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ABSTRACT – Nell’universo buio degli istituti penitenziari esiste un’esperienza di carcere che è come un raggio di luce. Il metodo educativo delle carceri Apac («Associazione di protezione e assistenza ai condannati») non prevede alcuno sconto di pena, ma offre la possibilità di una rieducazione umana basata su un fondamento antropologico positivo, che non ripaga con la logica della vendetta gli errori commessi.
I detenuti, chiamati «recuperandi», non sono numeri, ma vengono chiamati per nome, hanno mansioni da svolgere, vestono senza uniformi e sono rinchiusi in strutture senza sbarre e senza guardie. In queste «carceri alternative» la recidiva è stata ridotta dall’85% al 15%, mentre i costi di gestione sono diminuiti di un terzo rispetto a quelli dello Stato.
La prima Apac nasce nello Stato di Minas Gerais, nella regione montuosa Sudeste, grazie all’intuizione di un avvocato, Mário Ottoboni. Si costituisce a San Paolo, nel 1972, a opera di un gruppo di volontari coinvolti nelle attività della pastorale carceraria, come associazione di assistenza legale ai detenuti. Negli anni Ottanta, grazie al giudice Silvio Marques Neto, lo Stato affida per la prima volta ai responsabili Apac un padiglione di detenuti nel carcere São José dos Campos di Humaitá, nello Stato di Amazonas. La scelta, da parte della magistratura brasiliana, di scommettere sulle Apac è stata una sorta di certificazione del metodo. Da quel momento il modello di partnership tra Stato e società civile organizzata si è consolidato, e ora rappresenta una «terza via di recupero» tra la struttura carceraria e il singolo detenuto. Attualmente in Brasile ci sono 50 istituti penitenziari gestiti dalle Apac, con circa 3.500 detenuti.
Questo modello applicato di giustizia riparativa, in cui «l’uomo non è il suo errore», come si legge sui muri delle carceri Apac, rimane per il diritto penale una forte provocazione umanocentrica. La cultura giustizialista è contraria a questo modello: molti giudici e politici sono sospettosi, perché concepiscono il tempo della condanna soltanto come un castigo. Ma l’arresto e la detenzione sono davvero sufficienti per sanare una società?
In Italia si muovono i primi timidi passi per costituire comunità simili alle Apac e stabilire le pene alternative sui fondamenti della giustizia riparativa. La riforma del terzo settore lo permette, il cammino nato in Brasile è tracciato.
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RESTORATIVE JUSTICE IN BRAZIL. The educational method at APAC prisons
The educational method in prisons run under the Association of Protection and Assistance to the Condemned (APAC), founded in 1972, in São Paulo (Brazil), does not provide any reduction in sentencing for parole, but offers the possibility of a human rehabilitation: the inmates, called «recuperandi», are locked up in structures without bars and without guards; recidivism has been reduced from 85% to 15%, while management costs have decreased by one third compared to those of the state equivalent. This applied model of restorative justice, in which «people are not their mistakes», as we read on the walls of APAC prisons, remains a strong human-centric provocation for criminal law. Rehabilitation includes reaching out to the deepest sphere of the person, namely the spiritual life. Civil society is an active part in the recovery process.