
Nell’itinerario di papa Francesco la fratellanza, l’essere fratelli, è un valore trascendentale e ha carattere programmatico. Se «si passa oltre», dandola per scontata, o se la si utilizza con leggerezza, quasi che dire «fratelli» bastasse a evitare le tentazioni dell’indifferenza, della burocrazia e dell’autoritarismo, significa che non se ne sono approfondite a sufficienza la ricchezza e la capacità di generare dinamiche positive.
Utilizziamo volontariamente l’espressione evangelica della parabola del buon samaritano «passare oltre», perché, se la scusa del sacerdote e del levita per non accostarsi al ferito era formale – non contaminarsi –, è bene tuttavia ricordare che la legge, pur proibendo, per esempio, di «toccare» un cadavere, faceva eccezione per quelli dei familiari stretti[1]. Insistere su una fratellanza espressa in gesti concreti e approfondirla consentono di superare false dicotomie[2].
La fratellanza è il primo tema al quale ha fatto riferimento papa Francesco nel giorno della sua elezione, quando ha chinato la testa davanti alla gente e, definendo la relazione vescovo-popolo come «cammino di fratellanza», ha espresso questo desiderio: «Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza»[3].
Da lì in avanti questo cammino di fratellanza, da lui risolutamente intrapreso, ha avuto molte tappe significative. La più recente è il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune[4]. In questo documento, firmato ad Abu Dhabi, il Grande imam e il Papa spiegano come tutto ciò su cui si sono intesi in più di un anno di lavoro comune sia derivato da questo «valore trascendentale»: «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare»[5].
La fratellanza è un vero «punto di partenza»: in tutti gli enti reali c’è qualcosa che permette di pensarli, analogicamente, come «fratelli», sia se si guarda al mistero dell’origine comune, sia alla possibilità di affratellarsi. In quanto punto di partenza, la fratellanza ha valore programmatico, come afferma Christoph Theobald. Il teologo gesuita fa vedere che quando il Papa parla di una «fraternità mistica» (Evangelii gaudium [EG], n. 92), lo fa «programmaticamente», e che non si tratta di un dato ovvio, ma di una questione «assolutamente “fondamentale”, una questione di “stile”»[6]. E sappiamo che «lo stile cristiano non [è] questione di forma e di gusti, bensì di contenuto e di annuncio del kerygma, quindi di pastorale e di dottrina»[7].
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