Negli ultimi anni l’economia globale ha dovuto confrontarsi con sfide intense e difficili. Un virus l’ha congelata, infliggendole la peggiore recessione mai sofferta in tempo di pace. A quella pace peraltro la guerra in Ucraina ha messo fine e, insieme al primo missile russo, hanno preso il volo anche i prezzi dell’energia e delle materie prime. Così si è scatenata un’inflazione galoppante.
A causa del nemico invisibile, il Covid-19, e del visibilissimo esercito russo, le catene del valore si sono sfilacciate e hanno messo in difficoltà la globalizzazione produttiva. Allo stesso tempo, e come reazione, si è innescata un’accelerazione nella produzione di energia pulita rinnovabile. Per effetto di tutti questi fattori c’è chi oggi si chiede se la globalizzazione, almeno come l’abbiamo conosciuta e discussa negli ultimi anni, non sia giunta al capolinea.
Quel che è fuori di dubbio è che essa sta cambiando quanto ai modi e all’intensità. Pochi anni fa, nel 2017, Donald Trump dichiarò guerra commerciale alla Cina. Adesso Joe Biden non solo resta su quella linea, ma ha varato una legislazione fondata sul nazionalismo climatico per operare la transizione verso un’economia decarbonizzata.
L’Unione europea (Ue), che non ha tardato a esprimere preoccupazione per questo protezionismo dipinto di verde, viene a sua volta accusata di intralciare le importazioni da parte di altri Paesi. Sono i paladini tradizionali del libero commercio che ora pongono ostacoli agli scambi, compresi quelli fra loro. Aleggia il timore di una possibile nuova guerra commerciale. Sarebbe una fonte ulteriore di danni economici, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Gli Stati Uniti stanno progressivamente mutando il proprio modello economico: abbandonano la mentalità ultraliberale per abbracciare politiche che, se da una parte mirano a imporre nuovi standard al commercio internazionale, dall’altra utilizzano gli investimenti pubblici per affrontare problemi interni come la deindustrializzazione e la disparità di reddito. Hanno avviato un processo che comporterà ripercussioni e tensioni. Questo articolo si propone di valutare il nuovo contesto internazionale e di riflettere sul suo significato.
L’agenda economica di Biden
Nel Discorso sullo stato dell’Unione 2023, tenuto lo scorso 7 febbraio, l’attuale presidente statunitense Biden ha fatto propria la filosofia dello slogan Buy American («Compra americano») e ha annunciato che la sua amministrazione, che aveva già approvato misure protezionistiche sollevando proteste da parte della Ue, manterrà la rotta in questa direzione: «Stasera annuncio inoltre nuove norme secondo cui tutti i materiali di costruzione
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