
Il viaggio di Papa Francesco in Terra Santa, compiuto dal 24 al 26 maggio scorso, è stato un evento ricco di gesti e di incontri dal sapore spirituale, ecumenico e di auspicio di pace in una regione tanto tormentata[1]. Il Medio Oriente è una terra ricchissima di storia che cristiani, ebrei e musulmani sentono come la propria casa. Oggi è sconvolta da una crisi tremenda dove crimini efferati vengono compiuti dall’Isis in nome di un dio sanguinario. Non bisogna cedere alla tentazione di considerare questa una «guerra di religione». Anzi, proprio in questo contesto possiamo tornare a quel viaggio, avvenuto all’insegna dell’invocazione della pace.
In Terra Santa il Papa ha voluto avere con sé due amici argentini, il rabbino Abraham Skorka e il dottor Omar Abboud, già segretario del Centro islamico di Argentina. Il gesto voleva evidentemente dimostrare che è possibile «camminare insieme» e dialogare anche nella Terra Santa. A rappresentare profeticamente il significato di questo incontro fraterno è stato l’abbraccio davanti al Muro occidentale di Gerusalemme con il rabbino Skorka e il dottor Abboud. Il gesto, indimenticabile, non ha risposto a esigenze protocollari, né ha avuto un significato puramente simbolico. È accaduto che tre amici, che si conoscono da molti anni, uno cristiano, uno musulmano e uno ebreo, si sono abbracciati realmente e con affetto sincero in un luogo dall’altissimo valore spirituale.
L’abbraccio di Gerusalemme è diventato quindi icona dell’amicizia, in una terra che vive quotidianamente l’inimicizia e la tensione. E questo abbraccio è stato seguito da un altro abbraccio di Papa Francesco, avvenuto questa volta in Vaticano, l’8 giugno successivo, domenica di Pentecoste, con il presidente Shimon Peres e il presidente Mahmud Abbas, ai quali il Pontefice, durante il viaggio in Terra Santa, aveva rivolto l’invito a ritrovarsi a pregare per la pace proprio a casa sua.
Ma di lì a pochi giorni, il 12 giugno, nei pressi del villaggio di Halhul, vicino Hebron in Cisgiordania, sono stati rapiti tre ragazzi israeliani: Eyal Yifrah di 19 anni, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel di 16 anni. I tre ragazzi sono stati trovati morti il 30 giugno. Il 2 luglio il cadavere di Mohammed Abu Khdeirun, un ragazzo palestinese sedicenne, è stato ritrovato in un bosco di Gerusalemme. La sua morte è stata intesa come una ritorsione per l’uccisione dei tre ragazzi ebrei. La famiglia di uno dei tre, Naftali Fraenkel, ha immediatamente condannato l’episodio: «Se un giovane arabo è stato
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