
I tempi di cambiamento accelerato, come il nostro, sono tempi di instabilità, accompagnati da crisi in molti ambiti della vita. Di fronte a questa esperienza, spesso drammatica, è difficile anche per noi formulare una parola significativa sulla nostra umanità condivisa. Allo stesso tempo, è anche nel cuore delle crisi che i nostri orizzonti si ampliano, permettendo l’emergere di una comprensione dell’umano, di nuove sintesi e riconciliazioni, di accostamenti inaspettati.
Più che di una sintesi teorica, abbiamo bisogno di una saggezza integrale e di «guide» che permettano a ciascuno di accedere alla propria umanità. È quanto ci propone il cardinale portoghese José Tolentino Mendonça, biblista e poeta: «Sentiamo il bisogno di una saggezza più globale, che non sia basata solo sulla facoltà mentale, ma sulla realtà totale del corpo e del mondo che siamo; una saggezza secondo cui le riflessioni sulle abitudini quotidiane o su un senso come il gusto non siano percepite come una deriva, ma come capaci di darci una più grande consapevolezza di noi stessi»[1].
Fondato su questa convinzione, un nuovo approccio teologico aspira a porre il patrimonio di umanizzazione scaturito dalla fede cristiana al servizio della costruzione di questa saggezza comune, in dialogo con i saperi legati
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