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ABSTRACT – L’integrazione dei migranti nella sua accezione bidirezionale di chi accoglie e di chi viene accolto è la sfida dei prossimi anni per un’Europa che vuole essere una società plurale. A quali risorse può attingere il Vecchio Continente per porre le basi di una «effettiva integrazione», capace di andare oltre le statistiche e di avere un impatto reale sulla vita delle persone?
Nell’omelia della notte di Natale 2017 papa Francesco ha usato alcune espressioni che tracciano una prospettiva: «Questa stessa fede ci spinge a dare spazio a una nuova immaginazione sociale, a non avere paura di sperimentare nuove forme di relazione in cui nessuno debba sentire che in questa terra non ha un posto. Natale è tempo per trasformare la forza della paura in forza della carità, in forza per una nuova immaginazione della carità. La carità che non si abitua all’ingiustizia come fosse naturale, ma ha il coraggio, in mezzo a tensioni e conflitti, di farsi “casa del pane”, terra di ospitalità». Ciò è quanto mai urgente in questo tempo in cui la diversità umana, la provenienza geografica e, purtroppo, il colore della pelle rischiano di essere utilizzati per dividere.
Senza la necessaria attenzione dei media, la società civile sta mettendo in campo in diversi Paesi – Italia, Belgio, Germania, Francia, Spagna, Malta, Polonia, Portogallo, Romania quelli considerati – fantasia e immaginazione per costruire comunità coese e solidali, creando sinergie tra cittadini e migranti che si trovano a vivere nei nuovi contesti nazionali.
Il Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Europa, da anni in campo per lavorare per il dialogo e la coabitazione, ha mappato alcune di queste esperienze, che sono chiaramente in contrasto con quelle forze disgreganti che sono in azione oggi. In Italia, la creazione di iniziative di community building è legata alla presenza di rifugiati nelle comunità locali. Negli ultimi 3 anni il numero di territori coinvolti nell’accoglienza di migranti forzati è cresciuto, perché nel momento in cui essi arrivano nei porti del sud vengono smistati, e i richiedenti asilo vengono distribuiti in tutte le regioni italiane: sono state mappate 62 iniziative, distribuite su tutto il territorio nazionale: 25 al nord, 28 al centro e 9 al sud. Molte delle iniziative poi non si rivolgono esclusivamente ai rifugiati, ma a tutta la popolazione vulnerabile della comunità locale. Ne consegue che «beneficiari» di queste attività non sono esclusivamente, e forse neppure primariamente, i migranti forzati.
Questo tipo di risposte, creative e solidali, contraddicono nettamente l’immagine di un’Italia impaurita e diffidente che viene fortemente veicolata dai media e che spesso è evocata anche dai politici. Certamente la sfida dell’accoglienza e le criticità sempre più evidenti sui territori contribuiscono a dividere l’opinione pubblica. Altrettanto chiaro però è che un’accoglienza diffusa, per piccoli numeri e aperta alla partecipazione effettiva della cittadinanza, può facilitarne in modo decisivo la gestione, e nello stesso tempo prevenire efficacemente l’insorgere di ostilità e diffidenze.
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EUROPE IN AN EXERCISE OF SOCIAL IMAGINATION
The bidirectional integration of migrants, meaning those who welcome migrants and those who are welcomed by them, is the challenge for Europe’s foreseeable future, a Europe that wants to foster a pluralist society. By applying creativity and imagination to build cohesive and supportive communities, civil society in, for example, Italy, Belgium, Germany, France, Spain, Malta, Poland, Portugal, and Romania has been establishing synergies between citizens and migrants to live in new national contexts. The Jesuit Refugee Service in Europe, for years working in the field to favor dialogue and cohabitation, has mapped out some of these experiences, which are clearly at odds with those disruptive forces that are increasingly prevalent today.