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ABSTRACT – Il tema del gioco, della sua dimensione seria o faceta, di aiuto o di evasione, è stato ampiamente dibattuto nel corso del tempo, ben prima della comparsa dei videogiochi. Questi tuttavia ripropongono a un livello più complesso e variegato i termini della questione.
Il potere di attrazione del videogioco può essere negativo, ed è alla base del meccanismo della dipendenza patologica.
Con questa espressione si intende l’incapacità sempre più invasiva di provvedere ad aspetti importanti della vita (nutrizione, sonno, studio, relazione), rilevando contemporaneamente un danno alle dimensioni fondamentali della persona (salute, attenzione, umore, aggressività, interessi, memoria, creatività, relazioni significative), e una media notevole di tempo trascorso a giocare (31 ore settimanali). D’altra parte, Keith Bakker, fondatore e direttore del centro Smith & Jones di Amsterdam, che si occupa dei problemi legati all’uso compulsivo dei videogiochi, rileva che «l’80% dei ragazzi che abbiamo avuto nella nostra clinica erano vittime di bullismo e si isolavano a scuola. Molti dei problemi che presentavano erano risolvibili con pratiche comunicative di vecchia tradizione. Quello di cui hanno bisogno di più sono i loro genitori e i loro insegnanti: questo è un problema sociale».
Ma proprio il suo potere di attrazione può nello stesso tempo fare di esso un efficace canale di educazione, socializzazione e trasmissione dei valori a livello etico e religioso, in una maniera capace di unire competenza, coinvolgimento e motivazione.
Alcuni di essi, chiamati serious game (giochi di tipo educativo), promuovono l’altruismo e lo sviluppo, consentono di riconoscere le proprie capacità e risorse, mettendole a disposizione di altri. Food Force è uno di questi giochi, creato nel 2005 dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM).
Un altro argomento importante riguardo ai videogiochi è la possibilità di comprendere i grandi problemi dell’attualità in chiave etica, incluso il caso di alcuni videogiochi che hanno come oggetto la guerra, i quali mostrano in maniera altrettanto efficace di altri più stereotipati l’assurdità e l’inutilità della guerra. Si tratta di prodotti che rivisitano criticamente la descrizione dei conflitti in termini di avventura eccitante ed eroica, e soprattutto evidenziano il risvolto etico di tali problematiche.
Da qui la grande importanza che il videogioco può rivestire in sede pedagogica: «La natura del bene e del male, i criteri della valutazione morale, lo sviluppo dell’empatia, i valori della tolleranza e del rispetto dell’altro sono tutte questioni di grande impatto e di grande importanza nell’ambito dell’educazione morale: che il videogioco contribuisca a porli ne fa uno straordinario laboratorio etico».
Tutto ciò pone sfide complesse, ma anche irrinunciabili in sede pastorale.
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THE CULTURAL CHALLENGE POSED BY VIDEO GAMES
The topic of game playing, in both a serious and fun sense, as help or distraction, has been widely debated over time, and certainly well before the appearance of video games. The advent of video games, however, has rendered the question more complex and varied. This article shows the two possible sides of the problem: how the degree of attractiveness of video games can be negative, and is how the basis of the mechanisms that can lead to pathological dependence. But, it is the very power of this attraction that can at the same time make it an effective channel of education, socialization and transmission of values at an ethical and religious level. In addition, they are able to unify competences, involvement and motivation. Combined, these aspects pose complex challenges, but are also indispensable in pastoral care.