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Attualità Cultura e società

L’eclissi dei diritti umani

A 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

Francesco Occhetta

2 Marzo 2019

Quaderno 4049

(iStock/nito100)

ABSTRACT – Sono già trascorsi 70 anni da quando, il 10 dicembre 1948, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la «Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo». Essa nasceva al ter­mine di tre terribili decenni, in cui si erano combattute due Guerre mondiali, e all’inizio della «Guerra fredda» e della minaccia dell’uso delle armi nucleari tra superpotenze. In quello scenario storico, la Dichiarazione rappresentò il riscatto della coscienza sociale mondiale. René Cassin, uno dei padri del testo amava definirla un «corollario» del diritto alla vita di ogni singola persona.

La Dichiarazione è tecnicamente «una raccomandazione»: vive solo se si crede in essa, è una «dichiarazione di princìpi», che non ha valore vinco­lante per le legislazioni statali. Nei fatti, però, è la radice che ha nutrito le legislazioni di molti Paesi, ispirando le 130 Convenzioni giuridiche anco­ra in vigore e le circa 90 Costituzioni nazionali nate o revisionate dopo il 1948.

Tuttavia, mentre celebriamo il testo giuridico più conosciuto e citato al mondo sembra una provocazione vederne sistematiche violazioni. Per quali motivi essi, invece di essere rafforzati ed estesi, vengono sempre più compressi? Perché il potere politico li strumentalizza e li rimodella a proprio favore?

È cambiato qualcosa: per la cultura politica dominante i diritti umani valgono se si gode del diritto di cittadinanza, la politica protegge meglio e di più il diritto sta­tale, con le sue bandiere, rispetto ai «corpi nudi», privi di protezione, che condividono però l’unica esperienza umana e lo stesso destino.

Occorre dunque vigilare, altrimenti quando nella storia non si fa memoria del passato, ritornano i genocidi, gli stermini di massa, le pulizie etniche, i muri con i fili spinati, la paura degli altri.

La riflessione sui diritti umani va fatta a partire dalle loro radici. Una di esse è quella cristiana. Farne a meno significa svuotare i diritti umani di senso, falsare l’idea di libertà e pensare di vivere nel Paese dei balocchi, in cui, come i bambini raccontati da Collodi, tutti pensano di avere tutti i diritti e il diritto su tutti. Per la Santa Sede, come ha detto il Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, «tralasciare il fondamento dei diritti vuol dire privarli del loro contenuto essenziale e consentire che si disperdano nel “mare ma­gnum” di programmi arroccati sotto la spinta di sensazioni, emozioni, ideologie e perfino di fattori estranei al contesto internazionale».

***

THE ECLIPSE OF HUMAN RIGHTS. 70 years after the «Universal Declaration of Human Rights»

It has been 70 years since, on December 10, 1948, the General Assembly of the United Nations approved the Universal Declaration of Human Rights. However, as we celebrate the most noted and quoted legal text in the world, it seems a provocation to witness the violations of it. Something has changed: for the prevailing political culture, human rights are valid if one has the right to citizenship; it is no longer sufficient to be a people who share the same destiny. We must, therefore, be vigilant, otherwise when we are forgetful of history we will see the return of genocide, mass exterminations, ethnic cleansing, walls with barbed wires, the fear of others.

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L’eclissi dei diritti umani

Francesco Occhetta

Docente di Dottrina sociale della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana.


2 Marzo 2019

Quaderno 4049

  • pag. 431 - 438
  • Anno 2019
  • Volume I

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