quaderno 4072 - pag. 402 - 403

20 Febbraio 2020


La Confessione sulla Cena di Cristo (1528), l’ultimo grande trattato di Lutero sull’Eucaristia, ora pubblicato per la prima volta in italiano, fa il punto sulla controversia sorta tra i riformatori. Il sacramento dell’altare è l’argomento che ha occupato di più Lutero nel corso della sua vita: su di esso egli ha scritto sia contro i cattolici, sia contro i «fanatici» dell’ala radicale della Riforma (gli Schwärmer).

Il motivo del dissenso è l’interpretazione della natura della presenza di Cristo nel pane e nel vino: come vanno intese le parole dell’istituzione della Santa Cena: «Hoc est corpus meum»? Lutero critica la posizione di Zwingli e di Ecolampadio, che interpretano l’est come significat: il pane sarebbe segno di una realtà diversa, che è il corpo di Cristo. Inoltre, l’interpretazione tropologica di Ecolampadio è insostenibile, perché non si può applicare un senso retorico quando quello letterale è chiaro. Infatti, «in tutte le lingue, quando si usa la parola “è” in un discorso, si parla dell’essenza della cosa in questione e non del suo significato» (p. 164). Per Lutero, si tratta dunque della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino: «Affermo e confesso il sacramento dell’altare, nel quale il vero corpo nel pane è mangiato con la bocca e il vero sangue è bevuto nel vino» (p. 263).

Il contrasto con i riformatori svizzeri fu drammatico, tanto che il colloquio di Marburg sancì la spaccatura, divenuta poi definitiva con la Confessio augustana: erano d’accordo su tutto, eccetto che sulla presenza reale di Cristo nel pane e nel vino. Lutero era particolarmente addolorato, perché la controversia con gli svizzeri era frutto della «sua» Riforma; lo preoccupavano anche le sorti dell’università di Wittenberg, le malattie che lo affliggevano e la peste che imperversava.

Nell’introduzione, Antonio Sabetta nota acutamente che l’inconciliabilità tra i riformatori non riguardava solo la Cena del Signore, ma il mistero dell’incarnazione, cioè «la questione fondamentale della presenza di Dio nel Cristo incarnato. La rivelazione di Dio in Gesù Cristo e la presenza del corpo e sangue di Cristo nella cena erano indissolubilmente connessi, dal momento che entrambi hanno a che fare con il paradosso della presenza di Dio nella carne o, nei termini dei concetti cristologici tradizionali, con l’unità delle nature divina e umana» (p. 42). Questa è appunto la novità della Confessione, dove la cristologia è fondamento per comprendere il mistero del sacramento. Non a caso, nella seconda parte del testo Lutero sviluppa l’esegesi dei passi del Nuovo Testamento sull’Eucaristia e trova in 1 Cor 10,16 la conferma della propria posizione (cfr pp. 251-254).

Ma la parte più interessante e significativa dell’opera è forse l’ultima, dove Lutero confessa «la [sua] fede punto per punto davanti a Dio e al mondo intero» (p. 258): è quasi un testamento spirituale e la sintesi della sua teologia. Tale Confessio, in cui egli collega i dogmi della Chiesa antica con l’interpretazione soteriologica, è stata determinante per il futuro della fede evangelica.

L’introduzione di Sabetta traccia la storia del problema eucaristico, che per Lutero è «il tesoro più eccelso». La postfazione di Giuseppe Lorizio ne approfondisce la teologia e la spiritualità. Occorre notare che, mentre di solito sembra che Lutero neghi il carattere sacrificale della Messa, qui, attraverso una serie di rinvii biblici, egli afferma che la Messa è un sacrificio, «non perché essa lo sia in sé, ma perché noi ci sacrifichiamo con Cristo» (p. 277).

MARTIN LUTERO
Confessione sulla Cena di Cristo
a cura di ANTONIO SABETTA
Roma, Studium, 2019, 304, € 28,50.


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