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ABSTRACT – In preparazione al Sinodo mondiale su «I giovani e la fede», del prossimo ottobre, è interessante dare uno sguardo a come si configura in Italia questo rapporto, riprendendo alcune recenti ricerche.
Anzitutto, emerge la differente percezione del problema quando viene letto con le categorie del sentire comune (per lo più suggerite dai media) e quando invece è legato alla concreta esperienza personale. Nel primo caso, i dati sono molto bassi: solo il 23% ritiene che la fede in Dio sia presente nella maggioranza dei giovani, mentre la non credenza o l’indifferenza si aggirerebbe tra il 50 e il 70%. Non sembra nemmeno apprezzata l’importanza della spiritualità (70%). Quando invece la domanda verte sulle scelte personali, le percentuali variano sensibilmente: il 72% si professa credente, e di questo il 70% credente cattolico; il 27% ha una vita di preghiera, il 13% va a Messa la domenica, e il 60% ha una vita spirituale.
Sul versante della non credenza, il 28% si proclama ateo (nel 2007 era il 23%), anche se vanno differenziate le zone del Paese. Un altro elemento confermato è che la situazione del nostro Paese è molto migliore rispetto al resto dell’Europa, specie del Nord, dove la non credenza è nella fascia tra il 50 e il 65%.
Un punto da sempre considerato critico per la pratica religiosa dei giovani è il rapporto con l’istituzione. Oggi esso risulta certamente esasperato nel contesto della più generale crisi di credibilità e della rappresentanza a tutti i livelli. Per quanto riguarda la Chiesa, emergono molto astio e valutazioni negative, ma più per cose lette o apprese dall’esterno che non per esperienze traumatiche vissute.
Altri aspetti pastoralmente rilevanti sono la cura delle relazioni (specie nell’animazione liturgica), la qualità di una proposta impegnativa ma responsabilizzante, e l’apporto della famiglia, in particolare la capacità di recuperare il patrimonio, spirituale e sapienziale, dei nonni.
La vera frattura nella trasmissione della fede in Italia sembra infatti essersi prodotta tra la generazione dei nonni e quella dei genitori. È indubbio che il cambiamento avvenuto nel nostro Paese nel corso degli anni Sessanta abbia mandato in crisi un’appartenenza di fede legata a un sentire sociale che è venuto meno. A ciò si è aggiunto un sostanziale miglioramento economico, che ha suggerito l’idea di un benessere meramente materiale, unito a una preoccupante ignoranza circa il contenuto della propria fede, incapace di fornire una lettura sui principali problemi dell’esistenza. Il preoccupante aumento delle «passioni tristi» in età giovanile e la recente crisi economica hanno rimesso in discussione questa mentalità.
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YOUTH AND FAITH IN ITALY
In preparation for the world synod on «Youth and Faith» (October 2018), the situation in Italy is presented here. Picking up on some representative research, some interesting data is noted. First of all, the different perception of the problem when it is interpreted with the categories of common feeling (mostly suggested by the media) and when it is linked to a concrete personal experience (what Pope Francis called «Romanesco», the Roman slang). Other pastorally relevant aspects are, for example, the taking care of relationships (especially in the liturgical sphere); the quality of a demanding, but responsible proposal; and the contribution of the family, in particular the ability to recover the spiritual and sapient heritage of grandparents.