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L’incontro e l’avvio della sua preparazione
Di fronte alla situazione di ampio e crescente disagio in seguito a nuovi rapporti e rivelazioni di casi gravissimi di abusi sessuali coinvolgenti membri del clero, il 12 settembre scorso, al termine di una delle riunioni del Consiglio di cardinali – il cosiddetto C9 – era stata annunciata la decisione del Santo Padre di convocare in Vaticano, dal 21 al 24 del prossimo mese di febbraio, un incontro di ampia portata su «La protezione dei minori nella Chiesa». Il 23 novembre scorso esso è stato effettivamente convocato e la Sala Stampa della Santa Sede, in un comunicato, ha dato le prime informazioni sul Comitato incaricato dal Papa per l’organizzazione e sugli invitati a partecipare.
Il Comitato è composto da quattro persone: il card. Blase J. Cupich, arcivescovo di Chicago; il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e membro del C9; mons. Charles Scicluna, arcivescovo di Malta e segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede; e p. Hans Zollner, gesuita, fondatore e presidente del Centro per la Protezione dei Minori della Pontificia Università Gregoriana e membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori. Quest’ultimo viene indicato come «referente» del Comitato. Il comunicato aggiunge che nella preparazione saranno coinvolte anzitutto due donne che ricoprono importanti compiti nella Curia romana: la dott.ssa Gabriella Gambino e la dott.ssa Linda Ghisoni, ambedue sottosegretarie del Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita, rispettivamente l’una per la sezione Vita e l’altra per la sezione Laici. Sarà naturalmente coinvolta anche la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, e non mancheranno di essere coinvolte alcune vittime di abusi da parte del clero.
Quanto ai partecipanti, vengono elencati i capi delle Chiese cattoliche orientali, alcuni prefetti di Congregazioni della Curia (Dottrina della Fede, Chiese orientali, Vescovi, Evangelizzazione dei popoli, Clero, Vita consacrata, Educazione cattolica, Laici Famiglia e Vita), i presidenti delle Conferenze episcopali e alcuni rappresentanti delle Unioni dei Superiori generali e delle Superiore generali. Si può quindi ritenere che i partecipanti saranno circa 200. Il Papa ha annunciato che sarà presente all’incontro.
Si tratta certamente di un incontro inedito, ma chiaramente inserito nella prospettiva della «sinodalità», tanto cara a papa Francesco e centrale nel suo disegno di riforma della Chiesa. Di fronte a un problema che si è manifestato sempre più come presente e grave nelle diverse aree geografiche del pianeta e della Chiesa cattolica, il Papa chiama all’appello i rappresentanti autorevoli delle diverse comunità ecclesiali per dare una risposta concorde a livello universale. Tutta la Chiesa deve sentirsi solidale, anzitutto con le vittime, con le loro famiglie e con le comunità ecclesiali ferite dagli scandali, perché – come ha scritto il Papa – «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1 Cor 12,26), e l’impegno per la protezione dei minori dev’essere assunto in maniera inequivoca ed effettiva dall’intera comunità, a cominciare dai più alti livelli di responsabilità.
I partecipanti all’incontro sono convocati dunque proprio come responsabili del popolo di Dio in cammino nel suo insieme e non solo come rappresentanti e responsabili del clero e dei religiosi. Essi sanno bene perciò di aver bisogno dell’aiuto e della collaborazione di persone esperte – laici uomini e donne – in modo da portare realmente nella dinamica dell’incontro il contributo prezioso delle diverse componenti delle comunità che rappresentano.
Tre giorni sono un tempo breve. D’altra parte sarebbe stato difficile convocare tante persone da ogni parte del mondo, a scadenza piuttosto ravvicinata, per un tempo più lungo. Ciò fa capire il senso dell’urgenza e della serietà del problema e dell’intensità della preparazione necessaria. Da parte degli organizzatori, questa comporterà una consultazione – com’è caratteristico del metodo «sinodale» – tramite un questionario per i partecipanti e la raccolta di informazioni e documentazione per stabilire una base comune di partenza, come pure di materiali e proposte da condividere e mettere a disposizione per approfondimenti e in vista delle necessarie iniziative ulteriori. Ovviamente anche la preparazione personale dei partecipanti sarà determinante per l’efficace svolgimento dell’incontro: a ciò servirà, da parte loro, non soltanto lo studio della documentazione generale e della situazione specifica nei loro Paesi, ma anche un vero coinvolgimento nella serietà e gravità del problema, come pure la conoscenza dell’esperienza vissuta dalle vittime di abusi sessuali e da chi è direttamente in contatto con loro.
Nello svolgimento dell’incontro si dovranno intrecciare: la preghiera penitenziale, per stabilire solidamente e con atteggiamento di conversione sincera quel punto di riferimento ineludibile che è la consapevolezza della sofferenza e del danno subiti dalle vittime; la riflessione sulla situazione reale, guardata in faccia senza ambiguità e con le informazioni adeguate, considerando ciò che si è fatto o non si è fatto finora per fronteggiarla; lo scambio in gruppi di lavoro e la riflessione comune sugli impegni concreti da assumere e sulle vie per verificare la loro attuazione ed efficacia; la condivisione delle pratiche positive già messe in opera per la riforma delle relazioni interne alla Chiesa e per la diffusione di una vera cultura della protezione dei minori nella Chiesa e nella società.
L’emergere della questione: il caso degli Stati Uniti
Per contribuire alla preparazione e mettere meglio a fuoco le ragioni e finalità dell’incontro, come pure le attese che si possono ragionevolmente nutrire, vale la pena di ripercorrere rapidamente la storia della questione odierna degli abusi sessuali nella Chiesa, le diverse fasi in cui essa si è manifestata e i modi in cui è stata affrontata dagli ultimi Papi[1].
La prima situazione di crisi di ampia risonanza si è verificata negli Stati Uniti poco dopo l’anno 2000. La diffusione del fenomeno degli abusi sessuali da parte del clero nei decenni precedenti e la linea assolutamente inadeguata con cui era stato fino allora gestito dalle autorità ecclesiastiche vennero alla luce in modo sensazionale e drammatico in seguito a un’ormai famosa inchiesta del giornale Boston Globe, su cui successivamente è stato prodotto anche il film di grande successo Spotlight. Nella situazione di emergenza che si era venuta a creare, papa Giovanni Paolo II convocò a Roma i cardinali americani nell’aprile del 2002, e nel dicembre dello stesso anno accettò le dimissioni del card. Bernard Law dal governo dell’arcidiocesi di Boston.
Le grandi lezioni di questa crisi sono piuttosto chiare, anche se sono state comprese e accettate con fatica: il fenomeno degli abusi da parte di membri del clero è stato molto grave e dura nel tempo; perciò la selezione e la formazione dei candidati al sacerdozio e la formazione permanente del clero vanno ripensate con cura e con rigore. Il modo in cui le autorità ecclesiastiche hanno generalmente affrontato questo fenomeno, trascurando la gravità delle sofferenze delle vittime e mettendo in primo piano la difesa dell’istituzione, occultando la verità per evitare gli scandali e illudendosi di risolvere i problemi cambiando le collocazioni dei colpevoli, è indifendibile. Il ruolo assunto dai media, per quanto spesso in modo aggressivo, obbliga a rispondere a esigenze di trasparenza che in precedenza erano state largamente trascurate e sottovalutate. La gravità dei crimini e le esigenze del ristabilimento della giustizia verso le vittime richiedono una nuova impostazione del rapporto e della collaborazione con le autorità civili.
Di conseguenza, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti prenderà con decisione un’ampia serie di misure. In particolare nel campo della disciplina del clero e della formazione del personale ecclesiastico e delle opere dipendenti dalla Chiesa, esse col tempo si dimostreranno molto efficaci nel ridurre le dimensioni del fenomeno degli abusi e contrastarlo, e rappresentano un bagaglio preziosissimo di esperienze e indicazioni valide anche per altri Paesi.
Ciononostante, il moltiplicarsi di testimonianze di vittime e di cause giudiziarie talvolta clamorose, di inchieste e studi sul passato – sia per quanto riguarda i fatti di abuso sia per quanto riguarda la loro gestione – ha continuato a travagliare la vita della Chiesa negli Stati Uniti durante tutto il pontificato di Benedetto XVI fino a oggi, con gravi conseguenze sull’immagine e la credibilità della Chiesa e sulla situazione economica di varie diocesi e province religiose e sulle loro attività. Ciò dimostra, tra l’altro, che un rinnovamento in profondità non può non fare i conti con il passato e che la «purificazione della memoria», di cui parlava Giovanni Paolo II, presenta un prezzo molto alto da pagare, da cui non ci si può esimere.
Un’eco dirompente hanno avuto poi – com’è noto –, a partire dal giugno scorso, il «caso» del card. Theodore McCarrick (già arcivescovo di Washington, accusato di molestie nei confronti di seminaristi e successivamente anche di abusi, e privato dal Papa della dignità cardinalizia) e la pubblicazione, il 14 agosto, del Rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania sulla questione degli abusi nella Chiesa cattolica negli ultimi 70 anni in sei diocesi, che elenca 300 preti abusatori e più di 1.000 vittime. La recente assemblea della Conferenza episcopale americana, a metà novembre, si è svolta perciò in un clima di tensione e di grande pressione da parte dell’opinione pubblica, ma la Santa Sede ha chiesto che non si prendessero decisioni sul tema prima dell’incontro di febbraio, in modo da garantire la coerenza degli orientamenti dei diversi episcopati.
Il rinnovamento delle norme canoniche; il caso Maciel e il caso dell’Irlanda
Intanto la Santa Sede – grazie in particolare all’impegno del card. Ratzinger, poi eletto papa Benedetto XVI – ha affrontato il problema dal punto di vista delle normative canoniche, per intervenire sui casi di abuso su minori da parte di membri del clero. Queste vengono aggiornate e rinnovate, sia dal punto di vista delle misure da adottare, sia da quello delle procedure da seguire, sia da quello delle competenze, che vengono riunite presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, in modo da evitare una loro dispersione fra diversi dicasteri, a scapito della coerenza e dell’efficacia nell’applicazione[2].
Un documento di riferimento molto importante in questa materia è stato il Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (SST) del 2001, che inseriva il delitto di abuso sessuale su minori da parte di un chierico fra «i delitti più gravi», la cui trattazione era riservata alla Congregazione per la Dottrina della Fede.
Poi, alla luce dell’esperienza, sono state apportate da Benedetto XVI successive importanti modifiche, sia sostanziali sia procedurali, che sono state confermate e sistematizzate in una serie di nuove «Norme sui delitti più gravi», comunicate ai vescovi dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede con una Lettera del 21 maggio 2010 (fra le novità basti ricordare l’inserimento della pedopornografia tra i «delitti più gravi»). Queste «nuove norme» sono un documento davvero fondamentale.
Nel corso del pontificato di Benedetto XVI la crisi connessa al venire alla luce del problema degli abusi sessuali da parte di membri del clero si allarga in nuovi ambiti della vita della Chiesa. Un primo caso clamoroso e gravissimo emerso e affrontato da Benedetto XVI riguarda il fondatore dei Legionari di Cristo, il messicano Marcial Maciel, riconosciuto colpevole nel 2005 dopo un’inchiesta svolta, per iniziativa della Congregazione per la Dottrina della Fede, dall’allora mons. Charles Scicluna, Promotore di Giustizia. A ciò farà seguito nel 2009, per disposizione del Papa, una Visita apostolica sistematica dell’intera Congregazione religiosa da lui fondata, e poi una profonda revisione delle sue stesse Costituzioni, guidata dal card. Velasio De Paolis in qualità di Commissario pontificio.
Tale vicenda di gravità eccezionale contribuisce a portare alla luce una problematica non assente anche in altre realtà religiose e comunitarie, in cui la personalità forte e carismatica del leader conduce a forme di esercizio dell’autorità che comportano varie dimensioni di abuso: di potere, di manipolazione e violazione della libertà di coscienza, e anche sessuale. Si collocano in questa linea la vicenda, ad esempio, del «Sodalizio di vita cristiana», fondato da Luis Fernando Figari in Perù, che esplode nel 2011, e quella – di gravissime conseguenze per tutta la Chiesa in Cile – dell’Unione Sacerdotale nata intorno a Fernando Karadima, su cui torneremo.
Ma nel corso del pontificato di Benedetto XVI la crisi investe successivamente la Chiesa anche in diversi altri Paesi, fra cui possiamo ricordare la Germania e l’Irlanda.
In Germania – dove pure erano già state formulate per tempo dai vescovi delle «Linee guida» in materia, nel 2002 – il problema viene rilanciato in modo clamoroso dal caso del Collegio «Canisio» dei gesuiti di Berlino, dove nel 2010 il rettore stesso invita ex alunni e famiglie a denunciare le situazioni di abuso verificatesi negli anni precedenti. La Conferenza episcopale reagisce tempestivamente rinnovando le «Linee guida» e collaborando attivamente con le autorità del Paese per affrontare il problema degli abusi sui minori, che si è rivelato essere diffuso non solo nella Chiesa cattolica, ma in molti diversi ambiti della società.
In Irlanda, Paese tradizionalmente cattolico, creano profondo sconcerto due Rapporti pubblicati nel 2009 in seguito alle indagini di Commissioni nominate dalle autorità civili: il Rapporto Ryan, che mette in luce gli abusi – non solo sessuali – avvenuti per molti anni nel sistema scolastico, in buona parte gestito da istituzioni cattoliche; e il Rapporto Murphy, che riguarda gli abusi su minori compiuti nel corso di 30 anni da membri del clero nell’arcidiocesi di Dublino. Il Papa convoca a Roma i vescovi irlandesi, pubblica un’ampia «Lettera pastorale» diretta a tutti i cattolici del Paese (19 marzo 2010) – che rimane il suo documento pastorale più ampio e completo su tale argomento –, e dispone un’approfondita Visita apostolica delle diocesi e dei seminari di tutta l’Irlanda, che dura dal novembre 2010 al marzo 2012 e darà importanti indicazioni per il rinnovamento.
L’impegno personale assunto da Benedetto XVI in questa drammatica vicenda è messo in luce anche dai suoi ripetuti incontri con le vittime, in diversi viaggi apostolici in vari Paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Malta, Australia, Germania).
La Lettera circolare sulle «Linee guida»
Nel maggio del 2011 la Congregazione per la Dottrina della Fede invia un’importante Lettera circolare a tutte le Conferenze episcopali allo scopo di «aiutare le stesse Conferenze nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale di minori da parte di chierici», alla luce delle «nuove norme» emanate dal Papa nel 2010. Alle Conferenze viene richiesto di preparare «Linee guida» o di rivedere quelle già eventualmente esistenti; vengono date indicazioni da seguire per la redazione, in modo da toccare tutti i punti essenziali; e viene detto di far avere entro un anno il testo alla stessa Congregazione perché possa esprimere le sue eventuali osservazioni. Lo scopo delle «Linee guida» doveva essere naturalmente anzitutto quello di proteggere i minori, ma anche quello di garantire un orientamento comune in questa materia da parte dei vescovi di una stessa Conferenza.
Per aiutare le Conferenze episcopali e le Congregazioni religiose a comprendere i diversi aspetti del problema e ad affrontarlo nei loro rispettivi Paesi con la redazione delle «Linee guida» e con altre misure adeguate, nel febbraio del 2012 venne organizzato, presso la Pontificia Università Gregoriana, un Simposio internazionale – incoraggiato dalla Santa Sede, in particolare dalle Congregazioni per la Dottrina della Fede e dei Vescovi –, intitolato «Verso la guarigione e il rinnovamento», a cui parteciparono molti esperti e soprattutto i rappresentanti di 110 Conferenze episcopali e dei Superiori generali di 35 Istituti religiosi. Il Simposio fu coordinato da p. Hans Zollner[3].
Nello stesso tempo venne fondato, dall’Istituto di Psicologia della Gregoriana, il Centro per la Protezione dei minori (Centre for Child Protection, CCP), con lo scopo specifico della formazione di personale specializzato nella prevenzione degli abusi sessuali per la protezione dei minori. Il Centro organizza ormai da anni corsi che permettono di ottenere un Diploma, e ora anche il grado accademico di Licenza in Protezione dei minori (Safeguarding). Ma il Centro ha sviluppato anche un programma di insegnamento a distanza (e-learning), a servizio soprattutto delle regioni della Chiesa che dispongono di minori risorse e di poco personale competente per la formazione in questo campo – ad esempio, in Africa, Asia e America Latina –, collaborando con istituzioni locali per mettere a punto programmi adatti alle grandi differenze culturali.
Per quanto riguarda la redazione delle «Linee guida», moltissime Conferenze non rispettarono la scadenza annuale; tuttavia, nel corso del tempo, nella quasi totalità esse le hanno formulate, inviandole alla Congregazione e ricevendone le osservazioni. Si tratta di testi diversi fra loro per impostazione e ampiezza. Si deve infatti osservare che la richiesta della Congregazione riguardava in senso stretto «il trattamento dei casi di abuso sessuale di minori da parte di chierici», cioè soprattutto come agire nel caso di crimini avvenuti, come reagire all’emergenza e come dedicare maggiore attenzione alla selezione e alla formazione del clero. Ma l’esperienza e la riflessione hanno portato molte Conferenze ad allargare la prospettiva e a formulare o riformulare «Linee guida» assai più ampie e comprensive, che mettono in luce anche la dinamica dell’abuso e la sua natura di corruzione delle relazioni di autorità e di potere nella comunità, le caratteristiche della personalità degli abusatori, i segnali di rischio e così via. In tal modo, oltre a indicare come procedere di fronte agli abusi avvenuti, esse mettono le basi per una vera azione di prevenzione, attraverso la formazione e la collaborazione delle diverse componenti della comunità e il superamento radicale di un atteggiamento di chiusura, nascondimento e autodifesa da parte dell’istituzione ecclesiale. Le «Linee guida» diventano così il documento di riferimento necessario per la conversione e il rinnovamento della comunità ecclesiale a partire dalla drammatica esperienza degli abusi[4].
Nel pontificato di papa Francesco
Papa Francesco ha continuato con decisione sulla via tracciata dal suo Predecessore. Si è coinvolto personalmente, incontrando vittime di abusi sessuali da parte di membri del clero, a cominciare da un incontro lungo e commovente con diverse vittime, avvenuto – per la prima volta – in Vaticano, nella sua stessa abitazione, la Casa di Santa Marta, il 7 luglio 2014. A questo incontro ne sono seguiti molti altri, non soltanto nei viaggi, ma anche nella residenza di Santa Marta, in forma riservata[5].
Un atto importante di papa Francesco è stato la costituzione, annunciata nel dicembre del 2013, della nuova Commissione Pontificia per la tutela dei minori, presieduta dal card. Sean O’Malley, con la finalità non di trattare i singoli casi di abuso, ma di studiare e proporre le vie e le soluzioni appropriate per un’efficace protezione dei minori ai vari livelli della vita della Chiesa[6]. La Commissione non ha avuto un cammino facile, come hanno dimostrato le dimissioni dei due suoi membri che erano stati scelti per rappresentarvi le vittime di abuso. Essa ha dovuto mettere a fuoco le sue funzioni in rapporto alle competenze dei Dicasteri della Curia romana e avviare i suoi impegnativi programmi di lavoro senza disporre di grandi risorse. Ma risultati non sono mancati; se ne possono citare tre esempi eloquenti: il «modello» da essa offerto per le «Linee guida» delle Conferenze episcopali nella più ampia prospettiva che abbiamo sopra ricordato[7]; il contributo negli importanti corsi di formazione per i vescovi di nuova nomina, che hanno luogo ogni anno a Roma; la proposta di una Giornata di preghiera per le vittime di abusi.
Dal punto di vista delle normative e delle procedure canoniche, papa Francesco ha pubblicato due documenti. Il Motu proprio Come una madre amorevole, del 4 giugno 2016, è un passo significativo per affrontare il problema particolarmente complesso – ma continuamente risollevato nella discussione pubblica, soprattutto americana – dell’accountability delle autorità ecclesiastiche, cioè delle procedure da attuare nei confronti dei vescovi accusati non di crimini di abuso su minori (questi infatti fanno capo alla Congregazione per la Dottrina della Fede, dietro previo mandato del Santo Padre), ma di comportamento gravemente inadeguato in materia di abusi (ad esempio, l’occultamento)[8].
Un altro documento di natura giuridica di papa Francesco è il «Rescritto» del 3 novembre 2014, che istituisce, all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede, un Collegio per l’esame dei ricorsi di ecclesiastici per i giudizi in materia dei «delitti più gravi». Tale Collegio, presieduto dall’arcivescovo mons. Scicluna, sta svolgendo ormai da tempo regolarmente la sua funzione.
Ma Francesco ha anche compreso perfettamente che la collaborazione e la corresponsabilità della Chiesa nella società sui temi della protezione dei minori deve andare ben al di là delle questioni «interne» alle sue istituzioni, per allargarsi, senza barriere confessionali, agli orizzonti larghissimi della protezione nel mondo di oggi con i suoi problemi, fra cui quelli sorti dalla nuova cultura digitale. Un esempio di questo impegno è stato il Congresso internazionale Child Dignity in the Digital World, convocato e realizzato presso la Pontificia Università Gregoriana (4-6 ottobre 2017), grazie alla collaborazione del già ricordato CCP, della grande rete internazionale We Protect e di «Telefono Azzurro». Il Congresso, conclusosi con la «Dichiarazione di Roma sulla dignità dei minori nel mondo digitale», ha ricevuto un forte sostegno da parte di papa Francesco, che ha pronunciato ai partecipanti un discorso molto importante sul tema (6 ottobre 2017)[9].
I casi dell’Australia e del Cile
Le crisi di maggiore portata che si sono sviluppate durante il pontificato di papa Francesco riguardano però la Chiesa in Australia e quella in Cile.
In Australia, la questione degli abusi sessuali su minori, nella società in generale e in particolare nella Chiesa cattolica e nelle istituzioni da essa gestite, è intensamente dibattuta da anni, ma solo nel maggio di quest’anno un arcivescovo, Philip Wilson, è stato condannato da un tribunale civile per aver coperto abusi negli anni Settanta. Dal 2012 una Commissione al più alto livello – la Royal Commission – ha svolto un’inchiesta approfondita in tutto il Paese, con numerosissime audizioni, per le quali sono state convocate le più alte autorità della Chiesa, tra cui in particolare il card. George Pell, rientrato in patria da Roma a questo scopo, oltre che per difendersi adeguatamente da varie accuse.
Il Rapporto finale, pubblicato nel 2017, ha suscitato molto scalpore per la gravità e la quantità dei casi e delle situazioni di abuso riscontrate, in particolare anche nelle comunità e istituzioni cattoliche, e contiene un gran numero di raccomandazioni, dirette anche alla Chiesa. Molte di queste sono degne di attenta considerazione; altre sono state giudicate inaccettabili dai vescovi, in particolare una, che mette in questione il sigillo del segreto del sacramento della confessione.
Forse in nessun altro caso finora la Chiesa cattolica, con la sua struttura e le sue leggi, era stata sottoposta così sistematicamente al vaglio delle autorità civili in un Paese democratico. Non solo i singoli colpevoli di crimini, ma la Chiesa nel suo complesso è chiamata a rendere conto di sé e delle sue norme; e non soltanto davanti all’opinione pubblica, ma anche di fronte alle autorità che rappresentano lo Stato. Bisogna essere consapevoli che il caso dell’Australia verosimilmente non resterà isolato, come dimostrano situazioni analoghe, ad esempio negli Usa, e come indica una tendenza in atto.
Tuttavia la situazione che ha coinvolto più profondamente e direttamente papa Francesco è quella che si è creata nel Cile. La figura centrale della crisi è il sacerdote Fernando Karadima, considerato per decenni leader spirituale carismatico e autorevole, ed eccezionale formatore di sacerdoti, alcuni dei quali sono stati anche elevati all’episcopato. Accusato di abusi, le vittime vennero a lungo non credute; ma infine, nel 2011, egli venne riconosciuto definitivamente colpevole da parte della Santa Sede in seguito a un regolare processo canonico.
Ma le divisioni nella Chiesa, conseguenti al ruolo svolto da lui e dai suoi seguaci, rimangono molto profonde, e le tensioni si concentrano intorno alla figura del vescovo di Osorno, mons. Juan Barros. Anche la visita di papa Francesco in Cile all’inizio del 2018 non ottiene il superamento dei problemi. Il Papa, riconoscendo – fatto inedito e in sé ammirevole – di aver compiuto errori e sottovalutato i problemi, affronta alla fine di petto la situazione con grande determinazione, prendendo una serie di iniziative: una nuova inchiesta approfondita affidata a mons. Scicluna, l’incontro personale con diverse vittime accusatrici di Karadima, la convocazione di tutto l’episcopato cileno a Roma, per un incontro che si concluderà clamorosamente con l’offerta al Papa delle dimissioni da parte di tutti i vescovi. Papa Francesco in seguito accetterà un certo numero di tali dimissioni nei casi delle figure più compromesse, e ridurrà allo stato laicale due anziani vescovi, riconosciuti colpevoli di abusi, Cox e Ordenes. Nel mese di settembre Fernando Karadima verrà dimesso dallo stato clericale dal Papa: nel suo caso la connessione fra l’abuso di potere, di coscienza e sessuale è particolarmente evidente, e le conseguenze sono state molto gravi nella Chiesa di un intero Paese.
In questo contesto si collocano i due documenti pastorali più recenti di papa Francesco sul tema, particolarmente intensi e strettamente collegati fra loro: la «Lettera al popolo di Dio che è in cammino in Cile», del 31 maggio 2018, e la «Lettera al popolo di Dio», del 20 agosto, pubblicata alla vigilia del viaggio in Irlanda, altro Paese profondamente segnato dal dramma degli abusi sessuali su minori e dove il Papa avrebbe incontrato diverse vittime e trattato di nuovo dell’argomento in occasione della Giornata Mondiale delle Famiglie[10].
Ormai papa Francesco parla non più semplicemente di «abusi sessuali», ma di «abusi sessuali, di potere e di coscienza». Egli legge quindi tutta la questione degli abusi sessuali nel contesto sistemico più ampio delle relazioni che esistono nella comunità ecclesiale e della loro corruzione, quando l’autorità viene vissuta come potere e non come servizio. La visione ecclesiale che guida Francesco è quella che ci è ormai ben nota del popolo di Dio in cammino, guidato dallo Spirito: un cammino «sinodale», in cui tutti i fedeli sono corresponsabili e ogni forma di «clericalismo» va decisamente combattuta.
Il superamento della crisi portata alla luce in modo dirompente dal fenomeno degli abusi diventa quindi un test cruciale della vera riforma della Chiesa, che non deve rimanere in superficie, ma scendere in profondità a rinnovare e purificare relazioni e atteggiamenti secondo il Vangelo.
Quali attese e prospettive?
Il prossimo incontro di febbraio non parte dunque dal «punto zero», ma è certamente un evento inedito che si propone di dare una forte spinta per nuovi urgenti passi in avanti. Come si è visto, le lezioni e le esperienze acquisite sono molte, ma sono molte anche le questioni aperte. Cerchiamo di riassumere le principali.
Se in diversi Paesi si è fatto molto, ottenendo una riduzione sostanziale dei casi di abuso e avviando programmi efficaci di prevenzione e di formazione, bisogna riconoscere che in molti altri Paesi si è fatto poco, se non quasi nulla. Le cause di ciò sono molteplici, ma l’urgenza di agire con decisione in questi casi è grandissima. Le Conferenze episcopali, i vescovi e i superiori religiosi devono sentirsi responsabili e sapere che devono anche rendere conto di questa responsabilità di fronte a Dio, alla Chiesa e alla società.
In molti casi e situazioni il problema non è stato ancora avvertito nella sua gravità, nella profondità delle sofferenze che provoca. Occorre quindi una presa di coscienza, non soltanto teorica, ma anche esperienziale ed emotiva, del danno umano e spirituale inferto alle vittime, che spinga all’azione e a superare pigrizie, paure e resistenze pericolosissime.
Talvolta ci si continua a illudere che si tratti di un problema principalmente «occidentale», oppure «americano» o «anglofono», e con incredibile ingenuità si pensa che nel proprio Paese esso sia marginale. In realtà, a uno sguardo attento, non deve sfuggirne la presenza, talvolta ancora latente ma tale da rendere possibili in futuro eruzioni drammatiche. Bisogna guardare in faccia la realtà. Un’informazione adeguata aiuterà molto a questo riguardo.
Cruciale rimane la riflessione sulla figura del sacerdote, la cura e la scelta delle vocazioni e la formazione sacerdotale iniziale e permanente, nella prospettiva del servizio e non del potere, in modo da favorire quel rinnovamento delle relazioni ecclesiali che è al cuore di una riforma degna di questo nome. La nuova Ratio fundamentalis della formazione sacerdotale va in questa direzione, ma occorre attuarla[11].
La tendenza a proteggere se stessi e l’istituzione della Chiesa rifuggendo dalle situazioni difficili e scomode, minimizzando o addirittura occultando la verità, va contrastata con decisione. Ogni forma di menzogna va rifiutata radicalmente. Si deve imparare a comunicare con chiarezza e trasparenza all’interno come all’esterno della comunità ecclesiale, per ristabilire fiducia e credibilità[12].
Il rapporto e la collaborazione con le autorità civili vanno sviluppati e coltivati nella prospettiva della verità e della giustizia. Naturalmente le legislazioni e l’autorevolezza delle istituzioni pubbliche sono molto diverse nei vari Paesi e non si può non tenerne conto, ad esempio nella stessa redazione delle «Linee guida». Ma la Chiesa deve dimostrarsi impegnata per la causa della protezione dei minori e delle persone vulnerabili in tutta la società e fare la sua parte con realismo e umiltà.
In diverse regioni del mondo o in aree di grande povertà, sfruttamento, migrazioni ecc. si riconosce che il problema è esistente, ma inserito in un contesto più ampio di violenza e di sfruttamento dei minori talmente grave e generalizzato che non sembra giustificato trattare l’abuso sessuale in modo privilegiato rispetto ad altri aspetti: è l’intera condizione dei minori che va risanata. Bisogna perciò saper vedere l’abuso sessuale come un aspetto importante, ma non isolato, della problematica tragica della «cultura dello scarto», che colpisce i piccoli e i deboli.
Non mancano neppure le regioni in cui la cultura prevalente inibisce e rende difficilissimo parlare delle questioni che riguardano la sessualità e i comportamenti sessuali. È il caso di molti Paesi africani e asiatici. Ma questo non significa che in essi il problema non esista. L’approccio tuttavia deve essere assai diverso da quello a cui si può essere abituati e che può essere opportuno in altre culture[13]. Il fatto delle differenze culturali nella Chiesa e come affrontare i problemi in modo da avere orientamenti comuni, con approcci adatti alle diverse situazioni, è certamente una delle grandi sfide dell’incontro dei vescovi: l’ascolto e il rispetto reciproci saranno di importanza fondamentale. Anche questo è «sinodalità».
Le Chiese più povere di risorse e di competenze hanno bisogno di essere aiutate efficacemente da quelle più forti e dalla Santa Sede. La protezione dei minori è un campo importante per la cooperazione fra le Chiese, per lo scambio di esperienze e «buone pratiche» e di risorse economiche per metterle in atto.
Dal punto di vista del servizio della Santa Sede alle Conferenze episcopali, alle diocesi, alle Congregazioni religiose ecc., l’incontro sarà un’occasione privilegiata di ascolto dei problemi e delle esigenze, per riflettere sull’adeguatezza delle normative canoniche attuali nella sostanza e nelle procedure, per chiarire le competenze e precisare gli impegni dei diversi dicasteri e organismi.
In conclusione, parlare degli abusi sessuali da parte dei membri del clero è un tema doloroso e spiacevole. A volte, anche in ambienti di Chiesa si sente dire che è ora di cambiare argomento, che non è giusto dare troppo peso a questo tema, perché se ne resta oppressi e la questione viene ingigantita. Ma questa è una strada sbagliata. Se la questione non viene affrontata fino in fondo nei suoi diversi aspetti, la Chiesa continuerà a trovarsi davanti a una crisi dopo l’altra, la credibilità sua e di tutti i suoi sacerdoti ne resterà ferita gravemente, e soprattutto ne soffrirà la sostanza della sua missione di annuncio evangelico e di lavoro educativo per l’infanzia e per la gioventù, che è stato da secoli uno degli aspetti più belli e preziosi del suo servizio per l’umanità.
(ENGLISH)
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[1]. Una raccolta sistematica dei principali interventi dei Papi e dei documenti attinenti a questo argomento si trova nel sito www.vatican.va (nella home page si trova in basso a destra il pulsante per la voce: «Abuso sui minori. La risposta della Chiesa»). La maggior parte dei documenti e degli interventi citati in questo articolo è facilmente consultabile per questa via. Al tema degli abusi sessuali la nostra rivista ha recentemente dedicato uno dei volumi della collana monografica «Accènti», dal titolo, appunto, Abusi (www.laciviltacattolica.it/accenti).
[2]. Cfr J. I. Arrieta, «L’influsso del cardinale Ratzinger nella revisione del sistema penale canonico», in Civ. Catt. 2010 IV 430-440. Per una conoscenza approfondita della tematica si possono raccomandare i due volumi di C. Papale: Formulario commentato del processo penale canonico (2013), e Il processo penale canonico (2007), Roma, Urbaniana University Press.
[3]. Gli Atti, curati da Ch. Scicluna – H. Zollner – D. Ayotte, sono stati pubblicati in diverse lingue. In italiano: Verso la Guarigione e il Rinnovamento, Roma – Bologna, Pont. Univ. Gregoriana – EDB, 2012; in inglese: Toward Healing and Renewal: The 2012 Gregorian Symposium on Sexual Abuse of Minors, Mahwah, Paulist Press International, 2012. Per un rapporto sintetico sul Congresso, cfr H. Zollner, «“Verso la guarigione e il rinnovamento”. Un Simposio alla Gregoriana sugli abusi sessuali», in Civ. Catt. 2012 I 574-584. Per una comprensione approfondita del problema dal punto di vista psicologico e culturale, cfr anche i due articoli: G. Cucci – H. Zollner, «Osservazioni psicologiche sul problema della pedofilia», ivi 2010 II 211-222; e «Contrastare la cultura pedofila», ivi 2010 II 317-329.
[4]. Esempi di «Linee guida» di questo genere sono quelle della Conferenza episcopale svizzera del 2014 (3a edizione), della Conferenza episcopale canadese ecc. La Conferenza episcopale italiana, dopo una prima formulazione piuttosto concisa delle «Linee guida» nel 2014, ne sta ora realizzando una molto più ampia, spostando decisamente l’attenzione sui temi della prevenzione e della formazione. Un documento di altro genere, ma ugualmente prezioso, è l’opuscolo preparato e diffuso dalla Conferenza episcopale francese: Lutter contre la pédophilie. Repères pour éducateurs, Paris, Bayard – Mame – Cerf, 2017 (edizione aggiornata). Cfr anche H. Zollner, «La tutela dell’infanzia nella Chiesa cattolica», in Civ. Catt. 2017 I 448-457.
[5]. Molto significativa è l’omelia del Papa nella Messa celebrata, con la partecipazione delle vittime, il 7 luglio 2014. Prezioso è anche il testo della Prefazione del Papa al libro di una vittima di abuso: D. Pittet, La perdono, padre, Milano, Piemme, 2017.
[6]. Il card. Sean Patrick O’Malley tenne un’ampia Relazione al Concistoro del 12 febbraio 2015, in cui il tema degli abusi era stato messo all’ordine del giorno dal Papa (cfr testo nella sezione del sito vaticano indicata nella nota 1).
[7].
[8]. «Il Vescovo diocesano […] può essere legittimamente rimosso dal suo incarico, se abbia, per negligenza, posto od omesso atti che abbiano provocato un danno grave ad altri, sia che si tratti di persone fisiche, sia che si tratti di una comunità nel suo insieme. Il danno può essere fisico, morale, spirituale o patrimoniale» (art. 1). Il Motu proprio indica la competenza nella procedura, a seconda dei casi, di diversi dicasteri – Congregazione dei Vescovi, Chiese Orientali, Evangelizzazione dei Popoli, Vita consacrata –, riservando al Papa la decisione finale, conforme al diritto della Chiesa universale. La molteplicità di competenze lascia tuttavia intuire la difficoltà di avviare e svolgere in modo rapido e con omogeneità di criteri le procedure previste.
[9]. Cfr H. Zollner – K. A. Fuchs, «La dignità dei minori nel mondo digitale. Un Congresso internazionale alla Gregoriana», in Civ. Catt. 2017 IV 333-338. A seguito del Congresso è nata la Child Dignity Alliance, che promuove diversi gruppi di studio e iniziative a livello internazionale, fra cui si può segnalare l’Incontro di leader di diverse religioni sulla protezione dei minori, svoltosi ad Abu Dhabi il 19-20 novembre scorsi.
[10]. Ampi commenti alla «Lettera al popolo di Dio», come pure alla precedente «Lettera al popolo di Dio che è in cammino in Cile», sono stati già pubblicati su questa rivista: cfr D. Fares, «Francesco e lo scandalo degli abusi in Cile. Le lettere ai vescovi e al santo Popolo fedele di Dio», in Civ. Catt. 2018 III 155-166; J. Hanvey, «Sradicare la cultura dell’abuso», ivi 2018 IV 271-278.
[11]. Cfr H. Zollner, «Le ferite spirituali causate dagli abusi sessuali», in Civ. Catt. 2017 IV 244-254.
[12]. Un esempio di volontà di riconoscere la verità, anche sul passato, e comunicarla con trasparenza, nonostante le possibili reazioni e strumentalizzazioni, sono i diversi Rapporti redatti da esperti indipendenti per incarico delle Conferenze episcopali. Recentemente ha suscitato una forte eco l’inchiesta realizzata in Germania sull’arco dei 70 anni dopo la Seconda guerra mondiale, presentata pubblicamente a Fulda nel settembre scorso dal card. Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale, e dal vescovo Stephan Ackermann, referente sul tema.
[13]. A volte, in situazioni di minoranza e di grande debolezza della Chiesa nella società circostante, si può temere che portare alla luce uno scandalo nella comunità o in un’opera ecclesiale possa metterle a rischio di attacchi micidiali da parte di un contesto ostile.