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Dove va l’Italia, in questo declino demografico inarrestabile? Anche se oggi si cominciassero a fare più figli, i primi cambiamenti verrebbero percepiti tra una generazione. Da oggi c’è bisogno di rivivere un periodo di ricostruzione, di rinascita, un nuovo risorgimento. Il declino è alle porte. Per queste ragioni, il termine «accogliere», che fa da titolo a questo vivace dibattito tra Caracciolo e Riccardi, assume un significato che va al di là di una esortazione a un’Europa stanca e impaurita.
È vero, infatti, nota Caracciolo, che oggi il verbo «accogliere» è divisivo, ha dato vita a schieramenti ideologici contrapposti, a una nuova guerra di religione. «Cercavamo braccia, sono arrivati uomini», commentava Max Frisch, sintetizzando argutamente il problema dell’emigrazione italiana in Svizzera a metà del secolo scorso. «Accogliere o non accogliere?» è la domanda primordiale, che da sempre interpella generazioni di donne e uomini.
Il dialogo tra Caracciolo e Riccardi scorre veloce tra storia dell’emigrazione e l’oggi in cui l’Europa sembra attonita di fronte a un mondo che si affaccia alle sue coste: paura, incomprensione, tentazione di fare del fenomeno immigratorio un’occasione di accaparrarsi voti di quanti hanno paura e non capiscono. Accogliere o difendersi?
Riccardi non evita le domande, non nega il problema e non ne fa una polemica ideologica, che scadrebbe in toni moralistici. Prende come esempio di accoglienza l’adozione nell’antica Roma, che era una pratica attuata in modo diametralmente opposto a come viene attuata oggi: permetteva di assicurare una discendenza alla propria stirpe, anche per quelle persone che non avevano molte possibilità economiche. Tale adozione era un metodo per instaurare alleanze, e fu molto diffusa in epoca imperiale, quando diversi imperatori non scelsero i propri successori fra gli eredi naturali, ma adottando chi fosse più degno di tale carica. L’Impero romano non aveva alcuna caratterizzazione etnica.
Caracciolo nota come la deriva verso concezioni razziste sia all’origine del declino della cultura cattolica e dell’impoverimento del messaggio cristiano nella nostra società. Parla di una cultura del sospetto, che è talmente forte da aver a che fare anche con la crisi della famiglia tradizionalmente intesa. L’alta percentuale di famiglie formate da una sola persona – «interessantissima contraddizione in termini», nota ironicamente Caracciolo – è un segnale per cui l’amore tra due persone si riduce all’amore di sé stesso.
Riccardi descrive le conseguenze dell’innalzamento di tanti muri; la più evidente è la trasformazione del Mediterraneo da Mare nostrum a cimitero. E trova una risposta, partendo dalla semplice domanda: «Come si devono accogliere i migranti?». Prima di tutto come fratelli e sorelle, umani, sono uomini e donne come noi». Alla radice c’è la frantumazione del noi con l’affermazione dell’io. In realtà, il rifiuto dell’accoglienza è un discorso strumentale per suscitare allarme tra la gente. Bisogna sottrarre questo tema alla polarizzazione politica e farne una questione di interesse nazionale.
Riccardi ricorda una delle dimenticanze più gravi che avrebbe fermato probabilmente il declino: la legge sulla cittadinanza, che nessuno ha voluto, per tanti motivi, ma soprattutto per la paura di pensare allo straniero come a una persona. Tra le figure autorevoli nel mondo, è rimasto solo papa Francesco ad alzare la voce in difesa dei tanti immigrati che bussano alle porte del mondo opulento.
«Sembriamo dunque avviati verso una fase storica di chiusura?», si chiede Caracciolo preoccupato, e trova una via di soluzione: «Se non invertiremo la tendenza, saremo tutti sopraffatti. A cominciare da coloro che pensano di salvarsi respingendo, perché finiranno respinti». Riccardi ricorda il primato del noi sull’io come via di salvezza. Cita Oliver Sacks e Zygmunt Bauman: per invertire il cambiamento, bisogna ripartire da sé e dai propri vicini, cioè dal basso. Bisogna coinvolgere la gente, perché, per consolidare il noi, le scelte personali sono decisive. Finché ci sono testimoni che pensano al futuro, si può essere ottimisti.
Questo libro è una finestra aperta sul futuro del nostro complicato universo.